Con la sentenza n. 8951 del 5 maggio 2016, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito, in tema di esecuzioni immobiliari, che per la vendita senza incanto è necessaria l’assistenza di un avvocato laddove l’offerta non sia presentata personalmente.
Sul punto, l’art. 571 c.p.c. dispone che l’offerta per l’acquisto deve essere proposta “personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell’ultimo comma dell’art. 579“. A tal riguardo, sia con riferimento all’art. 571 che al 579 c.p.c., è stato innanzitutto precisato che il termine “procuratore legale” deve intendersi sostituito con quello di “avvocato”, anche alla luce di quanto disposto dall’art. 3 della Legge n. 27/1997.
Ciò chiarito, la Suprema Corte ha evidenziato la differenza strutturale tra la vendita con e senza incanto: con l’incanto, infatti, non si manifesta la volontà irrevocabile di acquistare, ma si dichiara soltanto “di voler partecipare al relativo procedimento (senza essere neppure vincolati a tale manifestazione di volontà)“. Al contrario, l’offerta di vendita senza incanto è irrevocabile almeno fino a quando il Giudice dell’esecuzione o il suo delegato l’abbiano esaminato e, comunque, per 120 giorni.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, è improponibile, come invece auspicato dal ricorrente, l’assunzione come parametro di riferimento per la vendita senza incanto ex art. 571 c.p.c., ai sensi dell’art. 3 della Costituzione, della diversa disciplina di cui all’art. 579 c.p.c. per la vendita con incanto.
Sulla scorta di quanto rilevato, attesa peraltro la delicatezza delle scelte che l’offerente è chiamato ad assumere nella vendita senza incanto (valga per tutte proprio la scelta di partecipare all’eventuale gara), la Corte di legittimità ha quindi affermato che, ove l’offerta non sia presentata personalmente, nella vendita senza incanto non è sufficiente farsi rappresentare da un soggetto munito di procura, ma è necessariamente richiesta la figura tecnica di un avvocato.
In conclusione, la Corte ha dunque rigettato il ricorso con condanna di parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità.
(Corte di Cassazione, sez. III civile, sentenza n. 8951 del 5 maggio 2016)