Motivazione apparente e adesione alla CTU: limiti del sindacato di legittimità

La Seconda Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 11251/2025, del 29 aprile (clicca qui per leggere il testo integrale dell’ordinanza), è intervenuta in materia di nullità della sentenza per difetto di motivazione, qualora il giudice d’appello, nel motivare la propria decisione, aderisca alle risultanze della CTU. Al centro della pronuncia, inoltre, vi è la corretta delimitazione dell’ambito di controllo del giudice di legittimità, alla luce dell’art. 360 c.p.c., come modificato alla Riforma Cartabia. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile”, di Lucilla Nigro, offre un supporto utile per gestire ogni fase del contenzioso civile.

Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Il caso: lavori di sopraelevazione e danni al fabbricato attiguo

Nel giudizio di merito, i ricorrenti chiedevano il risarcimento dei danni derivanti da lavori di sopraelevazione realizzati dal proprietario del fondo confinante, che, a loro dire, avrebbero compromesso la stabilità dell’edificio di loro proprietà. Le domande, basate anche su rilievi tecnici circa la tenuta strutturale e sismica dell’immobile, venivano rigettate sia in primo che in secondo grado.

In sede d’appello, i giudici confermavano integralmente la sentenza di primo grado, aderendo alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio. I ricorrenti proponevano ricorso per cassazione, lamentando il difetto assoluto di motivazione su punti essenziali, e denunciando l’omessa considerazione delle critiche tecniche sollevate nella consulenza di parte.

La nozione di motivazione apparente

La Corte ricorda che, in base al combinato disposto degli artt. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e 111 Cost., la motivazione di una sentenza si considera apparente quando, pur esistente graficamente, non consente di comprendere il ragionamento svolto dal giudice. In tali casi, il vizio dà luogo a nullità ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. La giurisprudenza di legittimità esclude che si possa ricorrere a congetture interpretative per colmare tali lacune: la motivazione deve risultare chiara dal testo stesso della sentenza.

In particolare, l’omessa valutazione delle critiche tecniche rivolte alla CTU da parte del consulente di parte può integrare un vizio rilevante, ma solo se si dimostra che il giudice abbia omesso ogni riferimento a tali rilievi e abbia aderito alle conclusioni del c.t.u. senza alcuna motivazione.

L’adesione alla CTU richiede un vaglio, non una sostituzione

Nel respingere il motivo di ricorso, la Corte sottolinea che i giudici d’appello non si sono limitati a recepire le conclusioni della CTU, ma hanno espressamente esaminato le doglianze degli appellanti e le osservazioni contenute nella perizia di parte. La sentenza di secondo grado, infatti, riportava integralmente il contenuto dei rilievi critici e le risposte fornite dal c.t.u., chiarendo che i calcoli tecnici erano stati svolti anche sulla base dei parametri indicati dalla parte ricorrente. L’elaborato peritale aveva infine escluso l’esistenza di danni strutturali, rilevando addirittura un miglioramento complessivo della stabilità dell’edificio.

Secondo la Cassazione, questo livello di approfondimento esclude ogni possibilità di ravvisare una motivazione apparente o una violazione del “minimo costituzionale”.

L’irrilevanza del vizio di motivazione insufficiente

La Corte ribadisce che, dopo la modifica dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., a seguito della Riforma Cartabia, il vizio di motivazione insufficiente non è più sindacabile in Cassazione, se non nei limiti del vizio logico totale, manifesto o incomprensibile. In mancanza di tali presupposti, le censure relative alla valutazione delle prove e alla struttura della motivazione restano riservate al giudice di merito e non possono essere oggetto di riesame nel giudizio di legittimità.

Nel caso di specie, l’elaborato motivazionale era coerente, sviluppato e privo di contraddizioni evidenti. Le osservazioni tecniche erano state trattate, valutate e superate con argomentazioni comprensibili, anche laddove non ritenute decisive.

Nessuna omessa pronuncia, né violazione dell’art. 112 c.p.c.

I ricorrenti avevano ulteriormente sostenuto che la Corte d’appello avesse omesso di pronunciarsi su specifici motivi di gravame. La Cassazione esclude anche questa censura, chiarendo che l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. ricorre soltanto quando il giudice non si esprima su una domanda o eccezione ritualmente formulata e autonomamente apprezzabile. Nella vicenda, invece, i giudici avevano preso posizione sui punti rilevanti, anche laddove le argomentazioni non erano state condivise.

Condanna per responsabilità aggravata e abuso del processo

Oltre al rigetto del ricorso, la Corte ha applicato gli artt. 96, commi 3 e 4 c.p.c., come previsto nei casi di decisione conforme alla proposta ex art. 380-bis c.p.c. Ha condannato i ricorrenti al pagamento, sia a favore della controparte sia a favore della Cassa delle Ammende, di somme significative per responsabilità aggravata. L’ordinanza richiama le Sezioni Unite (n. 27433/2023 e n. 28540/2023), che qualificano tale sanzione come risposta tipizzata all’abuso del processo, quando il ricorso appare manifestamente infondato e la parte prosegue comunque il giudizio in contrasto con la proposta del consigliere delegato.

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Conclusioni

Con l’ordinanza n. 11251/2025, la Corte di Cassazione conferma un’impostazione rigorosa nel controllo delle motivazioni delle sentenze d’appello. La legittimità della decisione di merito non viene meno per il solo fatto che essa non accolga le prospettazioni della parte soccombente. Ciò che conta è che la motivazione sia presente, coerente, e tale da far comprendere il percorso logico-giuridico seguito.

Il sindacato della Cassazione resta confinato ai casi in cui la motivazione sia solo apparente o viziata da radicali incoerenze. Ogni ulteriore critica, specie se fondata su una diversa lettura dei fatti, risulta inammissibile.

L’ulteriore condanna per responsabilità aggravata chiude il cerchio: il giudizio di legittimità non può essere utilizzato per reiterare valutazioni già smentite nel merito, in assenza di reali vizi processuali o motivazionali.

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