La nuova convivenza fa perdere l’assegno divorzile?

L’ordinanza n. 27043/2024 si inserisce in un lungo dibattito sul diritto del coniuge più debole a ricevere un supporto economico e su come questo diritto possa essere limitato quando l’ex coniuge instaura una nuova relazione stabile.

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 Il caso

Nel caso esaminato dall’ordinanza n. 27043/2024, il ricorrente aveva richiesto la revoca totale dell’assegno divorzile di 1.000 euro mensili a favore della sua ex moglie, sostenendo che quest’ultima avesse avviato una relazione stabile con un nuovo partner già dal 2010, elemento che a suo avviso doveva comportare l’estinzione dell’obbligo di mantenimento. In primo grado, il Tribunale di Velletri aveva accolto la richiesta di revoca dell’assegno, ritenendo che la relazione dell’ex moglie con il nuovo partner avesse creato una nuova situazione di stabilità economica e sentimentale tale da interrompere il legame di solidarietà post-matrimoniale con l’ex marito. Successivamente, però, la Corte di Appello di Roma aveva rivisto la decisione, riducendo l’assegno da 1.000 a 500 euro mensili, ma senza revocarlo completamente. La motivazione principale era la mancanza di una stabile coabitazione tra l’ex moglie e il nuovo partner, non sufficiente per far venire meno il diritto all’assegno.

I chiarimenti della Cassazione sulla famiglia di fatto

Uno degli elementi centrali dell’ordinanza della Cassazione è la valutazione del concetto di famiglia di fatto e il suo impatto sull’assegno divorzile. Il ricorrente sosteneva che la relazione dell’ex moglie, pur non caratterizzata da una stabile coabitazione, costituisse comunque una convivenza more uxorio con la presenza di una comunanza di vita e affetti. La Cassazione, tuttavia, ha precisato che la convivenza more uxorio non determina automaticamente la revoca dell’assegno divorzile, e la sola esistenza di una relazione affettiva non basta per provare la formazione di una famiglia di fatto.

Perché si possa parlare di “famiglia di fatto” ai fini della revoca o riduzione dell’assegno, devono essere presenti elementi concreti e rilevanti che dimostrino l’esistenza di un progetto di vita comune tra i due nuovi conviventi. In particolare, è necessario che la nuova coppia condivida non solo affetti e relazioni sentimentali, ma anche obblighi reciproci di assistenza morale e materiale. Questo progetto di vita deve essere sufficientemente solido e dimostrato attraverso prove concrete, come la coabitazione, la condivisione di spese domestiche, o l’esistenza di contributi economici stabili tra i partner.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la mancanza di una coabitazione stabile e la presenza di contributi economici sporadici e non sistematici tra l’ex moglie e il nuovo partner non fossero sufficienti per dimostrare la formazione di una nuova famiglia di fatto, portando, dunque la Corte di Cassazione  a confermare la decisione della Corte d’Appello, riducendo l’assegno a 500 euro ma senza revocarlo completamente.

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 La coabitazione come indizio, ma non decisiva

Un altro aspetto interessante emerso dalla decisione riguarda il ruolo della coabitazione. Il ricorrente aveva fondato gran parte della sua argomentazione sulla mancanza di una convivenza stabile tra l’ex moglie e il suo nuovo partner, sostenendo che questo elemento fosse sufficiente per escludere la formazione di una famiglia di fatto. La Cassazione, tuttavia, ha chiarito che la coabitazione non è l’unico elemento determinante ai fini della revoca dell’assegno.

La Corte ha affermato che la coabitazione rappresenta un indizio importante, ma non è un requisito imprescindibile. Può esserci una famiglia di fatto anche senza una convivenza quotidiana sotto lo stesso tetto, purché siano presenti altri elementi rilevanti che dimostrino una vera e propria comunanza di vita, come il sostegno economico continuativo o la condivisione di progetti a lungo termine. Nel caso esaminato, la mancanza di tali elementi ha portato la Cassazione a escludere che l’ex moglie avesse formato una nuova famiglia di fatto.

 Il principio della compensazione: il ruolo dell’assegno divorzile

La Cassazione ha infatti ribadito che l’assegno non è finalizzato solo a garantire un sostegno economico al coniuge più debole, ma anche a compensare i sacrifici personali, professionali e familiari che uno dei coniugi ha fatto durante il matrimonio (funzione compensativa-perequativa). In linea con la giurisprudenza delle Sezioni Unite, la Cassazione ha ricordato che anche in presenza di una nuova convivenza, l’assegno può non essere revocato del tutto, soprattutto quando il coniuge beneficiario ha subito un forte squilibrio economico a causa del matrimonio. Ciò si verifica, per esempio, quando il coniuge che riceve l’assegno ha rinunciato a opportunità di carriera o ha sacrificato parte della propria autonomia economica per sostenere la famiglia o il coniuge.

Dunque, anche in caso di convivenza more uxorio, il giudice deve valutare con attenzione se il coniuge beneficiario abbia diritto a una compensazione economica per il contributo dato alla vita matrimoniale. In questo senso, l’ordinanza sottolinea che l’assegno divorzile non ha più solo una finalità assistenziale, ma deve tenere conto anche delle diseguaglianze economiche sorte all’interno del matrimonio e del contributo offerto da ciascun coniuge alla vita familiare.

 Conclusioni

In conclusione,  La Corte ha sottolineato l’importanza di valutare globalmente le circostanze del caso, evitando automatismi e concentrandosi sugli elementi concreti che possono dimostrare la formazione di una nuova famiglia di fatto.

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