Il caso tra origine da un’ordinanza del 2017, con la quale un Giudice di secondo grado dichiarava l’efficacia in territorio italiano di un provvedimento straniero; nello specifico, l“Order of Adoption” adottato nel 2009 dalla Surrogate’s Court dello stato di New York, con cui veniva attribuita legittimità giuridica all’adozione di un minore, nato a New York, avviata da parte di una coppia omogenitoriale.
Conseguentemente, veniva ordinato all’ufficiale di Stato Civile di un Comune italiano di procedere alla trascrizione del suddetto provvedimento, unitamente all’atto di nascita del minore adottato con le sue nuove generalità nonché quelle dei genitori adottivi in luogo di quelli naturali/biologici.
Ciò sulla base di precise argomentazioni logico-giuridiche che la corte d’Appello ha espressamente evidenziato nella propria statuizione.
In primo luogo, il Giudice d’Appello ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Sindaco, escludendo, al contempo, il litisconsorzio necessario con l’altro genitore adottivo.
In secondo luogo, ha precisato come l’adozione di minore da parte di una coppia dello stesso sesso, pronunciata in uno stato estero, non possa ritenersi lesiva dell’ordine pubblico internazionale dovendosi tenere in debita considerazione l’interesse del minore, quale valore primario.
Più specificatamente, la Corte territoriale ha inteso sottolineare come il bene giuridico e/o valore preminente propriamente rappresentato dall’interesse dell’adottato minore sia pienamente riconosciuto nel nostro ordinamento giuridico; difatti, il legislatore garantisce il diritto al mantenimento dello status filiationis riconosciuto in un diverso Stato in forza di un provvedimento giudiziario.
Ancor più, ha evidenziato l’importanza di garantire al minore una dimensione sociale e relazionale con il genitore e, dunque, un diritto dello stesso alla sua identità personale, il tutto in piena aderenza alle norme di derivazione internazionale[I].
Avverso la suesposta decisione della Corte territoriale, ha proposto ricorso per Cassazione il Sindaco del Comune, in qualità di Ufficiale di Governo, sulla base di quattro ordini di motivazioni, per la cui analisi si rinvia al paragrafo successivo.
I genitori adottivi, a loro volta, intervenivano costituendosi mediante controricorso; tenuto conto, inoltre, che uno dei due era stato precedentemente pretermesso e pertanto, con il medesimo atto, spiegava intervento autonomo in giudizio.
Di qui, la posizione assunta dai giudici di legittimità che, come vedremo, hanno ritenuto di rimettere gli atti al Primo Presidente della Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, stante la particolare importanza e complessità del thema decidendum.
Analisi delle motivazioni addotte dal Sindaco nel ricorso per Cassazione
Con il primo motivo, il ricorrente ha impugnato la decisione assunta dal giudice di secondo grado per avere questi dichiarato il difetto di legittimazione passiva; in proposito, sottolinea la circostanza di essere parte essenziale nel giudizio incardinato dalla controparte, in quanto soggetto deputato alla tenuta dei registri dello Stato Civile nonché Ufficiale rappresentante del Governo italiano.
Al riguardo, il ricorrente deduce la violazione delle seguenti previsioni normative: art. 702 e ss. c.p.c., art. 1 D.P.R. 96/2000, artt. 64 e 67 della Legge 218/1985, artt. 95 e 96 D.P.R. 396/2000.
La seconda motivazione, poi, ruota attorno alla violazione dell’art. 102 c.p.c., lamentando, il ricorrente, la mancata declaratoria, da parte della Corte territoriale, dell’inammissibilità del ricorso per essere stato presentato da uno solo dei genitori adottivi, in spregio al principio del litisconsorzio necessario delle parti. Considerazione, quest’ultima, che a detta del ricorrente determina una mancata integrazione del contraddittorio, non agevolandosi, in tal modo, una valutazione circa la ricorrenza del medesimo interesse tra entrambe le parti.
Ancora, la terza doglianza si fonda sul mancato rispetto degli artt. 41, 64, 65, 66 e 67 della Legge n. 218/1995, degli artt. 35 e ss. l. n. 183/1984, degli artt. 28, secondo comma, lett. g) e 95 del D.P.R. 396/2000, dell’art. 30 D,Lgs n. 150/2011 nonché dell’art. 702 bis c.p.c..
Più specificamente, il ricorrente, intervenendo in tema di competenza dell’autorità giudiziaria, evidenzia una duplice condizione, ovvero che: nei procedimenti per opposizione al rifiuto di trascrizione nei registri di stato civile la competenza spetta al Tribunale ex art. 95 D.P.R. b. 396/2000; diversamente, nei casi di procedimento relativo ad adozioni (ex art. 35, quinto comma, Legge n. 184/1983) la competenza spetta al Tribunale per i minorenni.
Infine, con riferimento all’ultimo motivo invocato nel ricorso, il sindaco rileva che il giudice di secondo grado abbia attribuito erroneamente legittimazione e riconoscimento giuridico al provvedimento straniero[II], trattandosi di documento incompatibile con i principi costituzionali nonché appartenenti all’ordine pubblico nazionale.
Nello specifico, a detta del ricorrente, il suddetto riconoscimento si pone in contrasto con i principi espressamente consacrati nella Legge 184/1983, a mente dei quali: “l’adozione legittimante è consentita solo ai coniugi uniti in matrimonio, il quale, nell’ordinamento italiano è, a sua volta, consentito solo a persone di sesso diverso[III]”.
Sottolineando, in aggiunta, che si tratta di baluardi ancora oggi dotati di indubbia rilevanza, la cui vis è rimasta invariata nel corso degli anni nonostante le modifiche intervenute in tema di tutela delle unioni di fatto e di quelle omosessuali, di cui alla Legge n. 76/2016.
Le argomentazioni logico-giuridiche sostenute dalla Cassazione
Nel dare risposta ai singoli profili evidenziati dal ricorrente, i giudici del Supremo Consesso partono dalla trattazione congiunta del primo e del terzo motivo, ritenendoli suscettibili di esame unitario.
Competenza e legittimazione attiva e passiva
Il Collegio interviene al fine di mettere chiarezza sul tema della competenza nonché della legittimazione attiva e passiva osservando come la giurisprudenza di legittimità abbia costantemente ritenuto che le questioni riguardanti il rifiuto di procedere alla trascrizione nei registri dello stato civile di un provvedimento giurisdizionale straniero (con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero e un cittadino italiano) vadano risolte mediante il procedimento disciplinato dalla legge n. 218 del 1995[IV] e, dunque, per il tramite dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Dunque, gli Ermellini confermano la competenza della Corte d’Appello, quale autorità giurisdizionale ordinaria, sull’assunto che trattasi di questione finalizzata ad ottenere il riconoscimento di uno status acclarato e/o costituito con provvedimento giurisdizionale straniero e, pertanto, tesa ad incardinare una controversia per la cui risoluzione va esclusa l’applicabilità del procedimento di rettificazione di competenza del Tribunale[V].
Precisando, in aggiunta, che la fattispecie in oggetto rientra in un caso non già di adozione internazionale[VI] bensì di adozione straniera. Ciò in ragione del fatto che la questione in esame non è caratterizzata dalla diversità dello Stato di residenza dei soggetti adottanti rispetto a quello dell’adottando ma, diversamente, riguarda due adottanti residenti negli Stati Uniti ed un adottando ivi residente, e l’elemento di collegamento con l’Italia è rappresentato dalla cittadinanza italiana di uno degli adottanti.
Aggiungono, inoltre, che il suesposto iter procedimentale richiede, ai fini di un regolare contraddittorio, la necessaria presenza del Sindaco, agendo costui in veste di ufficiale dello Stato Civile e, solo eventualmente, quella del Ministero dell’Interno, essendo questi deputato ad intervenire e impugnare la decisione in virtù della competenza ad esso attribuita in materia di tenuta dei registri dello Stato Civile[VII]. Di qui, la precisazione secondo cui non può negarsi al Sindaco la qualità di contraddittore necessario, dovendosi, di guisa, affermare la sua legittimazione attiva e passiva[VIII].
Pretermissione e litisiconsorzio necessario
Riguardo alla seconda motivazione addotta dal ricorrente/Sindaco, il Supremo Collegio propende per una infondatezza della stessa.
Nel dettaglio, ritiene che la pretermissione di uno degli adottanti, quale litisconsorte necessario, non può dirsi costitutiva di un vizio di natura processuale essendo stata, nel caso di specie, sanata con l’autonomo intervento del soggetto nel procedimento, avendo costui accettato, mediante la costituzione, le risultanze del giudizio di merito.
Pertanto, l’intervento volontario del litisconsorte necessario pretermesso determina una accettazione della causa nello stato in cui si trova[IX], non potendo il giudice di secondo grado nè rilevare d’ufficio una inosservanza del principio del contraddittorio né rimettere la causa al giudice di primo grado.
Di guisa, spetta alla Corte territoriale la decisione della controversia dinanzi ad essa pendente, al fine di scongiurare la violazione di un ulteriore fondamentale principio cardine: quello della ragionevole durata del processo, a mente del quale il giudice è tenuto ad assumere una condotta tesa a non ostacolare la sollecita definizione della lite[X].
Adozione solo per coniugi di diverso sesso: questione alle Sezioni Unite
Infine, con riguardo alla quarta doglianza (con la quale il ricorrente ha contestato la statuizione della Corte d’Appello nella parte in cui non ha considerato la valenza costituzionale rivestita dalla normativa regolamentante l’adozione, ritenendolo istituto applicabile esclusivamente a coniugi di diverso sesso uniti in matrimonio), il Collegio ritenendo la questione sottesa a tale motivo di massima e particolare importanza, rimette gli atti al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili.
Ma con delle precisazioni.
Difatti, la rimessione avviene sulla base di un tentativo, seppur timido, di porre delle linee guida, richiamandosi, nell’ordinanza in commento, diversi precedenti giurisprudenziali regolamentanti, tuttavia, casi simili ma non uguali.
Preliminarmente, la Corte fa riferimento alla pronuncia n. 14007 del 2018 trattando, quest’ultima, di un caso di riconoscimento di una sentenza straniera di adozione legittimante concernente due donne omosessuali francesi coniugate in territorio estero e residenti in Italia.
Entrambe chiedevano il riconoscimento all’autorità giurisdizionale italiana di una sentenza francese che aveva disposto in loro favore l’adozione del figlio biologico dell’altra.
Gli Ermellini hanno inteso attribuire piena validità alla sentenza straniera di adozione legittimante, in quanto tesa a garantire i principi di ordine pubblico internazionale propriamente consacrati nella nostra Costituzione nonché nelle normative di derivazione internazionale[XI].
Ancora, viene richiamata la sentenza delle Sezioni Unite n. 12193/2019, il cui pregio è stato quello di meglio precisare il significato della nozione di “ordine pubblico” in riferimento alla valutazione circa la legittimità e compatibilità del provvedimento giurisdizionale straniero.
È stato sottolineato come la caratteristica peculiare dell’ordine pubblico vada ravvisata nella “relatività e nella mutevolezza nel tempo del suo contenuto, soggetto a modificazioni in dipendenza dell’evoluzione dei rapporti politici, economici e sociali, e quindi destinato ad essere influenzato dalla disciplina ordinaria degli istituti giuridici e dalla sua interpretazione, che costituiscono l’espressione del processo evolutivo, contribuendo, a loro volta, a tenere vivi e ad arricchire di significati i principi fondamentali dell’ordinamento”.
Argomentazioni che, come abilmente sottolineato dagli stessi giudici di legittimità, vanno tenute a mente nel riconoscimento di una sentenza straniera in tema di adozione, non potendosi prescindere da una preventiva analisi di compatibilità del provvedimento straniero con i principi di ordine pubblico.
Valutazione, dunque, necessaria in quanto involgente principi e valori fondamentali ed irrinunciabili su cui si fonda il nostro sistema giuridico, tenuto conto che è la stessa normativa a prevedere che: “il riconoscimento dell’adozione può essere rifiutato dagli Stati membri solo se manifestamente contrario all’ordine pubblico, in considerazione dell’interesse superiore del minore”[XII].
Dunque, trattandosi di profili problematici e, come tali, delicati in quanto involgenti rilevanti e complessi profili giuridici, la Corte ha ritenuto di procedere alla trasmissione degli atti al Primo Presidente per le sue determinazioni, ai sensi dell’art. 374 cod. proc. civ..
[I] Cfr. art. 8 CEDU intitolato “Diritto al rispetto della vita privata e familiare”, il quale statuisce quanto segue: “Ogni persona da diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza non sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del Paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
[II] Si tratta del provvedimento “Order of Adoption” adottato nel 2009 dalla Surrogate’s Court dello stato di New York.
[III]In proposito, il ricorrente pone a sostegno delle sue tesi: l’art. 6, comma 1, della Legge n. 184 del 1983; l’art. 12 CEDU, secondo cui non è imposto agli Stati membri di consentire l’accesso al matrimonio per le coppie dello stesso sesso; Legge n. 76/2016, meglio nota quale Legge Cirinnà, la quale prevede la possibilità di trascrivere gli atti di matrimonio di persone dello stesso sesso contratti all’estero nel solo registro delle unioni civili e non nel registro dello Stato civile matrimoniale (art. 1, comma 28, lett. a) e b) e art. 134bis, comma 3, lett. a) del R.D. n. 1238 del 1939); sentenze della Corte Costituzionale n. 138/2020, n. 170/2014 e n. 221/2019, a mente delle quali l’istituto dell’adozione legittimante è consentita solo in presenza di unione tra persone di sesso diverso, integrandosi, in caso contrario, un violazione della disposizione costituzionale di cui all’art. 29 Cost…
[IV] Cfr. art. 67 Legge n. 218 del 1995, secondo cui: “In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque può chiedere all’autorità giudiziaria ordinaria l’accertamento dei requisiti del riconoscimento”.
[V] La Cassazione sottolinea come nel caso di specie l’adottante abbia proposto, in proprio ed in rappresentanza del minore da lui adottato all’estero, ricorso innanzi al giudice di seconde cure al fine di ottenere il riconoscimento ad ogni effetto dell’adozione legittimamente pronunciata dal giudice straniero (dello Stato di New York) e, conseguentemente, ottenere la trascrizione dell’atto di nascita del minore e del relativo provvedimento di adozione da parte dell’Ufficiale di Stato Civile del Comune. Di qui, sottolinea l’importante ruolo rivestito dal Sindaco in qualità di Ufficiale di Stato Civile, richiamando, tra l’altro, costante giurisprudenza di legittimità tra cui: Cass. n. 12746/1996; Cass. n. 2776/1996; Cass. n. 951/1993
[VI] In tema di adozione internazionale rileva la Convenzione dell’Aja, propriamente disciplinata dalla legislazione speciale di cui agli artt. 35 e ss. della Legge n. 183/1984.
[VII] Cfr. SS. UU. n. 12193/2019.
[VIII] Al riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di statuire che non si può dubitare della qualità di interessato del Sindaco, nel senso previsto dall’art. 67 della Legge n. 218/1995, laddove tale qualità spetta solo ai soggetti che hanno assunto la veste di parti nel giudizio i cui il provvedimento è stato pronunciato, ma anche a quelli direttamente coinvolti nella sua attuazione.
[IX] Cass. n. 23701/2014.
[X] Sul punto, cfr. Cass. n. 16504/2005; Cass. n. 7068/2009; Cass. N. 9752/2011; Cass. n. 26631/2018.
[XI] Richiamando, sul punto, l’art. 24 della Convenzione dell’Aja del 1993 per la tutela dei minori e la cooperazione in tema di cooperazione internazionale, a mente del quale: “il riconoscimento dell’adozione può essere rifiutato da uno Stato contraente solo se essa è manifestamente contraria all’ordine pubblico, tenuto conto dell’interesse superiore del minore”.
[XII] Cfr. art. 24 Convenzione dell’Aja del 1993, ratificata in Italia con Legge n. 476/1998.