Agevolazioni “prima casa” e costituzione di usufrutto

La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con l’ordinanza n. 25963 del 22 settembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha chiarito che la costituzione di un diritto di usufrutto a favore di terzi su un immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa”, anche se avvenuta entro cinque anni dall’acquisto, non equivale a un trasferimento della proprietà e non comporta quindi la decadenza dal beneficio fiscale. Per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “Casa in costruzione”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.

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I fatti di causa e l’atto impositivo

La vicenda processuale in esame prende le mosse da un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate revocava le agevolazioni “prima casa” concesse a un contribuente. Quest’ultimo, dopo aver acquistato un immobile avvalendosi del regime fiscale di favore, aveva successivamente costituito, mediante atto di donazione, il diritto di usufrutto sul medesimo immobile in favore dei propri genitori, conservando per sé la nuda proprietà. L’amministrazione finanziaria, ravvisando in tale negozio giuridico la violazione del vincolo di stabilità quinquennale imposto dalla normativa, procedeva al recupero delle imposte in misura ordinaria e all’irrogazione delle relative sanzioni.

Il quadro normativo di riferimento

La disciplina di riferimento è contenuta nella Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR). Il comma 4 di detta nota prevede che, in caso di “trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici” prima del decorso di cinque anni dalla data del loro acquisto, il contribuente decada dal beneficio. La finalità precipua del legislatore è quella di incentivare la stabilità del possesso dell’abitazione principale, presumendo un intento speculativo qualora il bene venga alienato entro detto termine.

Il giudizio di merito

Avverso l’atto impositivo, il contribuente adiva la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che ne accoglieva il ricorso. L’Agenzia delle Entrate interponeva appello, ma la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava il gravame, confermando la decisione di primo grado. Il collegio di secondo grado argomentava che la norma sanzionatoria dovesse essere oggetto di stretta interpretazione, senza possibilità di applicazione analogica. Poiché essa menziona unicamente atti di trasferimento immobiliare, la fattispecie in esame ne era esclusa, essendosi il contribuente limitato a costituire un diritto reale minore, senza alienare la proprietà.

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Il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate

Censurando l’esegesi dei giudici di merito, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, nella forma del ricorso incidentale, deducendo un unico motivo. L’amministrazione deduceva la violazione della citata Nota II-bis, sostenendo che l’operazione dovesse essere valutata nella sua sostanza economica, al di là del nomen iuris adottato dalle parti. La costituzione del diritto di usufrutto, spogliando il proprietario delle principali facoltà di godimento del bene, eluderebbe la finalità abitativa che costituisce il presupposto dell’agevolazione. Pertanto, nell’impostazione dell’erario, la cessione del solo usufrutto entro il quinquennio andava equiparata a un atto traslativo rilevante ai fini della decadenza.

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Il ricorso principale del contribuente sulle spese processuali

Parallelamente, il contribuente presentava ricorso principale, affidato a due motivi e focalizzato sulla statuizione concernente le spese processuali. In primo luogo, deduceva un error in procedendo, poiché la CTR aveva compensato le spese di entrambi i gradi di merito, nonostante l’Agenzia delle Entrate non avesse specificamente impugnato il capo della sentenza di primo grado relativo alla sua condanna alle spese. Argomentando la violazione del principio dispositivo (tantum devolutum quantum appellatum), il giudice d’appello non avrebbe potuto riformare d’ufficio una statuizione ormai coperta da giudicato interno. In secondo luogo, il ricorrente censurava la motivazione addotta per la compensazione, fondata sulla “natura essenzialmente interpretativa della controversia” e sulla “controvertibilità delle soluzioni giuridiche proposte”, ritenendola inidonea a integrare le “gravi ed eccezionali ragioni” richieste dal vigente art. 92 c.p.c.

Il principio di stretta interpretazione: trasferimento e diritti reali minori

La Corte di Cassazione, attraverso un’articolata motivazione, ha rigettato le doglianze dell’Agenzia e accolto integralmente quelle del contribuente. Esaminando in via prioritaria il ricorso incidentale dell’Agenzia, il Collegio lo ha dichiarato infondato. Il fulcro del decisum risiede nel principio di tassatività e di stretta interpretazione delle norme impositive e, a maggior ragione, di quelle che contemplano fattispecie decadenziali o sanzionatorie.

Il Collegio ha statuito che il presupposto per la revoca del beneficio è il trasferimento della proprietà dell’immobile, non la mera costituzione di un diritto reale di godimento. Il termine “trasferimento”, utilizzato dal legislatore, riveste un significato tecnico-giuridico univoco, indicando l’alienazione del diritto dominicale, e non può essere esteso per via analogica a fattispecie diverse, quale la costituzione di diritti reali minori.

La Corte ha quindi cristallizzato il seguente principio di diritto:

In tema di agevolazione per l’acquisto della prima casa, il quarto comma della nota II bis dell’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, stabilisce la decadenza solo in caso di trasferimento degli immobili acquistati con i benefici, e non anche in caso di costituzione del diritto di usufrutto sugli immobili stessi in favore di terzi“.

A sostegno di tale approdo ermeneutico, la Cassazione ha richiamato la propria consolidata giurisprudenza, la quale aveva già riconosciuto che persino l’acquirente della sola nuda proprietà ha titolo per accedere alle agevolazioni “prima casa”. Se, dunque, l’acquisto della nuda proprietà è atto idoneo a fruire del beneficio, ne consegue logicamente che la sua conservazione non può costituire causa di decadenza.

La decisione sulle spese processuali

Accogliendo il ricorso principale del contribuente, la Corte ha ribadito il principio secondo cui il giudice d’appello, in caso di conferma della sentenza impugnata, non può modificare la statuizione sulle spese del primo grado in assenza di uno specifico motivo di gravame. Ha inoltre censurato la motivazione sulla compensazione, precisando che, a seguito delle riforme dell’art. 92 c.p.c. e della pronuncia della Corte Costituzionale n. 77 del 2018, la generica “controvertibilità” di una questione non costituisce più una valida ragione per derogare al principio della soccombenza.

Conclusioni

La pronuncia in esame assume un peculiare rilievo in quanto consolida un fondamentale presidio di garanzia per il contribuente. Nello statuire inequivocabilmente che la costituzione di un diritto di usufrutto non integra la fattispecie decadenziale prevista dalla normativa sull’imposta di registro, la decisione rafforza la certezza dei rapporti giuridici. Il rigoroso ancoraggio all’interpretazione letterale della norma argina l’applicazione analogica in malam partem da parte dell’amministrazione finanziaria e tutela il diritto del cittadino di disporre e organizzare il proprio patrimonio immobiliare, a condizione che da ciò non consegua una definitiva dismissione del diritto dominicale.

Agevolazioni “prima casa” e costituzione di usufrutto: in sintesi

Ecco infine una pratica e breve checklist per orientarsi nell’applicazione dei principi affermati dalla Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con l’ordinanza n. 25963/2025.

La costituzione di usufrutto entro cinque anni fa perdere i benefici “prima casa”?

No. La Cassazione ha chiarito che solo il trasferimento della proprietà comporta la decadenza dal beneficio. La costituzione di un usufrutto non equivale a un atto traslativo.

Che differenza c’è tra trasferimento di proprietà e costituzione di un diritto reale minore?

Il trasferimento di proprietà implica l’alienazione del diritto dominicale, mentre l’usufrutto è un diritto reale di godimento che non priva il titolare della nuda proprietà.

Cosa accade se vendo l’immobile acquistato con i benefici prima del quinquennio?

In caso di vendita, si decade dalle agevolazioni fiscali, salvo che si riacquisti entro un anno un altro immobile da adibire ad abitazione principale (art. 1, nota II-bis, d.P.R. 131/1986).

È possibile acquistare solo la nuda proprietà con i benefici “prima casa”?

Sì. La giurisprudenza ha riconosciuto che anche l’acquisto della sola nuda proprietà consente di accedere al regime agevolato.

Quali atti determinano la decadenza dalle agevolazioni?

Tutti gli atti a titolo oneroso o gratuito che trasferiscono la proprietà dell’immobile entro cinque anni dall’acquisto. Non rientrano, invece, i diritti reali minori come usufrutto, uso o abitazione.

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