La moneta fallimentare, o concorsuale, ha rappresentato fino ad ora solo un modo per definire i diritti dei creditori nelle procedure fallimentari. Ma nella lettera del testo approvato, prima alla Camera e poi al Senato, l’11 ottobre 2017, che delega al Governo i poteri per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza (c.d. riforma del fallimento), si evince un cambio di volto per questa dicitura e definizione. Una metamorfosi sostanziale più che formale.
La legge delega n. 155/2017 e la moneta fallimentare
Con la Legge delega n. 155/17 del 19 ottobre 2017, pubblicata in GU n. 254 del 30 ottobre 2017, la “moneta fallimentare” potrebbe rappresentare un nuovo metodo per gestire il rischio che i beni degli imprenditori falliti non riescano ad essere venduti per pagare i debiti. Un rischio che frustra l’intera procedura fallimentare e le legittime aspettative delle parti.
La crisi economica in atto comporta infatti l’insorgere di un vero e proprio problema, consistente nel dover trovare degli acquirenti per i beni delle imprese, così da trasformare il loro valore in liquidità.
Se non vi è certezza dei pagamenti e degli adempimenti e se gli sforzi del sistema giuridico di porre rimedio alla mancanza di denaro non danno sicurezza per il recupero di quanto spetta ai creditori, certo si spinge l’economia all’immobilismo: troppi rischi equivalgono, infatti, all’aumento dei tassi di interessi e alla possibilità che gli operatori economici vengano esclusi dai processi del mercato (si pensi ai mutui e in generale alla concessione di termini lunghi per la riscossione dei crediti).
Proprio a queste problematiche si è deciso di rispondere dando un nuovo senso al concetto di pagamento e di moneta, almeno nel campo delle procedure fallimentari. Nelle intenzioni del Legislatore lo strumento di adempimento perfetto degli obblighi non è più la sola moneta avente corso legale, ma anche un titolo avente un valore nella sola fase della liquidazione.
All’articolo 1, comma 1, del testo in commento si legge che: “Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e criteri direttivi di cui alla medesima legge, uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e della disciplina sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, nonché per la revisione del sistema dei privilegi e delle garanzie.”
Ci si dedicherà, qui, in particolare all’inserimento di una delega specifica in materia di trasparenza ed efficienza delle operazioni di liquidazione; in particolare all’articolo 7, comma 9, del testo licenziato si legge che: “l’obiettivo della massima trasparenza ed efficienza delle operazioni di liquidazione dell’attivo della procedura è perseguito:
- a) introducendo sistemi informativi e di vigilanza della gestione liquidatoria, caratterizzati da trasparenza, pubblicità e obblighi di rendicontazione;
- b) garantendo la competitività delle operazioni di liquidazione nell’ambito del mercato unitario telematico nazionale delle vendite, caratterizzato:
- 1) dalla presenza di un ente che certifichi la ragionevole probabilità di soddisfazione dei crediti insinuati al passivo di ciascuna procedura aderente al sistema;
- 2) dalla presenza di un operatore del sistema di regolamento e di compensazione;
- 3) dal riconoscimento, ai creditori che ne facciano richiesta, di un titolo che li abiliti a partecipare alle vendite dei beni in misura proporzionale alla probabilità di soddisfazione del loro credito, certificata dall’ente di cui al numero 1);
- 4) dalla presenza di uno o più fondi per la gestione dei beni invenduti;
- c) introducendo misure volte a garantire all’insolvente i diritti di informazione, accesso e partecipazione, prevedendo che, fatte salve le eventuali limitazioni motivatamente e specificamente fissate dal giudice delegato, all’insolvente medesimo sia assicurata l’informazione sull’andamento della procedura e che lo stesso abbia diritto di accesso agli atti della procedura non coperti da segreto, con possibilità di prenderne visione e di estrarne copia.”
Pagare i debiti senza denaro
Nell’arco della vita di un’impresa è naturale che questa veda la sua economia costruirsi sull’alternanza del credito e del debito. Non parliamo qui solo di denaro, ma anche e principalmente delle attività e dei beni che fanno capo all’impresa. Perchè questa possa giungere al suo obiettivo economico (cosiddetto business) deve offrire delle prestazioni al pubblico e spesso per farlo è necessario che utilizzi i servizi offerti da altre imprese. È questa, in estrema sintesi, la logica del mercato. La massa di beni e servizi che circola nel sistema è il cuore pulsante dell’economia, che si esprime principalmente con lo scambio di beni e titoli di pagamento.
E quando l’impresa non può più saldare i propri debiti? Si entra, allora, nello stato di insolvenza, ovvero nella situazione in cui non si è più in grado di pagare quanto si era promesso.
Per il sistema sociale tale situazione è inaccettabile, non permettendo al mercato di continuare a crescere. È per questo che il diritto interviene con le procedure concorsuali, ovvero dei sistemi che traghettano l’impresa debitrice in uno stato di economia funzionalmente indirizzata al pagamento delle obbligazioni assunte e quindi al pagamento dei debiti.
La crisi delle aste giudiziarie e il sistema common
La crisi economica, che da anni interessa gli Stati, si sta riversando anche nei tribunali e, per quanto qui di interesse, nelle aste pubbliche. Non sono molti coloro che acquistano tramite le aste e ciò si riflette ovviamente anche sulla scarsa soddisfazione degli stessi creditori che a loro volta alimentano la catena dell’insolvenza a causa dell’insuccesso nella riscossione del credito.
Al problema si cerca di dare una soluzione attraverso l’introduzione del cosiddetto sistema Common, ovvero della moneta fallimentare.
I tempi del processo, soprattutto per le procedure concorsuali, sono estremamente lunghi e non rassicurano gli imprenditori. Per questo è stato creato il cosiddetto progetto Common.
Il progetto Common (Competition Money)
Il Common (Competition Money), così come si intravede nella legge delega, dovrebbe rappresentare una moneta virtuale che potrà essere utilizzata da imprese e cittadini con crediti paralizzati nelle procedure concorsuali. Per tale ragione, per la sua spendibilità nelle procedure di fallimento, assume il nome di moneta fallimentare. Questa nuova creazione si accompagna alla costituzione di un mercato elettronico nazionale dove presentare al pubblico i beni acquistabili con essa. I creditori in attesa di liquidazione potranno così sperare di vedere i loro crediti trasformati in un titolo, un documento che potrà essere scambiato per acquistare beni utili nelle aste giudiziarie.
In sostanza si tratta di un modo per moltiplicare le possibilità di vedere soddisfatto il proprio diritto ad essere pagati, oltre che un modo per agevolare gli imprenditori falliti che vogliano nuovamente immettersi sul mercato, dando loro una possibilità maggiore di solvenza.
Il termine per provvedere col decreto delegato è scaduto, ma il Governo ha da poco (l’otto novembre scorso) approvato uno schema di decreto legislativo. I vantaggi di questa nuova visione del procedimento fallimentare sono palesi e certo meritevoli di essere presi in considerazione, tuttavia non sembra che si sia dato corso a tale ordine di idee.