Fatte salve eccezioni espresse, l’art. 18 della legge professionale forense riconduce le svariate ipotesi di incompatibilità della professione di avvocato a quattro gruppi: l’esercizio di altra attività di lavoro autonomo (lettera a); l’attività commerciale (lettera b); l’assunzione di cariche societarie (lettera c); l’attività di lavoro subordinato (lettera d).
Istituto dell’incompatibilità
Intende assicurare lo svolgimento della professione forense nel rispetto dei principi sulla corretta e leale concorrenza (come previsto dall’art. 3, comma 2, legge professionale forense). Le uniche deroghe alle incompatibilità che il legislatore ha previsto, riguardano quelle attività che alimentano il bagaglio culturale della persona e l’esplicazione della personalità dell’avvocato in ambiti pure estranei a quelli giuridici.
Normativa
Le incompatibilità della professione di avvocato sono elencate all’articolo 18 della legge cd. professionale (Legge 31 dicembre 2012, n. 247, “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”):
- con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. È consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro;
- con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa;
- con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico;
- con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato.
Il Codice Deontologico Forense (articolo 6, “Dovere di evitare incompatibilità”, statuisce che l’avvocato deve evitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione all’albo, e non deve svolgere attività comunque incompatibili con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione forense.
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Insegnante e ricercatore di diritto
L’avvocato stabilito, già iscritto, alla data di entrata in vigore della legge n. 247/2012, nella sezione speciale dell’albo, che in seguito presenti istanza di iscrizione nell’albo degli avvocati per esercitare la professione col titolo di avvocato, risulta soggetto alla normativa sull’incompatibilità dettata dagli artt. 18 e 19 della predetta legge, riferita a tutte le ipotesi di lavoro subordinato, con l’unica eccezione dell’insegnamento e della ricerca nelle sole materie giuridiche, non potendo operare, ai sensi del successivo articolo 65, comma 3, l’ultrattività della disciplina più favorevole dettata dall’articolo 3 del r.d. n. 1578/1933, applicabile soltanto agli avvocati già iscritti, poiché la sua iscrizione nell’albo degli avvocati è subordinata al ricorso di tutte le condizioni previste dalle disposizioni in ambito di ordinamento forense (Sezioni Unite, Sentenza 24 luglio 2017, n. 18176).
Dipendente pubblico
Le disposizioni di cui all’art. 1, commi 56, 56 bis e 57, L. n. 662/1996 (che consentono l’iscrizione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale agli albi professionali quando la prestazione lavorativa non oltrepassi il 50 per cento di quella a tempo pieno, cd. part time ridotto) non si applicano all’iscrizione agli albi degli avvocati, per i quali restano fermi i limiti e i divieti di cui alla legge professionale, che appunto prevede l’incompatibilità tra la professione forense con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato (art. 18, lett. b), L. n. 247/2012). Incompatibilità siffatta risponde all’esigenza di tutelare gli interessi di rango costituzionale quali, da un lato, il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione e, dall’altro, l’indipendenza della professione forense per garantire l’effettività del diritto di difesa, in modo da evitare l’insorgere di un possibile contrasto tra l’interesse privato del pubblico dipendente e quello della pubblica amministrazione (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 195/2019).
Albo geometri
Per le Sezioni Unite (Sentenza 27 dicembre 2016, n. 26996) risulta legittima la cancellazione dalla sezione speciale dell’Albo dell’”abogado” iscritto contemporaneamente all’Albo dei geometri, anche se non svolge quest’ultima professione. L’attività, di natura tecnica, non rientra tra le professioni che l’ordinamento forense considera compatibili. Per la Cassazione, la restrizione imposta dall’articolo 18 della legge forense (Legge n. 247/2012) è giustificata dalla necessità di “assicurare in relazione a interessi di ordine generale, la professionalità dell’avvocato e l’indipendente esercizio della relativa attività professionale”.
Legal Officer
Un COA aveva posto al CNF il quesito “Se la previsione dell’art. 2, n. 6 della legge n. 247/2012 consenta a qualsiasi “giurista d’impresa”, anche se non iscritto all’ufficio legale di un ente pubblico o a maggioranza pubblica, di iscriversi all’Albo degli Avvocati, in deroga a quanto previsto dall’art. 18 della legge stessa”. La risposta è stata negativa. E’ stato anzitutto precisato che le fattispecie “giuristi d’impresa” e “avvocati degli enti pubblici” devono essere tenute distinte in quanto assoggettate dalla L. n. 247/2012 a differente disciplina. I “giuristi d’impresa” sono regolati dall’art. 2, c. 6, della L. P. al solo fine di consentire ai medesimi l’esercizio dell’attività professionale di consulenza e assistenza legale stragiudiziale previa instaurazione di rapporti di lavoro subordinato ovvero stipulazione di contratti di prestazione d’opera continuativa e coordinata nell’esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l’opera viene prestata. Lo status di “giurista d’impresa” non consente l’iscrizione all’albo degli avvocati stante l’incompatibilità di cui all’art. 18, lettera d). La deroga prevista dall’art. 2, c. 6, è quindi limitata all’attività stragiudiziale in favore del datore di lavoro (Consiglio nazionale forense, 26 aprile 2017, n. 28).
Attività svolta continuativamente o professionalmente
Secondo la dizione dell’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge professionale (n. 247/2012), è sufficiente l’iscrizione in un albo professionale, diverso da quelli per cui quest’ultima è ivi espressamente consentita, a determinare l’incompatibilità quanto all’iscrizione all’albo degli avvocati (anche all’elenco speciale di quelli stabiliti), non essendo necessario, affinché tale situazione si verifichi, che la differente attività sia svolta continuativamente o professionalmente. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Ordinanza 22 luglio 2016, n. 15208) hanno spiegato che la previsione di incompatibilità all’esercizio della professione forense ex art. 18, lett. a), della l. n. 247 del 2012, deve essere interpretata nel senso della sufficienza dell’iscrizione in un albo professionale, differente da quelli per cui quest’ultima è ivi espressamente consentita, per determinare l’incompatibilità quanto all’iscrizione all’albo degli avvocati (anche all’elenco speciale di quelli stabiliti), non essendo necessario, affinché detta situazione si verifichi, che la differente attività sia svolta continuativamente o professionalmente, senza che tale assetto generi dubbi di legittimità costituzionale e di compatibilità comunitaria, atteso che punta a garantire l’autonomo e indipendente svolgimento dell’incarico professionale e che le ipotesi di incompatibilità si ricollegano a libere scelte del cittadino. Le Sezioni Unite (Sentenza 27 dicembre 2023, n. 35981) hanno ulteriormente precisato che per integrare l’incompatibilità prevista dall’art. 18, comma 1, lett. a), della legge n. 247/2012 è sufficiente la mera iscrizione in un altro albo professionale (diverso da quelli per cui è espressamente consentita), non essendo necessario che la differente attività sia svolta continuativamente o professionalmente. Nella specie, la Corte Suprema aveva confermato la decisione del C.N.F., il quale aveva affermato che l’iscrizione all’albo degli avvocati era incompatibile con quella all’albo degli odontoiatri, pur in assenza di un concreto esercizio della relativa professione sanitaria.
Presidente e membro del C.d.A. di società avente natura commerciale
L’orientamento del CNF, tanto in sede giurisdizionale quanto in sede consultiva, è consolidato, e si orienta nel senso che “L’avvocato che ricopre il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione o di amministratore delegato o unico di una società commerciale si trova in una situazione di incompatibilità con l’esercizio della professione forense laddove tale carica comporta effettivi poteri di gestione o di rappresentanza e non si limiti esclusivamente all’amministrazione di beni personali o familiari (art. 6 C.D.F. in relazione alla previsione dell’art. 18 della L. n. 247/2012). Ciò posto, la circostanza che poi di fatto, l’avvocato eserciti o meno quei poteri è deontologicamente irrilevante né attenua in alcun modo il regime di incompatibilità previsto per la professione forense” (CNF, sentenza n. 235/2022). Alla luce di detto indirizzo, l’assunzione di poteri gestori risulta compatibile con l’esercizio della professione solo nel caso in cui la società non eserciti attività di natura commerciale. In tutti gli ulteriori casi, l’assunzione di cariche sociali, compresa quella di consigliere di amministrazione, risulta compatibile con l’esercizio della professione solo ove non comporti l’esercizio di poteri gestori. In tale ambito le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sentenza 18 novembre 2013, n. 25797) hanno chiarito che il legale che ricopra la qualità di presidente del consiglio di amministrazione di una società commerciale si trova (ai sensi dell’art. 3, primo comma, n. 1), r.d.l. n. 1578/1933, convertito in legge n. 36/1934, norma abrogata dall’art. 18 della legge 31 dicembre 2012 n. 247, tuttavia applicabile “ratione temporis” alla vicenda decisa) in una situazione di incompatibilità con l’esercizio della professione forense, qualora risulti che tale carica comporta effettivi poteri di gestione o di rappresentanza. In tale circostanza la Corte Suprema ha annullato la decisione con cui il Consiglio Nazionale Forense aveva ritenuto che la carica di presidente del Consiglio di amministrazione di una società commerciale (s.r.l. costituita per la gestione del servizio municipalizzato di farmacia in forma diversa dal cd. “in house providing”) fosse di per sé incompatibile con l’esercizio della professione di avvocato, omettendo, invece, di accertare se l’incolpato, nella sua qualità di presidente dell’organo amministrativo, fosse titolare di effettivi poteri di gestione.
Incompatibilità scatta con l’iscrizione a un diverso albo professionale
Secondo il principio enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sentenza 27 dicembre 2023, n. 35981), ai sensi della legge n. 247/2012, articolo 18, comma 1, lettera a), è sufficiente l’iscrizione in un albo professionale, diverso da quelli per cui quest’ultima è ivi espressamente consentita, a determinare l’incompatibilità quanto all’iscrizione all’albo degli avvocati (anche all’elenco speciale di quelli stabiliti), non essendo necessario, affinché detta situazione si verifichi, che la differente attività sia svolta continuativamente o professionalmente.
Validità degli atti processuali
Sulla validità degli atti processuali posti in essere dal difensore, iscritto all’albo e munito di procura, non incidono eventuali situazioni di incompatibilità con l’esercizio della professione, quali quelle discendenti dalla qualità di lavoratore subordinato che, sanzionabili sul piano disciplinare, non lo privano della legittimazione all’esercizio della stessa professione fino a quando persista detta iscrizione (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 7 dicembre 2017, n. 29462).
Non operano verso i praticanti semplici
Essendo preclusioni preordinate ad assicurare l’autonomo e indipendente svolgimento del mandato professionale, le incompatibilità di cui alla L. n. 247/2012 non operanp nei confronti dei praticanti non ammessi al patrocinio, che possono di conseguenza essere iscritti nell’apposito Registro Speciale anche se legati da un rapporto di lavoro con soggetti pubblici o privati (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 248/2021).