Il mantenimento dei figli maggiorenni tra responsabilità genitoriale e autoresponsabilità

Con l’ordinanza n. 12121 dell’8 maggio 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), la Corte di cassazione torna a esaminare la questione, tanto frequente quanto complessa, del diritto al mantenimento dei figli divenuti maggiorenni. Il caso deciso prende avvio dalla revoca di un assegno in favore di una giovane neomaggiorenne nel giudizio di separazione dei genitori, senza un adeguato accertamento delle sue condizioni di autosufficienza. La Corte riafferma un principio fondamentale: il dovere genitoriale non cessa con la maggiore età del figlio, ma solo con il raggiungimento dell’indipendenza economica, da valutarsi secondo parametri di diligente condotta. Il contributo propone un’analisi sistematica della decisione, integrando i profili normativi, giurisprudenziali e dottrinali, al fine di ricostruire i criteri applicativi dell’obbligo di mantenimento e le implicazioni del principio di autoresponsabilità.

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Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.

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Il fatto e la decisione della Cassazione

La vicenda trae origine da un giudizio di separazione innanzi al Tribunale di Ragusa, che aveva revocato l’assegno di mantenimento precedentemente disposto in favore della figlia delle parti, divenuta maggiorenne nelle more. La Corte d’appello di Catania aveva confermato tale revoca, ritenendo la ragazza, ventenne, ormai autonoma, anche in considerazione dell’interruzione degli studi. La madre proponeva ricorso per cassazione, lamentando la mancata considerazione delle reali condizioni della figlia, la quale viveva in un contesto socioeconomico disagiato e non era stata posta nelle condizioni di raggiungere l’autosufficienza.

Accogliendo il ricorso, la cassazione ha ribadito che il raggiungimento della maggiore età non estingue automaticamente il diritto al mantenimento, che invece permane sino a quando non sia accertata l’effettiva autonomia economica o, in alternativa, la negligenza del figlio nel conseguire tale condizione. L’onere della prova grava su chi invoca la cessazione dell’obbligo e può essere assolto anche per presunzioni, proporzionalmente più forti con l’avanzare dell’età del figlio.

Il quadro normativo e la funzione della responsabilità genitoriale

Il fondamento dell’obbligo di mantenimento è l’art. 315-bis c.c., introdotto dalla riforma del 2012, che non distingue tra figli minori e maggiorenni. A ciò si aggiungono gli artt. 316 e 316-bis c.c., che delineano i contorni della responsabilità genitoriale e del concorso al mantenimento. La riforma ha sostituito la potestà con una responsabilità relazionale e continua, che pone al centro il diritto del figlio a essere sostenuto nel proprio progetto di formazione e autonomia.

Il dovere di mantenere il figlio non è quindi legato a un automatismo anagrafico, bensì alla sua effettiva capacità di inserirsi nel mondo del lavoro. Il figlio ha, per contro, il dovere di impegnarsi, secondo capacità e inclinazioni, nella propria crescita professionale e personale, secondo il principio costituzionale di solidarietà (art. 2 Cost.) e di autoresponsabilità.

L’obbligo di mantenimento tra autoresponsabilità e valutazione del caso concreto

La Cassazione ha fornito, anche in altre decisioni (Cass. civ., sez. un., n. 20448/2014; Cass. civ., n. 29264/2022; n. 2252/2024), i criteri per l’applicazione dell’obbligo di mantenimento. Tre elementi vanno considerati:

  1. L’età del figlio: maggiore è l’età, più stringente sarà l’onere probatorio per giustificare la prosecuzione del mantenimento;
  2. L’impegno profuso: la giurisprudenza valorizza la continuità degli studi o l’attività di ricerca di un impiego adeguato;
  3. Il contesto sociale e territoriale: è irragionevole pretendere da un giovane appena maggiorenne, residente in un’area con alta disoccupazione, una rapida autosufficienza.

La decisione in esame sottolinea che è compito del giudice verificare le condizioni effettive del figlio, considerando sia i percorsi formativi interrotti, sia le possibilità reali offerte dal mercato del lavoro, specie in ambiti territoriali svantaggiati.

Onere della prova, presunzioni e non contestazione: l’assetto processuale

La Corte precisa che l’onere della prova delle condizioni che legittimano la cessazione dell’obbligo grava su chi la invoca (art. 2697 c.c.). Tuttavia, tale onere può essere assolto mediante presunzioni, soprattutto in presenza di figli “adulti”. Viceversa, in caso di figlio neomaggiorenne, la giurisprudenza tende a valorizzare l’esistenza di percorsi scolastici e il breve tempo intercorso dalla maggiore età.

Nel caso concreto, è stato rilevato che la figlia era stata beneficiaria di un assegno provvisorio e che il padre, nel giudizio, non aveva formalmente contestato il diritto al mantenimento, anzi aveva proposto che venisse quantificato.

Ciò, per la Cassazione, avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a considerare l’esistenza di un principio di non contestazione e valutare l’effettivo momento in cui, eventualmente, fosse venuto meno il diritto, non essendo sufficiente a escluderlo la sola dichiarazione della non prosecuzione degli studi.

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Conclusioni: dalla singola ordinanza al principio sistemico

L’ordinanza n. 12121/2025 si inserisce nel solco della più recente giurisprudenza di legittimità e contribuisce a consolidare un principio di civiltà giuridica: il dovere genitoriale di mantenimento non è soggetto a decadenza automatica, ma si modula sull’effettiva condotta del figlio e sulle condizioni del contesto.

La decisione invita i giudici di merito a un approccio rigoroso ma equilibrato, che non sacrifichi i diritti del figlio sull’altare di presunzioni astratte, ma neppure consenta abusi dell’obbligo di mantenimento. In tale equilibrio tra dovere di cura e principio di autoresponsabilità si gioca una parte importante della moderna idea di famiglia, come comunità educativa e relazionale anche oltre la maggiore età.

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