Quando i coniugi si separano o divorziano e la coppia ha dei figli ancora minorenni o economicamente non autonomi, il coniuge non collocatario (ossia colui che, dopo la separazione, non vive stabilmente con la prole) ha il dovere di contribuire al mantenimento dei figli mediante il pagamento di un importo mensile – quantificato in base a vari parametri – detto “assegno di contributo al mantenimento”.
Tuttavia l’assegno di contributo al mantenimento non copre tutte le spese che il coniuge collocatario (ossia colui che, dopo la separazione, vive stabilmente con i figli) si trova a dover sostenere nell’interesse della prole: esistono, difatti, alcune spese – dette “straordinarie” – che debbono essere rimborsate, solitamente nella misura del 50%, dal coniuge non collocatario, in aggiunta al versamento dell’assegno.
Ciò in quanto l’assegno di contributo al mantenimento è utile a far fronte alle esigenze primarie della prole (cibo, vestiario, uscite con gli amici…), ma non copre quelle spese che non possono essere facilmente previste e preventivate: è difficile prevedere quante volte il bambino si ammalerà e avrà bisogno del medico; e ancora, non è sempre agevole prevedere se il figlio avrà necessità di andare a ripetizione o frequentare il doposcuola o acquistare un particolare libro scolastico.
Purtroppo, però, il Legislatore non è mai intervenuto a chiarire, in via definitiva ed esaustiva, quali siano le spese straordinarie non coperte dell’assegno di contributo al mantenimento; di conseguenza ci sono casi in cui non è possibile stabilire con certezza se una determinata spesa sia qualificabile come “straordinaria” e, quindi, debba essere rimborsata pro quota dal genitore non collocatario: è il caso, ad esempio, delle spese sostenute dalla madre per l’acquisto del materiale scolastico del figlio… tale spesa è compresa nell’assegno versato dal padre, oppure il padre dovrà rimborsarla, per il 50%?
L’assenza di un criterio universale per qualificare le spese straordinarie
Questa incertezza non fa altro che alimentare i contenziosi: da un lato, i genitori collocatari pretendono che tali spese vengano qualificate come “straordinarie”, per ottenerne il rimborso; dall’altro lato i genitori con collocatari pretendono che dette spese siano qualificate come “ordinarie”, e quindi già comprese nell’assegno di mantenimento. Dirimere la questione è piuttosto complicato e, pertanto, si ricorre sempre più spesso allo strumento della separazione (o divorzio) giudiziale, lasciando che sia il Giudice a decidere come qualificare le spese sostenute in favore dei figli, concedendo – o meno – il diritto al rimborso.
Anche dopo la separazione (o il divorzio), qualora sorgano questioni tra gli ex coniugi relativamente al rimborso delle spese straordinarie, ci si trova costretti ad adire l’Autorità Giudiziaria, in genere avviando una causa di recupero del credito avente ad oggetto le spese che il genitore non collocatario non intende rimborsare. Così operando, però, si rischia di sovraccaricare di lavoro i Tribunali, con tutte le ripercussioni immaginabili sulla durata dei processi; senza contare che tale situazione di incertezza rende difficoltoso anche il lavoro del Giudice, stante l’assenza di un criterio universale per qualificare una spesa come “straordinaria”.
Protocolli d’Intesa per la regolamentazione delle spese straordinarie
Presa coscienza di tale situazione, alcuni Tribunali d’Italia stanno elaborando dei Protocolli d’Intesa con gli Ordini degli Avvocati, per la regolamentazione delle spese straordinarie. Tali Protocolli elencano in maniera esaustiva le spese straordinarie che debbono essere rimborsate pro quota dal coniuge non collocatario, suddividendole tra:
- a) spese scolastiche/mediche/extrascolastiche che debbono essere rimborsate solo se previamente concordate da entrambi i genitori;
- b) spese scolastiche/mediche/extrascolastiche che debbono essere rimborsate a prescindere dal previo accordo tra i genitori.
Tutte le spese debbono, in ogni caso, essere documentate: il genitore che chiede il rimborso deve, cioè, esibire all’altro coniuge i giustificativi di tali spese.
Ad esempio, tra i Protocolli in uso in Lombardia vanno menzionati: il Protocollo di Bergamo, il Protocollo di Milano e il recentissimo Protocollo di Lecco, datato 29 marzo 2018.
In altre parole, con riferimento ai protocolli citati, per tutti i coniugi che, dall’aprile 2018 in avanti, otterranno una sentenza di separazione o divorzio presso il Tribunale di Lecco, pertanto, verrà applicato il Protocollo di Lecco per la regolamentazione del rimborso delle spese straordinarie a carico del coniuge non collocatario della prole: in questo modo, già prima di intraprendere il giudizio di separazione o divorzio, i coniugi sapranno come verrà disciplinato il rimborso delle spese extra assegno di mantenimento e, quindi, la vexata quaestio “spese straordinarie” non sarà più oggetto di lite.
Non solo, il Protocollo di Lecco costituisce un importante passo avanti per quanto riguarda talune spese che storicamente i giudici consideravano comprese nell’assegno di mantenimento. Il riferimento è, per fare solo qualche esempio:
- a) alle spese per corsi di recupero e/o sostegno connessi a disagi quali DSA e BES, che danno diritto al rimborso anche se non previamente concordate tra i genitori;
- b) alle spese per il trasporto pubblico dall’abitazione all’istituto scolastico e viceversa, che non richiedono il previo accordo;
- c) alle spese per baby-sitter che, invece, devono essere previamente concordate per dare diritto al rimborso.
Per consultare un esempio di Protocollo d’intesa per le spese straordinarie, si segnala il Protocollo di Lecco, disponibile online sul sito del Tribunale.
I prossimi mesi ci diranno se l’adozione di tali Protocolli contribuirà alla riduzione delle separazioni e dei divorzi giudiziali, con conseguente diminuzione del carico di lavoro del Tribunale.