Notifica per pubblici proclami: tra esigenze di garanzia e complessità del contradditorio

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9319/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale dell’ordinanza), nell’ambito di una causa in materia successoria, è tornata a pronunciarsi sull’ammissibilità della notifica per pubblici proclami. La decisione, in particolare, affronta la questione della validità di tale modalità di notificazione quando la difficoltà non risiede nel numero dei destinatari, ma nella loro effettiva identificabilità e reperibilità, chiarendo l’ambito di applicazione dell’art. 150 c.p.c. e le conseguenze processuali dell’intervento tardivo del destinatario. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile”, di Lucilla Nigro, offre un supporto utile per gestire ogni fase del contenzioso civile.

Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Il contesto del giudizio

Nel caso esaminato, alcuni eredi legittimi avevano agito in giudizio per ottenere la dichiarazione di nullità di un testamento olografo. Nell’ambito del procedimento, il giudice di primo grado disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i successibili ex lege della testatrice, autorizzando la notifica per pubblici proclami, in ragione della difficoltà oggettiva di identificazione e reperibilità di tutti i possibili eredi, in parte deceduti e residenti anche all’estero.

Uno dei successibili, intervenuto tardivamente nel processo, lamentava nel ricorso per cassazione che l’adozione della notificazione per pubblici proclami fosse stata illegittima in quanto la sua residenza era ben nota agli attori, suoi fratelli, e che ciò gli aveva impedito di articolare tempestivamente domande autonome, costringendolo a un intervento adesivo tardivo e limitato.

Notifica per pubblici proclami: art. 150 c.p.c.

L’art. 150 c.p.c. prevede che, quando la notificazione nei modi ordinari è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, il capo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si procede, può autorizzare, su istanza della parte interessata e sentito il pubblico ministero, la notificazione per pubblici proclami.

L’autorizzazione è data con decreto steso in calce all’atto da notificarsi; in esso sono designati, quando occorre, i destinatari ai quali la notificazione deve farsi nelle forme ordinarie e sono indicati i modi che appaiono più opportuni per portare l’atto a conoscenza degli altri interessati.

In ogni caso, copia dell’atto è depositata nella casa comunale del luogo in cui ha sede l’ufficio giudiziario davanti al quale si promuove o si svolge il processo, e un estratto di esso è inserito nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

La notificazione si ha per avvenuta quando, eseguito ciò che è prescritto nell’art. 150 c.p.c., l’ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell’attività svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede.

Questa forma di notificazione non è ammessa nei procedimenti davanti al giudice di pace.

La decisione della Corte sulla validità della notifica

La Corte di Cassazione ha rigettato il motivo, confermando la legittimità della notifica per pubblici proclami disposta nel caso di specie. Il Collegio ha richiamato il principio secondo cui l’art. 150 c.p.c. consente il ricorso a tale modalità di notificazione in presenza di rilevanti difficoltà nella identificazione o nel rintraccio dei destinatari, specie quando essi siano numerosi, sparsi in diverse località (anche estere), o non identificabili nominativamente.

La Corte ha sottolineato che, nella specie, l’autorizzazione era stata rilasciata in considerazione di circostanze ben documentate: i sei fratelli e sorelle della de cuius erano in larga parte defunti, in alcuni casi all’estero, e avevano lasciato numerosi eredi le cui generalità e residenze risultavano ignote o difficilmente reperibili.

La Corte ha ribadito un principio consolidato secondo cui, quando la notifica per pubblici proclami sia autorizzata sulla base della difficoltà oggettiva di individuare tutti i destinatari, l’eventuale mancata indicazione nominativa degli stessi non comporta la nullità della notificazione, poiché la modalità pubblicitaria surroga, in tali ipotesi, la vocatio in ius ordinaria, garantendo un livello minimo di conoscibilità legale.

Sull’integrazione del contraddittorio e le conseguenze dell’intervento tardivo

Quanto alle doglianze del ricorrente sull’impossibilità di proporre domande autonome per effetto della notifica tardiva, la Corte ha osservato che l’intervento da lui effettuato si era configurato come intervento adesivo dipendente, ai sensi dell’art. 105, comma 2, c.p.c., e che la successiva richiesta di rimessione in termini per proporre una domanda autonoma (essere dichiarato unico erede) era avvenuta in modo non tempestivo.

In linea con la giurisprudenza consolidata (Cass. nn. 23561/2011, 4841/2012), la Corte ha ribadito che la richiesta di rimessione in termini, ai sensi dell’art. 153, comma 2, c.p.c., deve essere proposta senza ritardo una volta acquisita consapevolezza della preclusione processuale. Il giudice del merito aveva correttamente rilevato che la modifica della posizione processuale del ricorrente (da aderente a autonomo proponente) era stata operata tardivamente e, pertanto, non sanabile.

La Cassazione ha così riconosciuto che, in presenza di una notifica formalmente regolare, la costituzione tardiva comporta l’accettazione del processo nello stato in cui si trova, con tutte le preclusioni già maturate.

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Conclusioni

L’ordinanza n. 9319/2025 si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato, confermando la piena legittimità della notifica per pubblici proclami in presenza di presupposti oggettivi debitamente verificati dal giudice.

La pronuncia chiarisce che la garanzia del contraddittorio non deve essere intesa in termini assoluti, ma commisurata alla possibilità concreta di attuarlo, specie in contesti processuali in cui la molteplicità e la dispersione dei soggetti rende impraticabile la vocatio individuale. Essa rappresenta quindi un punto di riferimento utile per gli operatori del diritto nei giudizi a composizione multipla e in presenza di soggetti non agevolmente identificabili.

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