Risarcimento del danno causato dalle immissioni (alla luce della CEDU)

in Giuricivile, 2023, 9 (ISSN 2532-201X)

Recentemente, la Suprema Corte è approdata a una pronuncia che, affrontando il tema della tutela del diritto di proprietà dalle immissioni, ha toccato anche il concetto del danno risarcibile in conseguenza delle stesse. Tuttavia, nel processo logico-argomentativo proposto dai giudici di legittimità ha assunto un ruolo chiave, nella sua trasversalità, il richiamo alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Il caso in esame

Accadeva che dei signori, abitanti nello spezzino, proponevano una domanda giudiziale volta all’accertamento delle immissioni intollerabili provenienti dagli scarichi di un secondo bagno dell’appartamento confinante. Essi chiedevano pertanto la condanna alla loro eliminazione e al risarcimento del danno.

Successivamente a un primo rigetto, la Corte d’Appello genovese accertava che il bagno era adiacente alla camera degli attori, precisamente al luogo in cui era posizionata la loro testiera del letto. Inoltre, nel corso del giudizio di gravame, con apposita consulenza tecnica d’ufficio, il collegio appurava il superamento della normale tollerabilità delle immissioni e la collocazione della cassetta di incasso del wc nel muro divisorio delle unità immobiliari.

I rumori intollerabili, prodotti senza soluzione di continuità, avrebbero impedito un sereno riposo durante le ore notturne, sino al primo mattino. Tali circostanze portavano a una statuizione di condanna nei confronti dei convenuti, i quali avrebbero dovuto effettuare delle opere per ridurre le immissioni prodotte e corrispondere una somma a titolo di danno, stabilita in via equitativa, nella misura di euro 500,00 l’anno con decorrenza dal 2003. A detta della Corte di merito, le condotte perpetrate dai vicini avrebbero leso il “diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiana, diritti costituzionalmente garantiti e tutelati dall’art. 8 della CEDU”[1].

Avverso detta pronuncia, la parte convenuta proponeva ricorso per cassazione che veniva integralmente rigettato dalla Corte di legittimità, confermando la posizione del collegio genovese con uno straordinario impianto motivazionale.

Le immissioni

Nelle motivazioni dell’ordinanza emessa, la Corte di legittimità ha compiutamente operato un espresso richiamo alla disciplina in materia di immissioni, contenuta nell’art. 844 c.c. che trova applicazione anche in materia di condominio[2]. Tale norma, volta a tutelare la proprietà fondiaria, comprende infatti anche tutte le relazioni intercorrenti tra proprietari di fondi non finitimi; nel caso oggetto di pronuncia, due unità abitative – e non fondi – tra loro confinanti. Ragion per cui il vicino può chiedersi se le immissioni prodotte dal funzionamento di un elettrodomestico collocato in un altro appartamento facente parte del medesimo complesso residenziale possa arrecargli molestia[3]. Circostanza del tutto assimilabile è il posizionamento e l’utilizzo della cassetta del wc nella pronuncia che si commenta.

L’art. 844 c.c. prevede che il proprietario non possa impedire le immissioni di fumo o calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili prodotte dal fondo del vicino, se esse non superano la normale tollerabilità, avendo riguardo anche alle condizioni dei luoghi. Il giudice, nell’applicare la norma, deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, ben potendo tenere conto della priorità di un determinato uso.

Con il primo motivo di ricorso proposto, parte ricorrente lamentava il fatto che nella consulenza tecnica d’ufficio non erano stati considerati i rumori di fondo. Difatti, le misurazioni dei rumori sarebbero state effettuate in un periodo di bassa stagione turistica soltanto nella stanza da letto con le finestre chiuse. Il giudice di merito non avrebbe invece considerato che si trattava di un luogo ad alta frequentazione turistica in estate e inverno.

Secondo la Corte, che ha ritenuto del tutto infondati tali assunti, vi sono delle norme speciali che hanno il precipuo compito di stabilire i livelli di accettabilità delle immissioni e che ben possono essere utilizzate quali indici di intollerabilità ai sensi dell’art. 844 c.c[4].

Si evince pertanto che, accanto alla tutela apprestata dall’art. 844 c.c., vi sono alcune norme amministrative il cui scopo è il rispetto dei livelli minimi di quiete[5]. Il riferimento è, indubbiamente, alle disposizioni in materia di inquinamento acustico[6]. Tuttavia, esse delineano un sistema del tutto autonomo, non suscettibile di sovrapposizione rispetto alla tutela civilistica contenuta nell’art. 844 c.c.[7]

Infatti, ponendosi in continuità con un recente orientamento giurisprudenziale, il Collegio ha affermato che la disciplina delle immissioni tra privati è data dall’art. 844 c.c., anche quando non vengano superati i limiti posti dalle norme di interesse generale[8]. Spetta pertanto all’organo giudicante decidere sulla tollerabilità secondo il suo prudente apprezzamento, con attenta considerazione delle peculiarità di ciascun caso concreto[9]. I binari che permettono di effettuare tali valutazioni non presentano alcun carattere di assolutezza, a differenza delle norme speciali che pongono dei limiti molto rigidi. In essi vengono annoverate diverse variabili, quali la situazione ambientale, le caratteristiche della zona, le abitudini degli abitanti[10]. Oggetto di considerazione sono anche i rumori di fondo, sulla base dei quali è possibile calibrare ciò che viene percepito come immissione abnorme, utilizzando la diligenza dell’uomo medio e avendo riguardo alla situazione locale[11].

Dunque, la Corte di merito ha correttamente argomentato il superamento della soglia di tollerabilità sulla base della consulenza tecnica d’ufficio, con la quale erano stati rilevati tre decibel in più rispetto ai minimi stabiliti dalla normativa speciale, evidenziando altresì che nel caso di specie le immissioni sonore erano inevitabili[12]. Ciò in quanto lo scarico si trovava nel muro divisorio al confine con la stanza da letto e veniva utilizzato frequentemente nelle ore notturne.

Il danno esistenziale

Accertata l’intollerabilità delle immissioni, cui segue l’ordine della loro cessazione, ci si chiede se e quali siano gli spazi per un’azione risarcitoria.

Nella pronuncia in esame, il supremo Collegio ha affrontato infatti la tematica del danno risarcibile, considerando in particolare il pregiudizio esistenziale che si è sviluppato proprio in materia di immissioni[13]. Danno che, non ponendosi in rapporto con la lesione del bene salute, attiene invece alla sofferenza dovuta a un peggioramento della qualità della vita, al fare areddituale del soggetto leso, quale capacità di seguire i propri hobbies[14]. Pertanto, l’accento viene posto sulla dimensione relazionale dell’uomo, inteso come essere che agisce, che cerca di approcciarsi con gli altri, realizzare le proprie attività e curare le proprie abitudini[15]. Tale approdo costituisce l’esito di un percorso lungo e travagliato che ha condotto, in virtù del richiamo al principio solidaristico contenuto nell’art. 2 Cost., a una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., norma generale che disciplina il risarcimento del pregiudizio non patrimoniale[16]. La nuova interpretazione dell’art. 2059 c.c. ha reso infatti possibile ampliare la categoria del danno non patrimoniale rispetto alle ristrette maglie date dal danno biologico e morale[17], includendo la lesione di beni che trovano tutela costituzionale.

Pertanto, l’indagine della Suprema Corte si è spinta a individuare il bene giuridico oggetto di tutela[18]. Nello specifico, lo svolgimento della vita familiare e la piena esplicazione delle proprie abitudini di vita che i rumori prodotti dal manufatto dell’appartamento dei vicini avevano fatto peggiorare. Vi sarebbero delle fattispecie tipiche che pregiudicano la serenità della vita quotidiana e che giustificherebbero il risarcimento del danno esistenziale derivante dalla lesione di beni che trovano protezione costituzionale[19]. Secondo altri autori, si tratterebbe del diritto inviolabile al riposo che trova tutela nell’art. 36 Cost., inteso quale diritto a non lavorare ma anche impiegare del tempo al recupero delle proprie energie per meglio dedicarsi alle relazioni umane, seguendo le aspirazioni di ognuno. Diritto che, indubbiamente, ben può esplicarsi nell’ambiente domestico e non soltanto durante un viaggio di piacere, potendo esserne destinatari non solo il lavoratore in senso stretto, bensì coloro che sono minori d’età, casalinghe, pensionati[20]. Altre volte, il pregiudizio causato dalle immissioni intollerabili produrrebbe una lesione di diversi diritti costituzionalmente garantiti, quali l’inviolabilità del domicilio e la famiglia (artt. 14 e 29 Cost.)[21]. Il bene giuridico dato dalla serenità dell’ambiente domestico, luogo in cui spaziano molte attività dell’individuo che possono declinarsi dal semplice riposo pomeridiano e serale alla realizzazione delle proprie aspirazioni, costituisce quindi pregiudizio risarcibile attraverso la selezione di interessi operata dalla lettura dell’art. 2059 c.c. in combinato disposto dell’art. 2 Cost., talvolta in virtù del richiamo ad altri principi costituzionali.

Vi era però un orientamento contrario secondo il quale non sarebbe ravvisabile alcun diritto costituzionalmente protetto alla tranquillità domestica[22], riconoscendo soltanto la lesione del diritto alla salute e, il danno morale, allorquando le immissioni intollerabili integrino una fattispecie di reato. Un filone, dunque, cui fanno capo una serie di pronunce, secondo il quale il pregiudizio aredittuale dovrebbe necessariamente avere a oggetto soltanto ciò che è medicalmente accertabile[23].

Le Sezioni Unite sono recentemente intervenute per comporre tale contrasto[24], affermando la piena cittadinanza del diritto al normale svolgimento della vita familiare, in tal guisa selezionando gli interessi meritevoli di tutela secondo il nuovo statuto del danno non patrimoniale delineato nel 2008 dalle sentenze di San Martino. Secondo il Supremo Collegio si tratta indubbiamente di un diritto costituzionalmente garantito che non può rimanere privo di ristoro in caso di lesione, senza dare luogo a un pregiudizio futile e, pertanto, un danno bagatellare.

Tuttavia, è opportuno chiarire se la tutela de quo possa essere ricondotta alternativamente all’art. 844 c.c. Vi è infatti una risalente pronuncia della Corte Costituzionale secondo la quale tale norma è deputata a risolvere i conflitti tra fondi finitimi qualora uno o più di essi subiscano delle ripercussioni negative – immissioni – dovute all’attività che insiste nell’altro fondo[25]. L’intollerabilità di cui l’art. 844 c.c. richiede la valutazione è pertanto parametro di riferimento per la tutela del solo diritto dominicale, di natura reale e non personale, appartenente allo schema dell’actio negatoria servitutis[26]. Diversamente, è possibile cumulare l’azione inibitoria dei comportamenti produttivi di immissioni intollerabili all’azione di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale ex artt. 2043 e 2059 c.c.[27].

Pertanto, alla luce dell’ammissibilità dell’esistenza e, relativa tutela riparatoria, del diritto alla serenità domestica, un ulteriore profilo che ne è strettamente collegato attiene alla prova del danno. Sgombrando il campo da alcune prove costituende quali testimonianza, confessione e giuramento, la Corte di legittimità ha svolto alcune considerazioni in merito all’utilizzo della prova presuntiva. Nel caso di specie, la Suprema Corte afferma infatti che tale pregiudizio non costituisce un danno in re ipsa, bensì un danno-conseguenza che può dirsi essere provato “in termini di disagi sofferti in dipendenza della difficile vivibilità della casa[28]. Non vi è pertanto alcun automatismo nella dimostrazione delle conseguenze pregiudizievoli causate dalle immissioni, poiché il giudice del merito sarebbe correttamente risalito ad esse partendo da un dato noto, ossia l’ostilità dell’abitazione stessa venutasi a creare a seguito dei rumori prodotti[29].

La pronuncia che si commenta non affronta il tema della liquidazione del danno de quo, ciò in quanto la censura su tale questione non è demandabile in sede di legittimità poiché attiene al solo giudizio di merito. Tuttavia, si osserva come il giudice del gravame abbia fatto ampio ricorso al giudizio di equità che trova il proprio fondamento nell’art. 1226 c.c., laddove sia difficile fornire la prova dell’ammontare del danno patito.

La Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo nel danno risarcibile

La Corte di legittimità, nello sviluppare le proprie argomentazioni che conducono all’affermazione del principio di diritto per cui il danno alla serenità domestica rientra nel novero di quei pregiudizi esistenziali costituzionalmente meritevoli di tutela, ha operato un espresso richiamo alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Specificamente, l’art. 8, comma 1 CEDU prevede che “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”. Indubbiamente si nota come la Suprema Corte, nel determinare l’oggetto della tutela accordata, non abbia perso l’occasione di costruire l’impianto argomentativo con norme sovranazionali. Ben si potrebbe affermare che si tratti di un riferimento piuttosto singolare in materia di danno non patrimoniale da immissioni, che trova riscontro in pochi precedenti[30].

La CEDU costituisce infatti una di quelle fonti deputata alla tutela dei diritti umani, insieme alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e ai diritti fondamentali garantiti dalla CEDU quali risultano dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri (art. 6 TUE)[31].

Più precisamente, l’art. 8 CEDU si identifica nella tutela del domicilio come spazio fisico e quale godimento dello stesso, venendosi così a costituirsi lesioni non puramente fisiche, ma anche immateriali[32]. Inoltre, i giudici della Corte EDU ritengono che tali diritti siano passibili di violazione senza che si produca alcuno stato di malattia nei soggetti, riconducendo la loro lesione alla categoria dei danni morali. Ed è proprio sul solco di tale interpretazione data dalla Corte di Strasburgo che la Corte di legittimità ha imperniato il contenuto del pregiudizio riconosciuto agli attori, di natura esistenziale.

Difatti, la CEDU, in seguito alla modifica dell’art. 117, comma 1 Cost. avvenuta nel 2001 come interpretato dalla Corte Costituzionale[33], ha il valore di norma interposta che si colloca al di sotto delle norme costituzionali e comunitarie in senso stretto. La CEDU non costituisce un ordinamento giuridico sovranazionale e non reca norme direttamente applicabili. Secondo l’indirizzo inaugurato dalle sentenze gemelle del 2007, in caso di contrasti tra norme interposte e norme interne, va saggiata la conformità costituzionale di entrambe, ossia la compatibilità costituzionale della norma interposta e la legittimità della norma censurata rispetto a quella interposta. Ciò sulla base dell’interpretazione delle norme e non della norma in sé considerata, le quali vivono proprio attraverso l’attività ermeneutica della Corte EDU. Tale orientamento è stato successivamente confermato da ulteriori pronunce. In tal senso, con Corte Cost., 28 novembre 2012, n. 264 si afferma che le norme CEDU vanno qualificate come norme interposte integrando il parametro costituzionale di cui all’art. 117, comma 1 Cost. Nell’eventualità in cui si profili un contrasto tra una norma di diritto interno e una disposizione contenuta nella CEDU, il giudice deve verificare la praticabilità di un’interpretazione conforme alla norma sovranazionale. Al contrario, ove ciò non sia possibile, il giudicante dovrà proporre la questione di legittimità costituzionale della norma in relazione all’art. 117, comma 1 Cost.

Tuttavia, può presentarsi la situazione inversa in cui la norma CEDU, così come interpretata dalla Corte EDU, sia in contrasto con i principi contenuti nella Costituzione. Secondo il filone più recente, contenuto in Corte Cost., 26 marzo 2015, n. 49, il giudice dovrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma di adattamento nella parte in cui consente l’ingresso nell’ordinamento di una norma che confligge con i principi costituzionali.

Conclusioni

In definitiva, la pronuncia commentata rispolvera, in modo molto lineare, le caratteristiche della tutela in chiave personalistica dalle immissioni intollerabili. Dopo aver affrontato la quaestio sull’individuazione della soglia di tollerabilità dei rumori, la Corte ritorna ad occuparsi della risarcibilità del danno subito. Qualora i danneggiati non lamentino un danno alla salute, medicalmente accertabile, che trova tutela costituzionale nell’art. 32 Cost., proprio in virtù di norme sovranazionali è la componente esistenziale ad essere la protagonista. Dunque, la vivibilità del luogo domestico viene considerata un diritto fondamentale che non può rimanere sfornito di tutela nei Paesi che hanno sottoscritto la CEDU. Ciò si pone in piena continuità con la giurisprudenza che fin dalle sentenze di “San Martino” rese a Sezioni Unite nel 2008 hanno dato ingresso nell’ordinamento al danno esistenziale. Ma non solo. Il richiamo alle norme CEDU, in particolare l’art. 8, contribuisce ad arricchire di contenuto la risarcibilità del danno non patrimoniale prevista dall’art. 2059 c.c. Tale norma non va letta soltanto in combinato disposto dell’art. 2 Cost. ove selezionare le situazioni giuridiche soggettive meritevoli di tutela in nome del principio di solidarietà ivi contenuto, ma va interpretata in modo conforme alla normativa sovranazionale.


Bibliografia

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  2. Cirla, Immissioni rumorose in condominio: la giurisprudenza su tollerabilità e risarcimento del danno, in Pluris, 2019
  3. Bellin, Il danno non patrimoniale da rumori in condominio, in Immobili & proprietà, 2017, 212 ss
  4. Monegat, Immissioni di rumore dall’appartamento del vicino: la centrifuga della lavatrice è tollerabile, in Immobili & proprietà, 2015, 730
  5. M. Scalia, Le immissioni di rumore: superamento della normale tollerabilità e danno risarcibile, in NGCC, 2016, 4, 558 ss.
  6. Filippi, Immissioni intollerabili e risarcimento del danno non patrimoniale all’indomani della comunitarizzazione dei principi Cedu, in Resp. Civ., 2010, 4, 285 ss
  7. Covucci, Il danno non patrimoniale da immissioni intollerabili dopo le Sez. Un. 2008; alla ricerca del diritto inviolabile risarcibile, in NGCC, 2009, 9, 10893 ss
  8. Gazzoni, Manuale di diritto privato, XIX ed., ESI
  9. Sapone, Immissioni: tranquillità domestica o diritto al riposo?, in NGCC, 2010, 6, 10588 ss
  10. Carbone, Il diritto vivente delle «immissioni»: intollerabile è anche il danno alla tranquillità familiare pur se non si misura in decibel, in Danno e responsabilità, 2016, 1, 35 ss
  11. Daniele, Diritto dell’Unione Europea, Giuffrè, VI ed., 2018

Riferimenti normativi e giurisprudenziali

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Cass. Civ., Sez. II, 29 ottobre 2015, n. 22105

Cass. Civ., Sez. III, 20 dicembre 2018, n. 32943

Cass. Civ., Sez. II, 27 gennaio 2003, n. 1151

  1. 26 ottobre 1995, n. 477

D.p.c.m. del 14 novembre 1997

D.l. 30 dicembre 2008, n. 208 convertito in l. 27 febbraio 2009, n. 13

Cass. Civ., Sez. III, 27 aprile 2015, n. 8474

Cass. Civ., Sez. III, 16 ottobre 2015, n. 20927

Cass. Civ., Sez. II, 6 febbraio 2020, n. 2757

Cass. Civ., Sez. III, 14 marzo 2018, n. 6136

Cass. Civ., Sez. II, 1 ottobre 2018, n. 23754

Cass. Civ., Sez. III, 8 giugno 2016, n. 20198

Cass. Civ., Sez. II, 12 maggio 2015, n. 9660

Cass. Civ., Sez. II, 5 novembre 2018, n. 28201

Cass. Civ., Sez. II, 8 febbraio 2010, n. 5564

Cass. Civ., Sez. II, 10 novembre 2009, n. 23807

Cass. Civ. Sez. III, 20 marzo 2012, n. 4394

Cass. Civ., Sez. II, 25 gennaio 2006, n. 1418

Cass. Civ., Ss. Uu., 1 febbraio 2017, n. 2611

Cass. Civ., Sez. II, 28 agosto 2017, n. 20445

Cass. Civ., Ss. Uu., 23 febbraio 2013, n. 4848

Cass. Civ., Sez. II, 2 aprile 2015, n. 6786

Cass. Civ., Sez. VI, 3 novembre 2014, n. 23419

Cass. Civ., Sez. II, 23 maggio 2013, n. 12828

Corte Cost., 23 luglio 1974, n. 247

Trib. Catania, Sez. III, 19 marzo 2018, n. 1249

Cass. Civ., Sez. II, 2 giugno 2000, n. 7420

Cass. Civ., Ss. Uu., 15 ottobre 1998, 10186

Cass. Civ., Sez. VI, 18 luglio 2019, n. 19434

Cass. Civ., Sez. II, 1 ottobre 2018, n. 23754

Cass. Civ., Sez. II, 28 agosto 2018, n. 20445

Cass. Civ. Sez. III, 19 dicembre 2014, n. 26899

Cass. Civ., Ss. Uu., 11 novembre 2008, n. 26972

Cass. Civ., Sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23283

Cass. Civ., Sez. III, 9 maggio 2012, n. 7048

Corte Cost., sent. nn. 348 e 349 del 2007

[1] Cass. Civ., Sez. VI, 28 luglio 2021, n. 21649.

[2] cfr. G. A. Chiesi, M. M. Turtur, Immissioni e vita in condominio: una difficile convivenza!, in Immobili & proprietà, 2020, 429 ss, secondo i quali la norma richiamata si inquadra nei c.d. rapporti di vicinato, cui fanno parte anche le disposizioni che regolano le distanze tra costruzioni, luci e vedute che presenterebbero una particolare applicazione nel condominio, disciplinato agli artt. 1117 e ss c.c.; cfr. A. Cirla, Immissioni rumorose in condominio: la giurisprudenza su tollerabilità e risarcimento del danno, in Pluris, 2019; M. Bellin, Il danno non patrimoniale da rumori in condominio, in Immobili & proprietà, 2017, 212 ss; M. Monegat, Immissioni di rumore dall’appartamento del vicino: la centrifuga della lavatrice è tollerabile, in Immobili & proprietà, 2015, 730.

[3] cfr. M. Monegat, op. cit., nota a Cass. Civ., Sez. II, 29 ottobre 2015, n. 22105; specificamente, il proprietario agiva per chiedere la cessazione dei rumori prodotti dal funzionamento di una lavatrice che si trovava nell’appartamento sovrastante poiché ritenuti intollerabili.

[4] Cass. Civ., Sez. III, 20 dicembre 2018, n. 32943 secondo cui “anche quando la intollerabilità delle immissioni acustiche sia lamentata invocando la disciplina civilistica, non è errato misurarne la soglia accettabilità facendo leva sulla normativa speciale a tutela di interessi della collettività. Il ragionamento da fare, infatti è il seguente: se l’immissione acustica è tale da pregiudicare la quiete pubblica, a maggior ragion essa, ove si risolva in una emissione sonora nell’ambito della proprietà del vicino – ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, al suo effetto dannoso – deve, per ciò solo, considerarsi intollerabile, ex art. 844 c.c. e, pertanto, illecita anche sotto il profilo civilistico”.

[5] cfr. Cass. Civ., Sez. VI, 28 luglio 2021, n. 21649; esse mirano a interessi pubblici operando in negativo nella relazione tra il singolo cittadino e la pubblica Amministrazione; Cass. Civ., Sez. II, 27 gennaio 2003, n. 1151

[6] L. 26 ottobre 1995, n. 477, d.p.c.m. del 14 novembre 1997, d.l. 30 dicembre 2008, n. 208 convertito in l. 27 febbraio 2009, n. 13.

[7] cfr. C. M. Scalia, Le immissioni di rumore: superamento della normale tollerabilità e danno risarcibile, in NGCC, 2016, 4, 558 ss. Secondo l’autrice, il rispetto della norma amministrativa non elide la tutela civilistica qualora il giudice ritenesse superata la soglia di tollerabilità. Tali norme di carattere pubblicistico sarebbero state emanate per tutelare la collettività e garantire la salute e la salubrità ambientale; nello stesso senso, Cass. Civ., Sez. III, 27 aprile 2015, n. 8474; S. Filippi, Immissioni intollerabili e risarcimento del danno non patrimoniale all’indomani della comunitarizzazione dei principi Cedu, in Resp. Civ., 2010, 4, 285 ss, per il quale l’art. 844 c.c. inerisce ai rapporti orizzontali ovverosia privatistici.

[8] cfr. Cass. Civ., Sez. III, 16 ottobre 2015, n. 20927; C. M. Scalia, op. cit.

[9] cfr. Cass. Civ., Sez. VI, 28 luglio 2021, n. 21649; nello stesso senso, Cass. Civ., Sez. II, 6 febbraio 2020, n. 2757 laddove il rispetto dei limiti di legge non rende automaticamente lecite le immissioni; ex multis, Cass. Civ., Sez. III, 14 marzo 2018, n. 6136; Cass. Civ., Sez. II, 1 ottobre 2018, n. 23754; Cass. Civ., Sez. III, 8 giugno 2016, n. 20198; Cass. Civ., Sez. II, 29 ottobre 2015, n. 22105; Cass. Civ., Sez. II, 12 maggio 2015, n. 9660.

[10] cfr. Cass. Civ., Sez. VI, 28 luglio 2021, n. 21649.

[11] cfr. Cass. Civ., Sez. II, 5 novembre 2018, n. 28201.

[12] cfr. Cass. Civ., Sez. VI, 28 luglio 2021, n. 21649.

[13] cfr. D. Covucci, Il danno non patrimoniale da immissioni intollerabili dopo le Sez. Un. 2008; alla ricerca del diritto inviolabile risarcibile, in NGCC, 2009, 9, 10893 ss.

[14] cfr. F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, XIX ed., ESI, 741 ss.

[15] cfr. N. Sapone, Immissioni: tranquillità domestica o diritto al riposo?, in NGCC, 2010, 6, 10588 ss

[16] il riferimento è alle sentenze gemelle di San Martino, Cass. Civ., Ss. Uu., nn. 26792-26795 del 2008 secondo le quali il danno esistenziale è risarcibile quando consegua alla lesione di un diritto inviolabile della persona, diverso dall’integrità psico-fisica.

[17] il danno biologico investe il bene salute che trova tutela all’art. 32 Cost.; il danno morale consiste invece nella sofferenza prodotta in conseguenza del reato, il cui risarcimento trova fondamento normativo nel combinato disposto degli artt. 185 c.p. e 2059 c.c.

[18] Cass. Civ., Sez. VI, 28 luglio 2021, n. 21649.

[19] cfr. S. Filippi, op. cit.

[20] cfr. N. Sapone, op. cit.

[21] cfr. C. M. Scalia, op. cit.

[22] cfr. Cass. Civ., Sez. II, 8 febbraio 2010, n. 5564; Cass. Civ., Sez. II, 10 novembre 2009, n. 23807.

[23] cfr. V. Carbone, Il diritto vivente delle «immissioni»: intollerabile è anche il danno alla tranquillità familiare pur se non si misura in decibel, in Danno e responsabilità, 2016, 1, 35 ss; si tratta di quel filone giurisprudenziale cui fanno capo Cass. Civ. Sez. III, 20 marzo 2012, n. 4394; Cass. Civ. Sez. II, 17 gennaio 2011, n. 939; Cass. Civ., Sez. II, 25 gennaio 2006, n. 1418.

[24] cfr. Cass. Civ., Ss. Uu., 1 febbraio 2017, n. 2611; vedi anche Cass. Civ., Sez. II, 28 agosto 2017, n. 20445; Cass. Civ., Ss. Uu., 23 febbraio 2013, n. 4848 che non aveva censurato il risarcimento di tale danno nel precedente grado di giudizio.

[25] vi sono alcune pronunce secondo le quali l’art. 844 c.c. potrebbe giustificare la tutela di diritti costituzionalmente garantiti: Cass. Civ., Sez. II, 2 aprile 2015, n. 6786; Cass. Civ., Sez. VI, 3 novembre 2014, n. 23419; Cass. Civ., Sez. II, 23 maggio 2013, n. 12828.

[26] cfr. C. M. Scalia, op. cit., che richiama Corte Cost., 23 luglio 1974, n. 247.

[27] Cass. Civ., Ss. Uu., 23 febbraio 2013, n. 4848; Trib. Catania, Sez. III, 19 marzo 2018, n. 1249; Cass. Civ., Sez. II, 2 giugno 2000, n. 7420; Cass. Civ., Ss. Uu., 15 ottobre 1998, 10186; cfr. V. Carbone, op. cit., 32.

[28] cit. Cass. Civ., Sez. VI, 28 luglio 2021, n. 21649.

[29] ciò si pone in linea con Cass. Civ., Sez. VI, 18 luglio 2019, n. 19434; Cass. Civ., Sez. II, 1 ottobre 2018, n. 23754; Cass. Civ., Sez. II, 28 agosto 2018, n. 20445; Cass. Civ. Sez. III, 19 dicembre 2014, n. 26899; Cass. Civ., Ss. Uu., 1 febbraio 2017, n. 2611; Cass. Civ., Ss. Uu., 11 novembre 2008, n. 26972. Diversamente, Cass. Civ., Sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23283; Cass. Civ., Ss. Uu., 27 febbraio 2013, n. 4848; Cass. Civ., Sez. III, 9 maggio 2012, n. 7048: in presenza del superamento della soglia di normale tollerabilità il danno è in re ipsa.

[30] cfr. Cass. Civ., Sez. III, 16 ottobre 2015, n. 20927.

[31] cfr. L. Daniele, Diritto dell’Unione Europea, Giuffrè, VI ed., 2018, 192 ss.

[32] cfr. C. M. Scalia, op. cit.; il riferimento è al caso Giacomelli contro Italia, Corte EDU 2 novembre 2006, c. n. 59909/00; il diritto di proprietà e il diritto al libero godimento della propria abitazione sono considerati quali diritti fondamentali secondo la giurisprudenza della Corte EDU.

[33] cfr. Corte Cost., sent. nn. 348 e 349 del 2007.

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