Impugnazione nella riscossione esattoriale: riparto di giurisdizione

Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER, ex Equitalia) è l’ente pubblico incaricato di riscuotere coattivamente tributi, contributi e altre entrate per conto degli enti creditori (Agenzia delle Entrate, INPS, Enti locali, ecc.). Nel dettaglio, quando il contribuente non procede al versamento spontaneo di tasse, imposte, contributi previdenziali o sanzioni, nel rispetto delle scadenze previste dalla normativa vigente, l’Ente creditore affida il recupero del credito vantato ad AdER, la quale agirà notificando al soggetto passivo di imposta specifici atti di riscossione. Ma come si radica correttamente il giudizio avverso gli atti della riscossione? Si tratta di una questione non secondaria, dal momento che dalla corretta proposizione del ricorso dipende la tutela del diritto di difesa pieno ed effettivo del contribuente. Per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “Come cancellare di debiti fiscali”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.

Come cancellare i debiti fiscali

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Leonarda D’Alonzo
Avvocato, già Giudice Onorario presso il tribunale di Ferrara e Giudice dell’Esecuzione in esecuzioni mobiliari, esecuzioni esattoriali mobiliari e immobiliari e opposizione all’esecuzione nella fase cautelare.

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Glossario introduttivo

Prima di entrare nel cuore della disamina è opportuno specificare definizione e natura giuridica degli istituti tipici della riscossione, i quali, spesso, vengono legati da rapporti di sinonimia errati.

  • Ruolo: esso equivale a titolo esecutivo, ed è trasmesso dall’Ente impositore/creditore all’Agente della riscossione.
  • Cartella di pagamento: essa equivale a precetto, ed è formata e notificata dall’AdER. La notificazione della cartella, contenendo il ruolo, vale come notificazione uno actu di titolo e precetto (art. 21, D.lgs. n. 546/1992).
  • Intimazione o avviso di pagamento: equivale a precetto in rinnovazione, necessario per procedere all’attivazione dell’esecuzione non iniziata entro un anno dalla notificazione della cartella (art.50, D.p.r. n.602/1973).

Impugnazione della riscossione ante e post D.lgs. n. 110/2024

Prima della riforma

Come noto, prima della riforma (avvenuta per mezzo del D.lgs. n. 110/2024), il debitore che intendeva impugnare un atto della riscossione, doveva procedere nei confronti dell’Ente impositore qualora oggetto di contestazione fosse la legittimità della pretesa; ovvero procedere avverso l’Agente della riscossione qualora oggetto di contestazione fossero i vizi presenti nell’attività svolta successivamente alla notificazione del ruolo in capo al contribuente.

Dopo la riforma (dal 5 gennaio 2024)

Per i ricorsi notificati dal 05.01.2024, invece, il nuovo art. 14, comma 6-bis, D.lgs. n. 546/1992 prevede che “In caso di vizi della notificazione eccepiti nei riguardi di un atto presupposto emesso da un soggetto diverso da quello che ha messo l’atto impugnato, il ricorso è sempre proposto nei confronti di entrambi i soggetti”.

Superamento dell’orientamento della Cassazione

Viene superato, dunque, il tradizionale orientamento della Corte di Cassazione, ad avviso della quale il ricorso avrebbe potuto essere notificato nei confronti dell’uno o dell’altro soggetto, senza determinare l’insorgenza di un litisconsortio necessario né la costituzione di una causa di inammissibilità del ricorso.

Ipotesi di litisconsorzio necessario

In particolare, il Legislatore mantiene singole ipotesi di litisconsortio necessario passivo, che si hanno, ad esempio, nelle seguenti ipotesi:

  • fermo di beni mobili/ipoteca non preceduti dalla notifica dell’accertamento esecutivo;

  • intimazione ad adempiere non preceduta dalla notifica dell’accertamento esecutivo;

  • cartella di pagamento non preceduta dalla notifica dell’avviso di recupero del credito di imposta, dell’avviso di liquidazione o dell’accertamento non esecutivo.

Ambito di esclusione della norma

La norma non opera, invece, in caso di intimazione/fermo/ipoteca non preceduti dalla notifica della cartella di pagamento, posto che l’omessa notifica dell’atto presupposto fa sempre capo all’AdER.

Tipologie di opposizione

Ancora, l’opposizione può essere:

  • recuperatoria: se il debitore punta a riconquistare la tutela di merito che deduce essergli stata preclusa a cagione dell’omessa notifica dell’atto in base al quale è stato formato il ruolo (ad esempio: viene impugnata la cartella assumendo di non avere mai avuto prima contezza della pretesa erariale, contestando nel merito l’avviso di accertamento);

  • all’esecuzione: se il debitore contesta il diritto ad agire esecutivamente per fatti successivi al titolo (ad esempio: avvenuto pagamento, compensazione per controcredito, prescrizione del diritto);

  • agli atti esecutivi: quando oggetto di contestazione è la regolarità formale degli atti della procedura di riscossione, censurando quindi come illegittime le modalità attraverso le quali si svolge l’esecuzione forzata (ad esempio: vizio di notifica della cartella di pagamento).

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Il riparto di giurisdizione

Ambito della giurisdizione tributaria

L’art. 2, comma 1, D.lgs. n.546/1992 prevede che «appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati» e che «restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’art. 50 D.p.r. n. 602/1973» (ossia, l’intimazione di pagamento).

La conferma normativa e costituzionale

Ciò è confermato a contrario anche dall’art. 57, comma 1, lett. a), D.p.r. n.602/1973, così come integrato con sentenza additiva da Corte Cost n. 114/2018, che suggella l’inammissibilità delle opposizioni civilistiche ex art. 615 c.p.c. in materia tributaria al di fuori delle ipotesi concernenti la pignorabilità dei beni, nonché agli atti dell’esecuzione tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’intimazione di pagamento.

La linea di demarcazione tra le giurisdizioni

In particolare, secondo la citata Suprema Corte esiste «una linea di demarcazione della giurisdizione posta dalla cartella di pagamento e dall’eventuale successivo avviso recante l’intimazione ad adempiere» e fino a questo limite «la cognizione degli atti dell’amministrazione, espressione del potere di imposizione fiscale, è devoluta alla giurisdizione del giudice tributario; mentre, a valle, la giurisdizione spetta al giudice ordinario e segnatamente al giudice dell’esecuzione».

Gli atti impugnabili davanti al giudice tributario

Quanto agli atti impugnabili davanti al giudice tributario, l’art. 19, comma 1, D.lgs. n. 546/1992, ne dà una elencazione che per la giurisprudenza va intesa estensivamente, in modo da non precludere l’impugnazione di atti impositivi atipici che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria.

Il terzo comma della norma, infatti, detta la regola generale del processo tributario, secondo la quale «ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo».

Confini della giurisdizione tributaria

Detto in altri termini, la giurisdizione tributaria si estende ad ogni questione relativa ad an o quantum del tributo, nonché agli atti riscossivi prodromici all’esecuzione quali cartella o intimazione di pagamento, arrestandosi unicamente di fronte agli atti dell’esecuzione civile.

L’intervento delle Sezioni Unite

Infine, sul punto, il Supremo Collegio riunito a Sezioni Unite (sentenza n.7822/2020), con dotta pronuncia affronta il tema del riparto di giurisdizione, chiarendo che la cognizione appartiene al giudice tributario con riferimento agli atti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi fino alla notifica della cartella o dell’intimazione di pagamento (ovvero, fino al pignoramento in caso di notifica invalida, posto che da tale atto il contribuente prende conoscenza della pretesa tributaria); e che, per converso, appartiene al giudice ordinario la giurisdizione riferita alla legittimità formale del pignoramento, nonché  ai fatti incidenti  sulla pretesa fiscale verificatisi dopo la notifica della cartella (ad esempio, l’adempimento o l’insorgenza sopravvenuta di cause estintive) e l’avviata esecuzione.

Conclusioni

La riforma introdotta dal D.lgs. n. 110/2024 segna un rilevante punto di svolta nella disciplina dell’impugnazione degli atti della riscossione, imponendo un più rigoroso coordinamento processuale tra gli enti coinvolti e rafforzando la tutela del contribuente attraverso un chiaro obbligo di litisconsorzio nei casi di vizi del procedimento notificatorio. Al contempo, la giurisprudenza di legittimità, soprattutto con le pronunce delle Sezioni Unite, contribuisce a delineare con precisione il riparto di giurisdizione tra giudice tributario e giudice ordinario, distinguendo le controversie sulla legittimità della pretesa da quelle relative alla fase esecutiva. In questo scenario normativo e giurisprudenziale in evoluzione, una corretta comprensione della natura degli atti impugnabili, dei soggetti legittimati e dei limiti della giurisdizione è condizione imprescindibile per un’efficace difesa in giudizio e per la salvaguardia del diritto di accesso alla giustizia del contribuente.

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