Il tema della responsabilità precontrattuale della p.a. è stato da sempre oggetto di dibattiti dottrinali e giurisprudenziali sotto diversi aspetti.
Da ultimo, le questioni maggiormente discusse, culminate con la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 5 del 2018, hanno riguardato, perlopiù, l’individuazione del momento durante il quale può venire in rilievo la responsabilità in questione e, conseguentemente, il suo accertamento e il danno risarcibile.
I quesiti e gli orientamenti giurisprudenziali contrastanti
In particolare i quesiti sollevati con ordinanza di rimessione dalla terza sezione del Consiglio di Stato sono stati essenzialmente due, ossia
- se sia configurabile una responsabilità precontrattuale verso i soggetti che non sono aggiudicatari ma che hanno partecipato solamente alla fase di evidenza pubblica diretta all’individuazione del contraente
- e, in caso di risposta affermativa, se la stessa riguardi comportamenti dell’amministrazione che precedono la fase di emanazione del bando o se involga, altresì, l’intera durata della gara.
Secondo un primo orientamento, l’impossibilità di una risposta affermativa alle domande anzidette si fonda sull’assunto che prima dell’aggiudicazione il partecipante sia terzo rispetto alla relazione contrattuale che la P.A. instaurerà con il vincitore, rilevando proprio che solo con la conclusione della procedura ad evidenza pubblica inizia quel rapporto “individualizzato” dal quale originano i doveri di correttezza e buona fede ex 1337 c.c..
La tesi restrittiva sostiene che con l’aggiudicazione si ingenera quell’affidamento legittimo circa la conclusione del contratto, il privato potendo allora, sì, lamentare il mancato addivenire della pattuizione, per effetto dell’esercizio di poteri di autotutela da parte della p.a. sugli atti di gara.
La posizione in commento rifiuta la possibilità che da una relazione indistinta nasca una responsabilità precontrattuale in senso tecnico-giuridico e, qualora si ammettesse, comunque protenderebbe per una lettura riduttiva dell’ambito applicativo dell’istituto riguardante solo la fase anteriore al bando di gara, quindi includendo i soli comportamenti ivi tenuti.
Opposta all’orientamento descritto la tesi secondo cui giungere a qualsivoglia lettura riduttiva dell’ambito applicativo della responsabilità precontrattuale significherebbe non riconoscere la posizione privatistica che riveste la P.A. ovvero limitarne le conseguenze che da essa discendono, in entrambi i casi generando un vulnus al principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione.
La decisione dell’Adunanza Plenaria
Orbene, tra le due strade percorribili, l’Adunanza Plenaria perlustra la prima ma sposa la seconda, come – del resto – la dottrina maggioritaria si aspettava.
Il massimo Consesso della giustizia amministrativa individua, infatti, l’ipotesi restrittiva come maggiormente conferente alla responsabilità contrattuale ex art. 1337 c.c. da un punto di vista letterale, la norma in esame richiamando testualmente “le parti”e la “trattativa” negoziale.
Tuttavia, la giurisprudenza rileva come il significato originario della responsabilità precontrattuale, quale istituto posto a tutela della conclusione di un contratto valido, sia stato, se non superato, comunque affiancato da una funzione ulteriore, a seguito dell’entrata in vigore della Carta Fondamentale.
Il Consiglio di stato mette in luce, infatti, la correlazione tra il dovere di correttezza e la libertà di autodeterminazione contrattuale, espressione della libertà di iniziativa economica, la buona fede tutelando – altresì – il diritto di “scegliere” senza essere condizionati da comportamenti sleali e pregiudizievoli.
A prescindere da questo “nuovo legame” impeditivo già da solo all’affermazione della tesi restrittiva, ci sono, poi, ulteriori argomenti a sostegno dell’orientamento che allarga le maglie applicative dell’istituto in commento, messi in luce, soprattutto, da diverse sentenze della Cassazione che l’Adunanza Plenaria richiama, tra i quali, non può non menzionarsi, l’esistenza nell’ordinamento vigente di tre diversi modelli di responsabilità precontrattuale.
Invero, accanto all’archetipo per così dire “classico”, ossia quello della responsabilità precontrattuale da mancata stipulazione, delineato dall’art. 1337 c.c., si affianca quello da stipulazione inutile ex art. 1338 c.c., nonché un ulteriore, da pattuizione pregiudizievole, che trova fondamento normativo nel dolo incidente, ex art. 1440 c.c. e che viene ad esistenza alla luce della teoria che distingue le regole attizie da quelle di responsabilità
Proprio la distinzione de qua è da tenere a mente quando si valuta l’agere della P.A. nell’ambito dello svolgimento dell’evidenza pubblica in quanto, in un ambito affine, quello del procedimento ex l. 241 del 1990, la giurisprudenza ha affermato, pacificamente e più volte, che assieme alle norme di natura pubblicistica che generano invalidità, l’amministrazione è tenuta al rispetto del dovere buona fede, la cui violazione dà la stura a responsabilità.
Nell’ipotesi anzidetta non c’è una trattativa, non è detto che il destinatario del provvedimento sia un soggetto solo, eppure è richiesto all’autorità procedente di comportarsi secondo correttezza, dal momento che la stessa intrattiene una relazione qualificata.
Del resto, seppur si volesse escludere la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione per mancanza di un rapporto qualificato con i partecipanti, non mancano casi, ricorda l’Adunanza Plenaria, in cui la giurisprudenza ha ravvisato la sussistenza dell’anzidetta responsabilità in capo al terzo o comunque al soggetto estraneo alla conclusione positiva della trattativa inter alios.
Si tratta di ipotesi in cui colui che non è parte della relazione contrattuale è tenuto comunque a svolgere la propria attività in ossequio al dovere solidaristico ex art. 2 Costituzione, onde evitare l’altrui lesione della libertà di autodeterminazione.
Si pensi a titolo esemplificativo alla responsabilità del patrocinante per quanto dichiarato nelle c.d. lettere di patronage, alla responsabilità dei revisori da prospetto non veritiero, nonché a quella degli intermediari finanziari, delle banche, degli amministratori, stante il di loro status di professionisti.
Oltre a questo progressivo ampliamento di matrice giurisprudenziale, una serie di norme dimostrano, poi, come l’osservanza della buona fede sia riferibile alla P.A. anche quando la stessa agisca in veste precipuamente autoritativa, quali ad esempio l’art. 10 dello Statuto del contribuente del 2000 che sancisce il dovere di leale collaborazione, e l’art. 2 bis co. 1 della l. 241 del 1990.
Come noto, quest’ultima disposizione enunciata consente la risarcibilità del mero ritardo a prescindere dalla spettanza del bene della vita sotteso alla posizione di interesse legittimo su cui incide il provvedimento adottato tardivamente, dando rilievo, così, ad un danno da comportamento scorretto.
Infine, l’Adunanza Plenaria esclude che possa esser bastevole ai fini dell’accoglimento della tesi restrittiva, la qualificazione del bando di gara alla strega di un’offerta al pubblico, alla quale non si potrebbe applicare l’art. 1328 primo comma del codice civile.
La disciplina anzidetta onera colui che revoca una proposta individualizzata ad indennizzare la controparte che in buona fede ha intrapreso l’esecuzione del contratto, prima di aver notizia della revoca, per le consequenziali spese sostenute e perdite subite.
In disparte l’applicabilità o meno della norma richiamata all’offerta al pubblico, questione che la giurisprudenza ricorda come ancora aperta, infatti, in tali casi, la giurisprudenza mette in evidenza come quanto dovuto dal revocante alla controparte sia a titolo di indennizzo a seguito di comportamento perfettamente lecito, non di responsabilità derivante da scorrettezza.
L’argomento richiamato non è stato ritenuto dunque sufficiente al punto da poter preferire la tesi restrittiva in definitiva recessiva, altresì, in virtù del quadro giurisprudenziale e normativo fin qui esposto.
Conclusioni
Non può che concludersi la trattazione richiamando un passaggio molto importante della pronuncia esaminata, che consente di affrontare in chiusura gli ulteriori aspetti toccati dal Consiglio di Stato, ossia l’accertamento della responsabilità in commento e il danno risarcibile.
In particolare nella sentenza citata in epigrafe si legge che la P.A. risponde delle lesioni cagionate agli operatori economici da comportamenti contrari a buona fede avvenuti prima dell’emanazione del bando e durante tutta la fase dell’evidenza pubblica, poiché, pur mancando una fase di trattativa, viene comunque in rilievo un rapporto capace di generare affidamenti legittimi e aspettative ragionevoli.
Nell’ambito di questa relazione e a seconda, proprio, della sua intensità e pregnanza si deve distinguere, poi, se la correttezza rilevi come mera modalità comportamentale riconducibile al generale dovere del neminem leadere o se al contrario sia una vera e propria obbligazione nascente da “contatto sociale qualificato”, in quanto conseguentemente differente è la qualificazione della responsabilità dell’amministrazione, con tutto ciò che ne deriva in materia di onere probatorio.
In entrambi i casi, la verifica della sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie che viene in rilievo deve essere effettuata in concreto, ed il risarcimento riconosciuto deve essere limitato all’interesse negativo, fatta eccezione all’ipotesi di responsabilità precontrattuale da contratto pregiudizievole, in cui può essere riconosciuto al paciscente, che lo dimostri, il c.d. interesse positivo virtuale dato dalla differenza tra l’utilità che avrebbe potuto ricavare senza il comportamento sleale e quella effettivamente derivante negozio concluso con l’amministrazione.