Principio dell’apparenza del diritto: non applicabile nei rapporti condominiali

Il principio dell’apparenza del diritto non trova applicazione nei rapporti condominiali.

Ciò per due motivi:

  • la contitolarità dei condomini in relazione alle spese ordinarie e straordinarie delle cose comuni;
  • l’esistenza dei registri immobiliari che consente l’individuazione del reale proprietario di un’unità immobiliare.

Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 23621 del 9 ottobre 2017.

Il caso in esame

Il titolare di un’impresa edile otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di due condomini a titolo di corrispettivo dei lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale.

Uno dei due intimati proponeva tuttavia opposizione, deducendo di essere soltanto l’amministratore di un’azienda, effettiva condomina, e quindi mero condomino apparente, e in quanto tale passivamente non legittimato rispetto alla pretesa di pagamento dell’appaltatore.

Il Tribunale confermava il decreto ingiuntivo, riducendone l’importo.

A seguito del rigetto in sede di gravame, l’intimato proponeva dunque ricorso in Cassazione.

Il principio dell’apparenza del diritto

Il principio dell’apparenza non presenta una disciplina organica nel nostro ordinamento ma nel contempo gode di un applicazione trasversale a tutto il codice civile.

L’applicazione del principio dell’apparenza del diritto esclude la responsabilità del soggetto che ha commesso un errore in buona fede sulla convinzione, supportata da elementi concreti, di agire legittimamente nell’ambito di una situazione che nella realtà è differente.

In virtù del principio generale di solidarietà sociale, il principio dell’apparenza del diritto può dunque essere invocato da un soggetto in presenza di tre requisiti:

  • la buona fede
  • la mancanza di colpa
  • ed un errore scusabile.

In particolare, le ipotesi del principio dell’apparenza previste nel nostro codice civile sono: le società di fatto; il pagamento al creditore apparente ai sensi dell’art. 1189 c.c.; l’acquisto dell’erede apparente ai sensi degli artt. 533-534 secondo comma c.c.; l’acquisto del titolare apparente nella simulazione ai sensi dell’art. 1415; ed il rappresentante apparente ai sensi dell’art. 1396 secondo comma c.c..

Il principio di apparenza nei rapporti condominiali

La giurisprudenza di legittimità sin dal 1990 con la sentenza n. 9079 ha sancito l’invocabilità dell’apparenza del diritto anche nei rapporti condominiali con riferimento all’individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle quote condominiali.

Tale orientamento seppur confermato successivamente (Cass. 2617/99) è stato tuttavia smentito con forza dalla sentenza n. 8824/15 della Corte di Cassazione la quale ha statuito che la tutela dell’apparenza del diritto non può essere invocata da parte dell’amministratore condominiale che abbia trascurato di accertare l’effettiva realtà sui pubblici registri contro ogni regola di prudenza.

Secondo tale orientamento, infatti, il regime giuridico della pubblicità costituisce un limite all’operatività del principio dell’apparenza poiché la pubblicità e l’apparenza sono istituti che si completano l’un l’altro ma rispondono alle stesse finalità di tutela dei terzi di buona fede. In altre parole, sono del tutto alternativi.

Cassazione: non applicabile il principio dell’apparenza del diritto nei rapporti condominiali

Tornando al caso in esame, la Corte ha chiarito in primo luogo che le spese condominiali sono ripartite tra i proprietari delle unità immobiliari, come indicato anche dagli articoli 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c..

Tale criterio di ripartizione delle spese tra i condomini esclude che queste possano essere attribuite al condomino apparente, cioè a colui che reitera comportamenti tipici del condomino.

Ad ulteriore sostegno di questa tesi la Suprema Corte rileva che il condominio può agire nei confronti dei singoli condomini poiché la contitolarità delle parti comuni costituisce il fondamento dell’imputazione dei condomini delle spese riguardanti le cose comuni.

Con tale assunto la Corte di Cassazione censura dunque la statuizione della Corte di Appello secondo la quale il principio dell’apparenza del diritto opera nel caso in cui il condominio non possa accertare in capo a chi gravi la titolarità del diritto di proprietà dell’unità immobiliare.

Nel caso di specie il condomino apparente aveva infatti partecipato alle assemblee condominiali e pertanto si era creata una confusione tra il condomino vero e proprio, cioè titolare dell’unità immobiliare sita all’interno del condominio, ed il condomino apparente, che esercitava le attribuzioni riservate dal codice civile al condominio pur non essendolo.

Successivamente i giudici di legittimità affrontavano invece il tema della decorrenza dell’imputabilità ai condomini delle spese straordinarie affermando che l’obbligo di pagamento di tale spese deriva dall’approvazione della delibera assembleare che autorizza i lavori attraverso la maggioranza prevista dall’art. 1136 comma quarto c.c..

Ebbene, la titolarità tra i condomini della cosa comune non costituisce l’unico criterio per attribuire ai condomini il pagamento delle spese condominiali.

È infatti possibile individuare il titolare soggetto al pagamento di tali spese attraverso la consultazione dei libri fondiari, i quali assicurano la regolarità del traffico immobiliare dirimendo i conflitti tra più soggetti acquirenti di diritti reali su determinati beni.

Il principio dell’apparenza del diritto non risulta perciò applicabile in un rapporto condominiale in quanto il soggetto obbligato della spese di una riparazione straordinaria è il proprietario dell’unità immobiliare e mai il condomino apparente.

Ed anche nel caso in cui non si conoscesse il proprietario dell’unità immobiliare, l’amministratore del condominio dovrebbe supplire a questa lacuna conoscitiva attraverso la consultazione dei registri immobiliari.

Al di fuori dei rapporti condominiali il principio dell’apparenza del diritto può invece essere invocato in presenza di uno stato di fatto diverso dalla situazione di diritto e di un errore scusabile del terzo in buona fede circa la corrispondenza del primo alla realtà giuridica.

La Corte di Cassazione accoglieva pertanto il ricorso del condomino apparente e rinviava alla Corte di Appello in diversa composizione al fine di decidere la controversia sulla base del sopra indicato principio di diritto.

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