Sezioni Unite sul divieto di nuove prove in appello ex art. 345 c.p.c. in procedimento monitorio

Con la sentenza n. 14475 del 10 luglio 2015, le Sezioni Unite hanno chiarito, a composizione di contrasto, che, in tema di divieto di nuovi mezzi di prova in appello ex art. 345, comma 3, c.p.c.i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo non possono essere considerati nuovi, sicché, pur non prodotti nella fase di opposizione, ne è ammissibile l’allegazione con l’atto di appello.

Nel caso di specie, i documenti sui quali la Corte territoriale aveva fondato la decisione (fatture e buoni di consegna sottoscritti da chi ha ricevuto la merce) erano stati prodotti in allegato alla richiesta di decreto ingiuntivo, che venne emesso dal presidente del Tribunale in base a tali documenti. La società che chiese ed ottenne il decreto ingiuntivo non aveva tuttavia provveduto a depositarli nuovamente costituendosi nella fase di opposizione, allegandoli solo successivamente al ricorso in appello. Sussistendo sul tema un evidente contrasto giurisprudenziale, si trattava dunque di comprendere se tale produzione dovesse essere ritenuta innammissibile in applicazione della regola generale dettata dall’art. 345 c.p.c., 3° comma, c.p.c., per cui in appello non sono ammessi documenti nuovi.

Ebbene, secondo le Sezioni Unite, il principio generale per cui in appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova né nuovi documenti fissato dall’art. 345 c.p.c., induce a ritenere che i documenti devono essere nuovi rispetto all’intero processo: non devono, cioè, essere mai stati prodotti in precedenza. A tal riguardo, la stessa Corte di legittimità a Sezioni Unite qualificava, in una precedente pronuncia, come “‘nuovi’ i mezzi di prova la cui ammissione non sia stata in precedenza richiesta, senza sottodistinzioni” (Cass. SS.UU. n. 8203/2005).

Ne deriva che pertanto i documenti prodotti in allegato alla richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della controparte (quanto meno) sino alla scadenza del termine per proporre opposizione, in base a quanto disposto dall’art. 638 c.p.c., e quindi esposti al contraddittorio delle parti, non possono essere qualificati nuovi nei successivi sviluppi del processo.

Oltre al mero dato letterale, la conferma a tale interpretazione è chiaramente riscontrabile sia sul piano teleologico, dal momento che il divieto di proporre nuove prove in appello mira a limitare a situazioni del tutto circoscritte, idonee a giustificare il ritardo, la produzione di documenti sino a quel momento mai sottoposti al contraddittorio delle parti ed alla valutazione del giudice; sia sul piano sistematico, giacché i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata implicano che le prove acquisite al processo lo siano in definitiva: di conseguenza, i documenti, una volta prodotti ed acquisiti ritualmente al processo, devono essere conservati alla cognizione del giudice.

Sulla scorta di tale principio di “non dispersione della prova”, con riferimento al procedimento monitorio, i documenti allegati al ricorso, in base ai quali sia stato emesso il decreto, devono dunque rimanere nella sfera del giudice anche nella, eventuale, fase di opposizione, che completa il giudizio di primo grado.

A nulla vale, peraltro, quanto disposto dall’art. 638 c.p.c. laddove dispone che i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo “non possono essere ritirati fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto d’ingiunzione a norma dell’art. 641 c.p.c.“: in caso di opposizione, infatti, il procedimento monitorio si trasforma in giudizio a cognizione piena, che prosegue dinanzi allo stesso ufficio giudiziario (il che spiega peraltro la mancanza di una norma che espliciti la necessità della trasmissione del fascicolo d’ufficio), e la parte opposta non è libera di ritirare i documenti, dovendo essere in tal senso autorizzata dal giudice ex art. 169 c.p.c.. Il giudice, nel decidere dovrà perciò disporre di tutto il materiale prodotto, tanto nella richiesta di decreto ingiuntivo quanto nella fase di opposizione.

In conclusione, la Suprema Corte ha pertanto definito il seguente principio di diritto: “L’art. 345, terzo comma, c.p.c., nel testo introdotto dall’art. 52 della legge 26 novembre 1990, n. 353, deve essere interpretato nel senso che, i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo, anche qualora non siano stati nuovamente prodotti nella fase di opposizione, non possono essere considerati nuovi e pertanto, se allegati all’atto di appello contro la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili“.

(Corte di Cassazione, Sez. Unite civili, sentenza n. 14475 del 10 luglio 2015)

SCRIVI IL TUO COMMENTO

Scrivi il tuo commento!
Per favore, inserisci qui il tuo nome

quattordici + 13 =

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.