
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32910 del 17 dicembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), esamina i presupposti dell’assegno divorzile e del diritto alla quota del trattamento di fine rapporto (TFR). I giudici di legittimità chiariscono che il divario economico non colmabile per ragioni oggettive giustifica l’assegno in funzione assistenziale-integrativa, confermando che il diritto alla quota del TFR spetta in modo automatico al titolare di assegno, a prescindere dalla funzione (perequativa o assistenziale) concretamente attribuita al contributo periodico.
Consiglio: per approfondimenti in materia, segnaliamo il volume “Il nuovo processo di famiglia”, a cura di Michele Angelo Lupoi, e acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.
Il nuovo processo di famiglia
La riforma del processo di famiglia ad opera della c.d. riforma Cartabia ha profondamente trasformato il modo di tutelare i diritti delle persone e le relazioni familiari, in particolare in occasione di crisi matrimoniali e genitoriali. Questo volume offre agli avvocati e a tutti gli operatori del settore uno strumento completo e operativo per orientarsi nell’attuale quadro normativo e procedurale.
Dalle caratteristiche e dalla struttura del c.d. “rito unitario” alle impugnazioni dei provvedimenti provvisori e definitivi, fino alle fasi esecutive, l’opera analizza in modo chiaro e aggiornato ogni passaggio del processo di famiglia, integrando riferimenti normativi, orientamenti giurisprudenziali e indicazioni di prassi, senza perdere di vista le più autorevoli espressioni della dottrina.
L’analisi si sviluppa dai presupposti del processo (giurisdizione e competenza) per giungere sino al riconoscimento e all’esecuzione dei provvedimenti stranieri nel nostro paese (un profilo di sempre maggiore rilevanza nell’esperienza pratica). Notevole attenzione è dedicata ai profili difensivi, al contenuto degli atti e alle strategie processuali, con l’approfondimento delle criticità operative emerse dopo la riforma Cartabia.
Un testo pensato per chi, nella pratica quotidiana, cerca risposte argomentate alle questioni più rilevanti in materia.
Michele Angelo Lupoi
Avvocato del Foro di Bologna e Professore ordinario di diritto processuale civile dell’Università di Bologna, ove insegna diritto processuale civile e altre materie collegate, tra cui un Laboratorio per la gestione dei conflitti familiari.
Direttore della Summer School organizzata dall’Università di Bologna a Ravenna su Cross-border litigation and international arbitration. Partecipa a numerosi convegni e seminari in Italia e all’estero in qualità di relatore. Fa parte del Comitato editoriale della Rivista trimestrale di diritto e procedura civile ed è editor dell’International Journal of Procedural Law. Responsabile della sezione dell’Emilia Romagna della Camera degli avvocati internazionalisti, ha pubblicato monografie, articoli e saggi in materia di diritto di famiglia, diritto processuale civile, diritto internazionale processuale.
Leggi descrizione
Michele Angelo Lupoi, 2025, Maggioli Editore
84.00 €
79.80 €
Il nuovo processo di famiglia
La riforma del processo di famiglia ad opera della c.d. riforma Cartabia ha profondamente trasformato il modo di tutelare i diritti delle persone e le relazioni familiari, in particolare in occasione di crisi matrimoniali e genitoriali. Questo volume offre agli avvocati e a tutti gli operatori del settore uno strumento completo e operativo per orientarsi nell’attuale quadro normativo e procedurale.
Dalle caratteristiche e dalla struttura del c.d. “rito unitario” alle impugnazioni dei provvedimenti provvisori e definitivi, fino alle fasi esecutive, l’opera analizza in modo chiaro e aggiornato ogni passaggio del processo di famiglia, integrando riferimenti normativi, orientamenti giurisprudenziali e indicazioni di prassi, senza perdere di vista le più autorevoli espressioni della dottrina.
L’analisi si sviluppa dai presupposti del processo (giurisdizione e competenza) per giungere sino al riconoscimento e all’esecuzione dei provvedimenti stranieri nel nostro paese (un profilo di sempre maggiore rilevanza nell’esperienza pratica). Notevole attenzione è dedicata ai profili difensivi, al contenuto degli atti e alle strategie processuali, con l’approfondimento delle criticità operative emerse dopo la riforma Cartabia.
Un testo pensato per chi, nella pratica quotidiana, cerca risposte argomentate alle questioni più rilevanti in materia.
Michele Angelo Lupoi
Avvocato del Foro di Bologna e Professore ordinario di diritto processuale civile dell’Università di Bologna, ove insegna diritto processuale civile e altre materie collegate, tra cui un Laboratorio per la gestione dei conflitti familiari.
Direttore della Summer School organizzata dall’Università di Bologna a Ravenna su Cross-border litigation and international arbitration. Partecipa a numerosi convegni e seminari in Italia e all’estero in qualità di relatore. Fa parte del Comitato editoriale della Rivista trimestrale di diritto e procedura civile ed è editor dell’International Journal of Procedural Law. Responsabile della sezione dell’Emilia Romagna della Camera degli avvocati internazionalisti, ha pubblicato monografie, articoli e saggi in materia di diritto di famiglia, diritto processuale civile, diritto internazionale processuale.
Questioni processuali
Il caso origina da un giudizio di cessazione degli effetti civili di un matrimonio contratto nel 1998 tra un ex sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri e una istruttrice di nuoto. Il Tribunale aveva riconosciuto alla donna un assegno divorzile di 300 euro mensili e una quota del trattamento di fine servizio (TFS) pari a oltre 19.000 euro. La decisione si fondava sul marcato squilibrio reddituale: l’ex marito percepiva una pensione netta di circa 1.914 euro, mentre la moglie disponeva solo del reddito di cittadinanza (558 euro) e di entrate saltuarie derivanti dall’attività sportiva. In appello, la Corte territoriale ha ridotto l’assegno a 200 euro mensili, pur confermandone la necessità in funzione “meramente integrativa”. Il soccombente ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra l’altro, la mancata prova dell’impossibilità oggettiva dell’ex coniuge di procurarsi mezzi adeguati, data la sua giovane età (45 anni) e la sua specifica professionalità.
Consiglio: il Codice Civile 2026, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon, e il Codice di Procedura Civile 2026, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon, forniscono due strumenti di agile consultazione, aggiornati alle ultimissime novità legislative.
Funzione assistenziale e principio di autoresponsabilità
Il primo nucleo della decisione riguarda la corretta interpretazione dell’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970. Il ricorrente sosteneva che lo squilibrio reddituale era una mera precondizione e che la Corte d’appello non avesse accertato l’impossibilità oggettiva di reperire un lavoro stabile. La Suprema Corte, richiamando l’orientamento delle Sezioni Unite del 2018, ha rigettato impostazione siffatta.
I giudici hanno chiarito che, sebbene il principio di autoresponsabilità imponga al coniuge debole di attivarsi, nel caso di specie la donna aveva dimostrato un impegno congruo svolgendo attività saltuaria come istruttrice di nuoto. La Cassazione ha sottolineato che l’adeguatezza dei mezzi non va valutata in astratto, ma in concreto, considerando anche lo stato di salute (nello specifico, patologie come cervicopatia e sciatalgia) e le reali possibilità di ricollocamento sul mercato. Il divario tra una pensione stabile di quasi 2.000 euro e un sussidio statale integrato da lavori occasionali configura quella non autosufficienza che giustifica l’intervento solidale post-coniugale.
Il nesso tra assegno divorzile e quota del TFR
Il punto di maggiore interesse giuridico risiede nel terzo motivo di ricorso, con cui l’ex marito contestava l’attribuzione automatica della quota del 40% del TFR. Per la tesi difensiva, tale diritto dovrebbe sorgere solo quando l’assegno ha funzione “compensativo-perequativa” (ovvero premia i sacrifici fatti per la famiglia), e non quando ha una finalità “meramente assistenziale” volta a colmare l’indigenza. Il ricorrente ipotizzava persino un dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 12-bis della legge sul divorzio per violazione del diritto di proprietà e del principio di ragionevolezza.
La Corte ha dichiarato tali censure manifestamente infondate. L’art. 12-bis subordina il diritto alla quota del TFR a tre soli presupposti tassativi:
- il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio;
- il mancato passaggio a nuove nozze del richiedente;
- la titolarità di un assegno divorzile ex art. 5.
Non è consentito al giudice distinguere tra le diverse “curvature” dell’assegno. Se sussiste il diritto all’assegno, sussiste anche quello alla quota dell’indennità di fine rapporto.
Potrebbero interessarti anche:
- TFR in Fondo Pensione e assegno divorzile: i limiti del diritto alla quota
- Assegno divorzile: il rilievo del contributo alla conduzione familiare nella determinazione
- Assegno divorzile, tra funzione assistenziale e valutazione patrimoniale
Principio di diritto
Il riconoscimento dell’assegno divorzile, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, come modificato dalla legge n. 74/1987, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, da valutarsi alla luce dei criteri normativi (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico alla vita familiare e alla formazione del patrimonio, reddito di entrambi, durata del matrimonio).
L’assegno assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativa e perequativa, fondata sui principi di solidarietà e di autoresponsabilità, sicché il giudice deve verificare, in concreto, la non autosufficienza economica dell’istante e la sua capacità di reperire realistiche occasioni di lavoro, potendo ricorrere anche a presunzioni desunte dalle circostanze del caso. La sussistenza dei presupposti per l’assegno comporta, altresì, il diritto del coniuge beneficiario alla quota del 40% del trattamento di fine rapporto maturato dall’altro ex coniuge, ex art. 12-bis della medesima legge.
La ratio della solidarietà post-matrimoniale
La Cassazione ribadisce che il TFR rappresenta una forma di “retribuzione differita”. Poiché tale ricchezza è maturata anche durante gli anni di matrimonio, essa si considera frutto della collaborazione e della contribuzione comune ai bisogni della famiglia. La logica dell’art. 12-bis è quella di permettere al coniuge economicamente più debole di partecipare, seppur in via posticipata, alle “fortune economiche” costruite insieme. Limitare tale diritto solo ai casi di funzione compensativa significherebbe tradire la natura unitaria dell’assegno divorzile, che rinviene il suo fondamento ultimo nel principio costituzionale di solidarietà. In conclusione, la protezione del coniuge debole prevale sulle aspirazioni del lavoratore a trattenere l’intera indennità, in quanto il vincolo matrimoniale riverbera i suoi effetti economici anche a seguito della sua dissoluzione legale.











