Il comodato d’uso, disciplinato dagli artt. 1803 ss. c.c., è il contratto con il quale una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile affinché quest’ultima se ne serva per il tempo determinato o per l’uso pattuito, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta e senza essere tenuta a pagare alcun corrispettivo.
1. Gli elementi del contratto di comodato d’uso
La realità
L’art. 1803 c.c. fa specifico riferimento alla consegna della cosa mobile o immobile.
Da ciò si può desumere la natura reale del contratto in esame.
Conseguenza della realità è il carattere non vincolante della promessa del contratto di comodato: per conferire rilievo giuridico all’intento del promittente di obbligarsi è pertanto sempre necessario il requisito della traditio del bene.
Vi sarebbe altrimenti un’incongruenza tra l’imporre alle parti un onere di consegna del bene in sede di perfezionamento del contratto definitivo e il consentire alle medesime di prescinderne in sede di conclusione del corrispondente contratto preliminare di comodato d’uso. [1]
In ogni caso, sebbene il solo accordo non sia sufficiente a vincolare le parti, ad esso possono comunque essere ricollegate conseguenze giuridiche.
A norma dell’art. 1337 c.c., infatti, le parti hanno l’obbligo di comportarsi secondo buona fede nella fase delle trattative.
Ne consegue che, qualora il rifiuto di consegnare il bene promesso integri un comportamento contrario alla buona fede, il soggetto leso potrà domandare il risarcimento del c.d. interesse negativo, per aver intrapreso inutilmente le trattative e per aver fatto affidamento sulla stipulazione del contratto. [2]
La gratuità
Il secondo elemento distintivo del contratto di comodato è la gratuità (art. 1803 comma 2 c.c.): se per l’uso della cosa fosse stabilito un corrispettivo, si ricadrebbe infatti sotto lo schema del contratti di locazione ex art. 1571 c.c.
Tale requisito, peraltro, non viene meno se a carico del comodatario sono poste prestazioni accessorie (comodato oneroso o modale), purché rimangano nell’ambito di mere prestazioni modali e non siano tali da snaturare il rapporto assumendo il carattere di corrispettivo del godimento della cosa e dunque la natura di una controprestazione (Cass. sez. III, 11 febbraio 2010 n. 3087) [3].
Proprio la gratuità del negozio spiega la realità dello schema contrattuale: essendo il comodato d’uso gratuito, la consegna della res si ritiene sia l’unico indice oggettivo da cui desumere l’effettiva volontà del comodante di instaurare, con il comodatario, un vincolo giuridicamente rilevante [4]
L’unilateralità
Terzo requisito distintivo del comodato d’uso è quello della unilateralità.
Parte della dottrina, muovendo dal presupposto che debbano essere considerati bilaterali tutti i contratti da cui sorgono obbligazioni a carico di entrambi i contraenti, indipendentemente dal fatto che sussista un vincolo sinallagmatico, definisce il comodato come un contratto bilaterale imperfetto [5].
L’orientamento prevalente, viceversa, muovendo dal presupposto che solo i contratti a prestazioni corrispettive possono essere qualificati come bilaterali, definisce il comodato quale contratto unilaterale.
Alcuni di coloro che aderiscono a tale impostazione individuano l’obbligazione principale nascente dal comodato nell’obbligo del contraente di far godere il bene al comodatario per il tempo e l’uso convenuti [6].
Altri, invece, considerano il comodato un contratto unilaterale con obbligazione a carico del solo comodatario consistente nel dovere di restituire la cosa e di custodirla e conservarla fino a quel momento [7].
Si ritiene, inoltre, che il comodato abbia carattere di contratto intuitus personae.
Tale natura giustificherebbe peraltro il divieto per il comodante di concedere a terzi in subcomodato, nonché la disposizione secondo cui in caso di morte del comodatario, il comodante, benché sia stato convenuto un termine, può esigere dagli eredi l’immediata restituzione della cosa (art. 1811 c.c.).
2. Oggetto del contratto di comodato d’uso
Possono costituire oggetto del comodato solo i beni inconsumabili ed infungibili: se così non fosse, risulterebbe priva di significato la previsione di restituire la stessa cosa consegnata.
È ammissibile il comodato di cose consumabili solo laddove il comodatario si impegni ad utilizzare quanto ricevuto in comodato non per uno scopo di consumazione (si pensi al caso di comodato ad ostentationem, dove il bene viene concesso al comodatario solo al fine di farne mostra): in tutti gli altri casi, il comodato di cose consumabili è nullo per impossibilità dell’oggetto.[8]
È altresì ammesso il comodato di cose fungibili, a patto, però, che le parti le abbiano prese in considerazione come cose di specie e abbiano previsto l’obbligo di restituire l’eadem rem e non il tantundem [9].
3. La forma del contratto di comodato d’uso
La legge non prevede alcun requisito di forma: per il perfezionamento del contratto di comodato si ritiene sia sufficiente tanto la forma orale quanto un comportamento concludente.
Qualche dubbio su tale libertà potrebbe sorgere nelle ipotesi in cui le parti convengono che il rapporto derivante dal contratto di comodato abbia una durata superiore a nove anni.
I motivi di dubbio traggono origine dalla proposizione giuridica contenuta all’art. 1350 c.c., che dispone che il contratto di locazione di beni immobili, se ha durata ultranovennale, deve essere esternato a pena di nullità o in un atto pubblico o in una scrittura privata.
Si potrebbe così essere indotti a ritenere che, dando luogo tale contratto alla costituzione di un rapporto giuridico assimilabile a quello che trae origine dal comodato, anche quest’ultimo debba essere assoggettato all’onere di forma, ove abbia ad oggetto un bene immobile e una durata superiore a nove anni.
Siffatta ipotesi si rivela, però, poco plausibile se si considera che nel nostro sistema vige il principio della libertà della forma, sicché le eventuali deroghe a tale principio non possono essere desunte mediante interpretazione analogica ma debbono risultare da disposizioni normative [10].
4. Figure affini al contratto di comodato d’uso
Il comodato d’uso e il mutuo
Parte della dottrina, al fine di distinguere il comodato dal mutuo, lo definisce prestito di uso: il comodatario diventa mero detentore della cosa, con l’obbligo di restituirla.
Viceversa, nel mutuo, definito prestito di consumo, il mutuatario diventa proprietario del denaro o delle cose fungibili ed è obbligato a restituire non le stesse cose, ma la stessa quantità.
Il comodato d’uso e il deposito
Con riguardo al deposito, è comune ai due contratti l’obbligo di custodia.
Tuttavia, mentre nel comodato questa ha natura accessoria al fondamentale obbligo di restituzione, nel deposito assume il valore di prestazione principale a carico del depositario.
Nel comodato, inoltre, il comodatario custodisce e conserva la cosa anche nel proprio interesse, mentre nel deposito il depositario custodisce la cosa nel solo interesse del depositante.
Da questo assunto discende che mentre il depositario non può servirsi della cosa (in quanto obbligato esclusivamente a custodirla), il comodatario può servirsene per il tempo e l’uso convenuti.
Il comodato d’uso di lunga durata e la donazione indiretta
In dottrina si è dibattuto sulla possibilità di qualificare come donazione indiretta, assoggettabile alla disciplina di cui all’art. 809 c.c., il comodato di lunga durata o avente ad oggetto beni di cospicuo valore (soprattutto immobili).
L’orientamento prevalente lo esclude: l’arricchimento derivante da tale atto di liberalità è cosa diversa dal vantaggio che può derivare dall’uso personale e gratuito della cosa, tanto più che tale vantaggio non costituisce il risultato dell’atto come nella donazione, ma il contenuto tipico dello stesso.
Inoltre, la temporaneità del godimento risulta inconciliabile con la sussistenza dell’animus donandi.[11]
5. Obbligazioni del comodatario
La posizione del comodatario è stata definita da autorevole dottrina come detenzione qualificata. [12]
In virtù del contratto di comodato, infatti, il comodatario diviene titolare di un diritto personale di godimento sul bene, avente come contenuto l’uso del bene per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa.
Nonostante il codice, nel definire il contratto in esame, faccia riferimento al concetto di uso (“se ne serva”, art. 1803 c.c.), che normalmente ha un significato più ristretto di quello di godimento, la prevalente dottrina ritiene che il comodatario possa essere autorizzato ad appropriarsi dei frutti prodotti dal bene.[13]
Il comodatario è tenuto a custodire e conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1804 comma 1 c.c.).
L’obbligo di custodia consiste nell’attività di vigilanza sulla cosa, diretta non solo a prevenire l’eventuale deterioramento della cosa, ma anche a salvaguardare l’integrità della posizione soggettiva che il comodante vanta rispetto a quest’ultima.
In questa situazione passiva si inscrive il dovere di informare il comodante delle eventuali molestie provenienti da terzi che allegano diritti sul bene comodato.
Tale obbligo non si estingue con la cessazione del contratto, ma persiste fino all’effettiva consegna al comodante.
La conservazione, invece, è diretta al mantenimento del bene nella sua originaria consistenza, salva ovviamente l’usura derivante dall’uso che il comodante è stato abilitato a farne (art. 1807 c.c.).
L’inadempimento di tali obblighi di conservazione e custodia dà al comodante il diritto di chiedere l’immediata restituzione oltre all’eventuale risarcimento dei danni.
Nel caso in cui il comodatario vìoli gli obblighi in esame, il comodante potrà richiedere l’immediata restituzione della cosa, a cui potrà essere accompagnato l’esperimento di un’azione risarcitoria.
6. Durata ed estinzione del comodato d’uso
Il rapporto di comodato può estinguersi:
- per l’avvenuta utilizzazione del bene per la finalità contrattualmente determinata;
- per la scadenza del termine;
- per il recesso di una delle parti.
Caratteristica del comodato è dunque la temporaneità: il limite di durata può risultare da un termine finale fissato dalle parti ovvero dall’uso specifico per il quale la cosa è stata concessa in prestito.
Se non è stabilito un termine, il comodatario è tenuto a restituire la cosa non appena il comodante la richiede (comodato precario ex art. 1810 c.c.).
La determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha la facoltà di manifestarla ad nutum.
Al di fuori di questa ipotesi, il potere di recesso può essere esercitato legittimamente solo ove ricorra una giusta causa.
La soluzione adottata dal legislatore si spiega agevolmente ove si consideri che il comodato è un negozio da cui normalmente al concedente non deriva alcun vantaggio economico, sicché si è voluta scongiurare l’eventualità che, per la sopravvenienza di un evento imprevedibile, il contratto arrechi addirittura danno al comodante.[14]
Viceversa, se un termine è stato convenuto, il comodatario deve restituire la cosa alla scadenza stabilita.
Il termine del comodato può essere sia indicato in modo espresso, sia dedotto implicitamente dall’uso della cosa: in assenza di una determinazione espressa, il comodato dovrà intendersi convenuto per il tempo necessario a consentire al comodatario di servirsi della cosa per l’uso stabilito nel contratto.
In questa ipotesi, l’insorgenza di un urgente e impreveduto bisogno legittima il comodante a esigere la restituzione immediata del bene (art. 1809 comma 2 c.c.).
Il codice non impone limiti di durata al comodato d’uso: tuttavia, in dottrina si è sostenuto che, soprattutto con riguardo al comodato di beni immobili, nel caso in cui il godimento sia previsto per un arco di tempo eccessivamente lungo, la funzione sociale del comodato verrebbe meno.[15]
A tal proposito, si discute in dottrina e giurisprudenza se sia ammissibile un comodato vita natural durante, nel quale il godimento gratuito della cosa si possa protrarre fino alla morte del beneficiario.
La giurisprudenza esclude che tale contratto sia inammissibile per mancanza di un termine e ritiene che esso costituisca un caso tipico di comodato al quale è stato apposto un termine consistente in un evento futuro e certo.[16]
7. Comodato d’uso della casa familiare
Con riferimento all’ipotesi in cui oggetto di comodato senza determinazione di termine sia l’immobile adibito a residenza familiare, le Sezioni Unite nel 2004 [17] avevano affermato che tale concessione in comodato non può essere revocata dal comodante sino a che permangono le esigenze abitative della famiglia, salva l’ipotesi di necessità urgente ed imprevista ex art. 1809 c.c.
Tale principio trova applicazione non solo nei confronti dell’originario comodatario, ma anche del coniuge dello stesso al quale sia stata assegnata la casa familiare in sede di separazione (analogamente a quanto previsto, in materia di locazione, dall’art. 6 comma 2 L. n. 392/1978).
In questa ipotesi, infatti, quando dalla ricostruzione della volontà delle parti emerge la volontà di costituire un vincolo di destinazione dell’immobile alle esigenze della famiglia vi è un termine implicito di restituzione che coincide con il venir meno della destinazione convenuta e che limita le pretese del comodante alla restituzione.
La questione è stata nuovamente rimessa al vaglio delle Sezioni Unite nel 2014 [18], le quali hanno ricondotto il comodato di immobile pattuito per la destinazione alle esigenze abitative della famiglia al comodato d’uso di cui all’art. 1809 c.c.
La specificità della destinazione del bene alle esigenze familiari, infatti, risulterebbe incompatibile con il godimento provvisorio e incerto che caratterizza il comodato regolato dall’art. 1810 c.c.
Questo non significa, precisa la Suprema Corte, che ogni qualvolta un immobile venga concesso in comodato con destinazione abitativa, si debba immancabilmente riconoscergli durata pari alle esigenze della famiglia del comodatario anche dopo la disgregazione del nucleo familiare.
Al giudice è infatti riservato il compito di verificare che la comune volontà delle parti fosse quella di mettere a disposizione del nucleo familiare un’abitazione destinata all’uso della famiglia, nel qual caso non si potrà invocare la risoluzione del rapporto ad nutum.
A tal proposito, occorre precisare che la nozione di urgente e impreveduto bisogno fa riferimento alla necessità del comodante, su cui gravano i relativi oneri probatori, di appagare impellenti e serie esigenze personali (tra cui l’imprevisto sopravvenire del deterioramento della condizione economica che giustifichi la richiesta di restituzione del bene finalizzata all’alienazione o alla locazione dello stesso).
Nella valutazione del bisogno del comodante, in ogni caso, si dovrà tenere conto dell’esigenza di tutela della prole.
[1] CIPRIANI, Il comodato, Tr. Perlingieri, 103 ss.
[2] SCOZZAFAVA, op. cit., p. 344.
[3] GIAMPICCOLO, Comodato, Tr. Grosso e Santoro – Passarelli, 8 ss.; GALASSO, Il comodato, Tr. CM, 155 ss.; CIPRIANI, op. cit., 91 ss.
[4] TETI, Comodato, Digesto 4a ed., 38; SCOZZAFAVA, Tr. Rescigno, XII, 343.
[5] SCOZZAFAVA, Tr. Rescigno, XII, 341 ss.; TETI, op. cit., 40 ss.
[6] CARRESI, Comodato, Nov. D., 692; GIAMPPICCOLO, op. cit., 11 ss.; GALASSO, op. cit., 92 ss.; CIPRIANI, op. cit., 148.
[7] FRAGALI, Comodato, Comm. SB, 184 ss.
[8] LUMINOSO, Comodato, EGT, VII, 3.
[9] TETI, op. cit. 43
[10] SCOZZAFAVA, op. cit., p. 352; Cass. Civ. n. 11620/1990.
[11] CIAN TRABUCCHI, Comm. Cod. Civ., p. 1803, 2011.
[12] LUMINOSO, op. cit. 267
[13] SCOZZAFAVA, op. cit., p. 357.
[14] SCOZZAFAVA, op. cit., 364.
[15] FRAGALI, op. cit., 317.
[16] Cass. Civ. n. 8548/2008; Cass. Civ. n. 21059/2004
Salve, avrei un quesito: quanto tempo di preavviso è opportuno dare al comodatario nel caso di necessità del comodante di recedere da un comodato precario – non scritto – ? E al termine del periodo il comodante può procedere al cambio della serratura per riprendere la fruizione dell’immobile?
Grazie
Davide Simone
Se il bene immobile da concedere in comodato d’uso (nel caso in specie da padre a figlio) risultasse già locato a terzi, il venir meno dell’uso in sè del bene da parte del comodatario (questi infatti non potrebbe fissare la residenza nel citato immobile) , renderebbe inapplicabile l’utilizzo dell’istituto del comodato? Mi chiedo se il comodatario può subentrare nel rapporto di locazione a terzi, previa autorizzazione scritta nel contratto di comodato d’uso da parte del comodatario a far sì che il comodante si sostituisca al primo nel godimento dei frutti della locazione a terzi.
Dieci anni fà ho concesso in comodato d’uso a mia figlia il mio appartamento al fine di destinarlo insieme al coniuge a proprio domicilio . I due hanno avuto una figlia. Due anni fà si sono separati giudizialmente con l’assegnazione della casa coniugale a mia figlia ma con la condizione che i coniugi si alternino nell’appartamento per garantire alla bimba di dimorare stabilmente nella casa coniugale . A gennaio mia figlia ha avuto un bimbo da un compagno presso il quale vive stabilmente da giugno scorso . Essendo venute meno le esigenze connesse all’uso familiare dell’immobile ,posso chiedere al giudice la revoca del provvedimento di assegnazione dell’immobile e riavere la disponibilità del mio immobile?
Caro Giuseppe,
ti ringraziamo innanzitutto per averci contattato. Devo tuttavia comunicarti che il tuo quesito non può essere risolto in un commento e richiede una vera e proprio consulenza legale.
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Un caro saluto
Gabriele Voltaggio
Buongiorno gradirei sapere se per tutelare la casa data in comodato gratuito a un figlio si possa fare un comodato a scadenza di 9 anni inserendo nel contratto che in nessun caso la può adibire a casa familiare, in maniera che in caso dovesse andare a convivere con qualcuno venga meno il requisito di passarla all’eventuale compagna o moglie grazie.
Buona sera, sto acquistando dagli eredi un appartamento al cui interno vi è una persona anziana in virtù di un contratto di locazione a titolo gratuito, vita natural durante, stipulato tra la stessa ed il decuius. L’agente immobiliare mi ha riferito che tale titolo non è opponibile a terzi, in quanto anche se registrato non risulta trascritto sull’atto di proprietà. Per cui secondo questi all’atto della stipula dell’atto di compravendita, l’occupante non ha più titolo per permanere nell’immobile e, quindi, non le resterà altro che richiedere un contratto di locazione regolare con il nuovo proprietario ovvero lasciare libero l’immobile. Alla luce di ciò, dopo la formalizzazione dell’acquisto, posso venire in possesso dell’immobile e in tale sede posso fruire dei benefici per l’acquisto della prima casa?