Azioni petitorie: il proprietario non possessore non è esentato dalla probatio diabolica

Con la sentenza n. 9959 del 16 maggio 2016, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito che non è esentato dalla probatio diabolica chi pretende che venga accertata la sua proprietà di un bene, del quale tuttavia non abbia il possesso.

Come noto, chi afferma di essere il proprietario di un bene non solo dovrà provare che è divenuto tale in base ad un valido titolo di acquisto, ma dovrà anche provare che ha ricevuto il diritto da chi era effettivamente proprietario: per far questo, sarà necessario provare che il vecchio proprietario aveva ricevuto il diritto da chi era effettivamente proprietario e così di seguito, in una catena di prove che dovrebbe giungere al primo ed incontestabile proprietario da cui è sorto a titolo originario il diritto di proprietà in contestazione nel processo. Proprio per l’enorme difficoltà di questo tipo di prova, si parla della c.d. “probatio diabolica“.

Invero, l’azione di accertamento della proprietà esime colui il quale propone l’azione dall’onere della probatio diabolica e lo subordina solo a quello di allegare e provare il titolo del proprio acquisto. Tale azione non mira infatti alla modifica di uno stato di fatto, bensì solo all’eliminazione di uno stato di incertezza circa la legittimità del potere di fatto sulla cosa di cui l’attore è già investito.

Diversamente, nel caso in cui l’attore non abbia il possesso del bene o lo abbia acquistato acquistato con violenza o clandestinità, ovvero sulla cui legittimità sussista uno stato di obiettiva e seria incertezza, in relazione alle particolarità del caso concreto, la Suprema Corte ha rilevato che parte attrice ha l’onere di offrire la stessa prova rigorosa e “diabolica” richiesta per la rivendica, “non ricorrendo in tali ipotesi la presunzione di legittimità del possesso, che giustifica l’attenuazione del rigore probatorio qualora l’azione di accertamento della proprietà sia proposta da colui che sia nel possesso del bene“.

Di conseguenza, secondo la Corte di legittimità, in presenza di tale incertezza, sia per l’azione di rivendicazione che per l’azione di accertamento della proprietà esperita dal non possessore, grava su parte attrice il rigoroso onere probatorio.

Nel caso di specie, ha pertanto errato il Giudice di secondo grado impostando la decisione sul mancato assolvimento degli oneri probatori da parte del convenuto. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando ad altra sezione della medesima Corte d’Appello.

(Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza n. 9959 del 16 maggio 2016)

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