Sequestro giudiziario: ammissibilità in pendenza di concordato preventivo

in Giuricivile, 2019, 4 (ISSN 2532-201X), nota a Trib. Roma 13/08/2018

L’ordinanza in commento, in piena armonia con l’assetto normativo, riafferma l’inammissibilità del sequestro giudiziario in pendenza di richiesta di concordato preventivo.

Ragioni di logica espositiva rendono necessari ed opportuni, al fine di consentire al lettore una comprensione fondata della problematica affrontata dal giudice capitolino nell’ordinanza in commento, alcuni brevi cenni introduttivi sugli istituti coinvolti nella questione de qua.

Il concordato preventivo e la tutela dei creditori aziendali

Nella procedura di concordato preventivo, disciplinata nella III sezione della legge fallimentare dagli artt. 160 ss., la tutela dei creditori dell’imprenditore si concretizza in primis nella previsione di una percentuale minima da assegnare a quest’ultimi, essendo la c.d. fattibilità giuridica del concordato preventivo esclusa dalla suprema corte nomofilattica[1] in caso di valutazione negativa della possibilità di realizzazione di tale soglia minima di ristorazione delle posizioni creditizie, e in secondo luogo nella procedura di  voto sull’omologazione del piano di concordato preventivo.

Qualità di elemento di fondamentale importanza per la risoluzione della questione a base del presente articolo riveste la procedura di voto dei creditori ammessi sulla fattibilità del piano concordatario elaborato dall’imprenditore, e più specificamente la procedura di ammissione dei singoli creditori o di soggetti che si affermano tali. Premesso che il concordato viene approvato, ai sensi degli artt. 174 ss L. fall., con voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto, e ove siano previste diverse classi di creditori, con maggioranza favorevole nel maggior numero di classi, cruciale importanza per la tutela dei diritti dei singoli creditori riveste l’ammissione a tale voto e la conseguenziale possibilità di impedire, alla luce di quanto supra esposto, l’eventuale approvazione del concordato. La peculiarità della disciplina del concordato preventivo rispetto alla disciplina del fallimento infatti è infatti individuabile proprio nel fatto che il passivo viene formato, in un primo momento, dal debitore stesso, e viene poi integrato, tuttavia senza provvedimento di accertamento giudiziale, da parte del commissario giudiziale e infine dal giudice delegato in sede di ammissione dei creditori al voto ex art. 177 L.fall.

La natura di creditore del soggetto che si affermi proprietario di un determinato bene in possesso altrui

Il termine creditore nel nostro ordinamento indica il soggetto attivo in un rapporto di obbligazione, cioè il soggetto titolare di una determinata pretesa, mentre il termine debitore indica il soggetto passivo del già menzionato rapporto, obbligato ad eseguire la prestazione dovuta. Per quanto riguarda la prestazione come oggetto dell’obbligazione, essa può consistere in un facere, in un non facere o infine in un dare. Rilevante per il presente commento risulta specialmente la prestazione consistente in un dare, a sua volta suddivisibile in un dare di beni fungibili, le c.d. obbligazioni di genere, e in un dare di beni infungibili, le c.d. obbligazioni di specie. L’ obbligo di restituire una somma di denaro è così qualificabile come obbligo a dare un bene fungibile, l’obbligo di restituire un determinato bene unico a sua volta qualificabile come obbligo di dare un bene infungibile. Si può dunque concludere che un soggetto che si affermi proprietario di un determinato bene in possesso di altro soggetto e di conseguenza agisca per ottenere la restituzione del bene e in via cautelare il sequestro giudiziario sul bene controverso, alla stregua di quanto supra esposto in tema di definizione giuridica del rapporto obbligatorio tra due soggetti, vanta nei confronti del detentore una pretesa consistente in un’obbligazione di specie, e assume di conseguenza inevitabilmente la qualifica di creditore.

L’ammissibilità di creditori, seppur contestati, alla procedura de qua

Mentre la tutela del creditore pretermesso nella procedura di concordato preventivo, anche alla luce della sicuramente in parte deficitaria pubblicità richiesta all’ imprenditore che intende avvalersi della procedura de qua, costituisce problematica autonoma da trattare in altra sede, quel che rileva per la soluzione della problematica trattata dall’ordinanza in commento è l’ammissibilità di soggetti a conoscenza della procedura di concordato preventivo che si affermano creditori dell’imprenditore, pur essendo tale credito non riconosciuto e/o esplicitamente contestato. Seguendo l’iter prescritto dalla L.fall., il primo soggetto obbligato ad incorporare o per lo meno tener conto dei predetti asseriti creditori nella sua proposta di concordato è proprio l’ imprenditore stesso, che può a tal fine creare un apposita classe di creditori o semplicemente stanziare determinate somme per il soddisfacimento di tali pretese ove si dovessero rivelare fondate. Ove invero l’imprenditore abbia omesso di tener debito conto di tali elementi di alea, l’obbligo di valutare le pretese de qua passa al commissario giudiziale, e infine al giudice delegato sino al momento della votazione sul piano concordatario de quo, fermo restante l’obbligo di ponderata valutazione del credito preteso, onde evitare l’ ammissione di crediti meramente speculativi in quanto sprovvisti prima facie di qualsivoglia fondamento, in quanto un indiscriminata ammissione di crediti contestati porterebbe inevitabilmente alla fattuale impossibilità di espletamento della procedura concordataria. L’asserito creditore, ove anche il giudice delegato dovesse ritenere infondata la sua pretesa di ammissione alla votazione, ha la possibilità di impugnare il decreto di omologazione. Il tribunale fallimentare infine, verificata la situazione di incertezza del credito non del tutto infondato, provvederà a norma dell’art. 180 co 6 L.fall ad accantonare le somme necessarie al fine del soddisfacimento della quota o dell’intera somma dovuta spettante all’ asserito creditore, da versare a quest’ultimo in caso di accertamento del credito vantato.

La genesi dell’art. 168 L.Fall.

L’ art. 168 L.Fall, al comma 1, sancisce il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari in pendenza di concordato preventivo e sino alla sua omologazione: ” Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore [al decreto] non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”

Tale comma originariamente prevedeva un divieto espresso solo per le misure esecutive sul patrimonio del debitore, non essendosi il legislatore dell’epoca curato di comprendere esplicitamente nell’ambito di tale divieto anche le misure cautelari. La giurisprudenza prevalente però, nel solco della dottrina maggioritaria, ampliava anche già ante D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134, in armonia con la normativa sul fallimento e l’impostazione generale della legge fallimentare, l’applicabilità del divieto di cui all’ art. 168 L.fall. alle misure cautelari. Invero, mentre risultava pacifica l’inammissibilità del sequestro conservativo, in quanto finalizzato a trasformarsi in misura esecutiva e di conseguenza inammissibile già in forza del divieto di misure esecutive, parte della giurisprudenza riteneva ammissibile il sequestro giudiziario, in quanto apparentemente posto a tutela di interessi estranei al patrimonio del debitore e dunque non ricompreso nel divieto di cui all’ art. 168 L.fall. Il legislatore, avvertita la lacuna legislativa e la conseguenziale discrepanza di applicazione della disciplina del concordato preventivo nel 2012 si è preoccupato ed eliminare definitivamente il contrasto giurisprudenziale e dottrinale, introducendo con D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134 nel comma de quo le parole “e cautelari”, armonizzando la disciplina del concordato preventivo con quella del fallimento.

Tuttavia, anche in vigenza del nuovo art. 168 L.fall. si registrano tendenze ad ammettere, con le più varie motivazioni e ricostruzioni, la misura cautelare del sequestro giudiziario anche in pendenza di omologazione del piano concordatario.

Sul caso de quo

Il caso sottoposto all’ esame del giudice capitolino è quello della società Alpha che, in qualità di concedente, aveva intrattenuto con la società Beta und rapporto di concessione senza esclusiva per la vendita di automobili, rapporto che comportava la vendita con riserva di proprietà alla società Beta. Essendo quest’ultima e l’intero gruppo societario di cui fa parte poi incorsi in serie difficoltà economiche, la società Alpha chiedeva l’immediata restituzione delle vetture gravate da riserva di proprietà e giacenti presso la società Beta. Istauratosi il processo di cognizione vertente sull’accertamento della proprietà delle macchine oggetto della controversia, la società Alpha chiedeva, in pendenza di procedura di concordato preventivo a favore della società Beta, sequestro giudiziario delle macchine de qua. Il giudice capitolino, precisando che la locuzione “creditori”, in conformità alla pacifica elaborazione dottrinale e giurisprudenziale in materia, comprende non solo creditori di somme di denaro, bensì “ogni soggetto che sia (o si affermi) creditore di una qualsiasi prestazione, positiva (consistente in un dare o un facere) o negativa (consistente, invece, in un’astensione o un pati).”, e ritenendo di conseguenza applicabile il divieto di cui all’ art. 168 L.fall. all’ ipotesi di sequestro giudiziario, essendo la società agente sicuramente qualificabile come creditore e le macchine oggetto del procedimento sicuramente da considerare patrimonio del debitore inteso come insieme complessivo di beni nella disponibilità del debitore, comprensivo necessariamente anche dei beni contestati, il giudice capitolino ha dichiarato la misura cautelare del sequestro giudiziario inammissibile in pendenza di concordato preventivo.

Conclusione

Con la decisione di cui supra il tribunale adito ha adottato la soluzione a parere dello scrivente più conforme al nostro ordinamento giuridico nonché ai principi costituzionali che lo sorreggono, in quanto l’ammissibilità del sequestro giudiziario andrebbe a ledere, assieme alla par condicio creditorum, tutta una serie di diritti degli altri creditori e dell’imprenditore stesso, nonché infine del principio basilare di non discriminazione. Infatti l’ ammissibilità del sequestro giudiziario, tutt’oggi, in palese violazione del disposto letterale normativo, ammesso da parte della giurisprudenza, porrebbe un asserito creditore di una prestazione infungibile di dare, tra l’altro sempre riconducibile a una somma di denaro sostitutiva liquidabile a titolo di risarcimento del danno per equivalente, in palese posizione di favore rispetto agli altri creditori del medesimo debitore, dovendosi il creditore di una somma di denaro, salva la facoltà di votare contro il piano concordatario, accontentare della procedura del concordato e le tutele in essa previste a suo favore, mentre al creditore di un obbligo di restituzione spetterebbe il sequestro come via di autotutela del suo esclusivo interesse. Invero, all’ asserito creditore è riconosciuta ampia tutela all’ interno della disciplina sul concordato preventivo, che da un lato gli dà la possibilità di registrare il suo preteso credito nel passivo e partecipare alla votazione di cui all’ art. 174 L.fall., e dall’ altra non vieta comunque alcuna azione di cognizione, pacificamente proseguibile anche in pendenza del concordato, che, ove venisse accertata la proprietà del bene contestato, permetterebbe al creditore l’ esecuzione dell’ obbligo di restituzione anche in pendenza di concordato, andando la sentenza, in ossequio a quanto previsto dall’ art. 2909 c.c., a modificare la realtà giuridica dei soggetti coinvolti, sottraendo nel caso de quo definitivamente il bene dalla sfera di proprietà del debitore e conseguenzialmente anche dalla sfera di protezione costituita a favore di quest’ultimo dall’ art. 168 L.fall.

Concedere a un asserito creditore di un obbligo di restituzione tutela individuale costituita dal vincolo del sequestro giudiziario nell’ ambito di una disciplina come quella del concordato preventivo, ispirata dal sostegno del nostro ordinamento per le imprese e il divieto generale di discriminazione in forza del quale ai creditori non privilegiati va garantita equa tutela, porterebbe all’ inevitabile impossibilità di esito positivo di qualsivoglia tentativo di concordato preventivo in quanto ogni creditore potrebbe vincolare i beni pretesi impossibilitando l’ imprenditore dall’ elaborare un piano concretamente realizzabile. Va a tale riguardo segnalato che dopo la riforma della disciplina fallimentare non appare più accettabile l’impostazione che individuava nella par condicio creditorum l’unico interesse tutelato dalla disciplina de qua, essendo la possibilità di elaborazione di un piano di concordato, sia esso liquidatorio o di risanamento, disposta anche a favore dell’autonomo e distinto interesse dell’imprenditore ad ottenere l’esdebitazione o risanare l’impresa.

Non appare inoltre condivisibile la tesi che giustificherebbe l’ ammissibilità del sequestro giudiziario su base della tutela dell’ asserito diritto di proprietà del creditore, in quanto, a prescindere dal fatto che la proposizione di domanda giudiziale non equivale a accertamento del diritto preteso e che una volta accertata la proprietà il creditore la può far valere contro chiunque sia in possesso del bene, nessuna norma dell’ ordinamento classifica le obbligazioni ponendo le obbligazioni di fare in posizione di prevalenza sulle obbligazioni pecuniarie, con la conseguenza che risulta né concepibile, né giustificabile un trattamento diverso di creditori di un obbligazione di restituzione e di creditori di un obbligazione di pagamento di una somma di denaro in chiave di tutela nell’ambito della disciplina del concordato preventivo. Inoltre, appare assurdo, viste le garanzie e tutele già poste a disposizione dell’asserito creditore e considerata la fondamentale ed onnipresente necessità di bilanciamento tra interessi contrapposti nel nostro ordinamento giuridico, lasciare sprovvisto di qualsivoglia tutela il diritto costituzionalmente garantito di proprietà dell’imprenditore, che anche ove alla fine di un notoriamente lungo processo civile dovesse emergere vincitore, si troverebbe comunque dinanzi alle macerie della sua impresa, non potendosi di norma sospendere la procedura di concordato preventivo e l’eventuale fallimento sino alla risoluzione della controversia sulla proprietà di determinati beni in possesso dell’ imprenditore.

Infine, ulteriore livello di tutela è concesso al creditore dall’ art. 167 L. fall, che limita la disponibilità dei beni dell’imprenditore, sottoponendoli al vaglio del commissario giudiziale.

Si può dunque concludere che un soggetto che si affermi proprietario di un determinato bene in possesso di imprenditore aderente alla procedura de qua risulta, alla luce di quanto supra esposto, ampiamente tutelato nel suo asserito diritto di proprietà dalla normativa applicabile, e di conseguenza non può essergli concesso strumento di autotutela in forma della misura cautelare del sequestro giudiziario, essendo quest’ultimo nell’ambito della procedura de qua non solo palesemente pleonastico, ma inoltre profondamente lesivo delle finalità della procedura di concordato preventivo e della ratio legis che le sorregge.


[1] Cassazione Sez. Un. Civili 23 gennaio 2013n1521

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