Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Milano, sostenendo il diritto dei dipendenti di includere specifici compensi nella loro retribuzione feriale.
Corte di Cassazione- sez. lavoro-ord. n. 2674 del 15-11-2023
La questione
Nel caso in esame, la Corte d’Appello di Milano aveva respinto l’appello presentato dalla Società datrice , riconoscendo il diritto dei lavoratori dipendenti al computo nella retribuzione feriale delle indennità di condotta, già accertato dalla sentenza di primo grado.
Richiamando una copiosa giurisprudenza di legittimità e la Direttiva europea 2003/88/CE, era stato infatti sottolineato che la definizione europea di “retribuzione” durante le ferie includerebbe ogni importo pecuniario collegato all’esecuzione delle mansioni professionali.
Venivano in tal senso disattese le argomentazioni della società che riteneva l’indennità di condotta alla stregua di una compensazione legata al luogo di lavoro anziché alla qualità connessa alla stessa mansione.
In conclusione, era stato dunque confermato il diritto dei lavoratori (nella specie macchinisti) all’inclusione di determinate indennità nella retribuzione feriale, con rigetto di tutte le motivazioni argomentate dalla Società datrice, ivi comprese quelle relative all’eccepita prescrizione per le somme richieste (sul punto, la Corte aveva infatti sottolineato che, secondo le modifiche adoperate dalla legge n. 92 del 2012, la prescrizione inizia a decorrere solo al termine del rapporto lavorativo).
Per questi motivi, la Società datrice ha presentato un ricorso per cassazione, basato su quattro motivi.
I motivi di ricorso
Con il primo motivo, la società ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE, dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 66 del 2003, dell’articolo 36 Cost. e dell’articolo 2109 c.c., sostenendo che il giudice di secondo grado avrebbe assunto la decisione in modo errato rispetto all’’interpretazione autentica della Corte di Giustizia dell’Unione Europea riguardo alla nozione di ferie retribuite.
Con il secondo motivo, la Società datrice ha ritenuto violato tanto l’articolo 36 Cost. quanto l’articolo 2109 c.c. in relazione alla definizione di “ferie retribuite” declinata dall’interpretazione di legittimità. Inoltre, l’azienda ricorrente ha affermato che la definizione di ferie retribuite è rimessa alla contrattazione collettiva aziendale.
Nel terzo motivo, la società ha sostenuto nuovamente un errore interpretativo riguardo le ferie, presupponendo la violazione dell’articolo 7 della Direttiva europea 2003/88/CE per aver il giudice d’appello ritenuto erroneamente l’uguaglianza della paga durante le ferie rispetto a quella di un normale periodo lavorativo.
Con il quarto motivo, veniva infine denunciata la violazione dell’articolo 2948 c.c. in relazione all’articolo 18 Statuto dei lavoratori, riformato dalla legge n. 92 del 2012, riguardo la prescrizione dei crediti retributivi.
Le argomentazioni della Corte di Cassazione
In via preliminare, la Corte di Cassazione ha dedotto che la sezione si era già espressa sulla questione con le recenti sentenze n. 18160/23, n. 19711/23 e 19663/23, La stessa ha ritenuto applicabile, nel caso di specie, l’art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c. che consente di fare riferimento a queste decisioni.
I primi tre motivi di ricorso sono stati reputati privi di fondatezza. La nozione di retribuzione durante il periodo di ferie, secondo i giudici, è correlata dall’interpretazione della CGUE. La Corte ha richiamato i principi della sentenza Robinson Steele del 2006, affermando che la Direttiva 2003/88/CE stabilisce il principio di diritto che, durante il periodo di ferie annuale, il lavoratore deve mantenere la retribuzione ordinaria e che ogni retribuzione contraria a questo principio costituisce espressa violazione delle disposizioni normative declinate dal legislatore europeo.
La Corte ha ricordato che la definizione di retribuzione, come interpretata in modo autentico dalla CGUE, consente di annoverare qualsivoglia importo pecuniario connesso alle mansioni, allo status personale e professionale del lavoratore. Dunque, anche il compenso per il mancato godimento delle ferie deve essere calcolato in concomitanza delle mansioni e dello status del lavoratore.
Il quarto motivo di ricorso riguardante la prescrizione dei crediti retributivi non è stato ritenuto fondato. La Corte di Cassazione ha chiarito che le sentenze della CGUE hanno efficacia direttamente vincolante e rappresentano una fonte del diritto per effetto del quale il giudice nazionale ha l’obbligo d’interpretazione conforme.
Quanto a questo motivo, riguardante la prescrizione dei crediti retributivi sorti nel periodo gennaio 2013 – 31 dicembre 2018, la Corte di Cassazione ha precisato che per quei diritti che non erano prescritti al momento dell’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, in conformità con le modifiche apportate dalla menzionata legge e dal D.Lgs. n. 23/2015.
Il collegio ha ritenuto che la Corte d’Appello abbia interpretato in modo corretto le norme previste dalla contrattazione collettiva aziendali riguardanti gli istituti dei compensi per l’attività di condotta e l’indennità di riserva, in linea con quanto affermato dalla CGUE, nonché in coerenza con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva europea richiamata dal ricorrente.
Infine, la Corte di Cassazione ha respinto del rinvio pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 TFUE avete ad oggetto l’inquadramento della definizione europea di retribuzione durante il periodo di ferie.
In conclusione, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza del giudice di secondo grado, stabilendo il diritto dei lavoratori a includere specifici compensi nella loro retribuzione durante il periodo feriale.
La Direttiva europea 2003/88/CE
La Direttiva europea 2003/88/CE costituisce un tassello fondamentale nell’armonia del quadro normativo unionale poiché volta a garantire il miglioramento delle condizioni lavorative e la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori all’interno dell’UE.
Uno tra gli aspetti importanti della Direttiva 2003/88/CE riguarda la regolamentazione dei tempi di lavoro, stabilendo limiti massimi per le ore di lavoro settimanali e giornaliere, sicché, ciò contribuisce a evitare situazioni di sfruttamento eccessivo, a tutela del benessere dei lavoratori.
Un altro punto di particolare rilevanza è quello delle ferie annuali retribuite: la direttiva mira a garantire ai lavoratori dei periodi di riposo durante l’anno, retribuiti a un livello similare a quello del periodo lavorativo normale.