Risarcimento dei danni da emotrasfusione: giurisprudenza di merito

Il risarcimento dei danni da emotrasfusione è un tema centrale nella giurisprudenza di merito e di legittimità, che riflette l’evoluzione del diritto civile ed in particolare, il ruolo della responsabilità medica. L’articolo analizza un caso discusso presso il Tribunale Ordinario di Firenze, che rappresenta un esempio emblematico delle questioni legali legate al risarcimento dei danni causati da emotrasfusioni e delle interpretazioni giurisprudenziali ad esso collegate.

Tribunale di Firenze-Sez. II-11 giugno 2024

Il caso di specie

Il caso ha coinvolto il Ministero della Salute per una richiesta di risarcimento per i danni subiti a causa di una trasfusione di sangue infetto avvenuta nel maggio del 1970 presso l’Ospedale di Arezzo. La paziente, che subì la trasfusione durante un parto, aveva contratto l’infezione da virus dell’epatite C (HCV), diagnosticata solo nel 1999. Tale ritardo nella diagnosi ha portato ad una lunga controversia giuridica, culminata nella sentenza emessa dal Tribunale di Firenze nel 2024.

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Prescrizione e responsabilità del Ministero della Salute

Uno degli aspetti chiave del caso di specie riguarda la questione della prescrizione sollevata dal Ministero della Salute, respinta dal Tribunale in una fase preliminare con la sentenza n. 85/2017. Il rigetto dell’eccezione di prescrizione si basava sul riconoscimento della responsabilità del Ministero per i danni derivanti dalla trasfusione del 1970, i cui effetti si sono manifestati solo molti anni dopo. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5119 del 2023, ha confermato che il diritto al risarcimento per danni “lungolatenti” – cioè quelli che emergono molto tempo dopo l’evento lesivo – nasce solo quando i sintomi si manifestano, e non al momento dell’evento stesso.

Danno biologico e danno morale

Il Tribunale di Firenze ha affrontato in modo approfondito il risarcimento del danno biologico e morale, distinguendo chiaramente tra le due componenti. In questo caso, il danno biologico è stato quantificato in una invalidità permanente del 5%, attribuita alla fibrosi epatica causata dall’epatite C. Tuttavia, oltre al danno biologico, il tribunale ha riconosciuto anche danni esistenziali, relazionali e morali, legati alle significative limitazioni della vita quotidiana e delle relazioni interpersonali provocate dalla malattia.
In particolare, il danno morale è stato considerato un elemento centrale del risarcimento, nonostante la sua difficile quantificazione. Il giudice ha ritenuto che la sofferenza interiore derivante dalla consapevolezza di aver contratto una malattia grave e invalidante come l’epatite C, con tutte le conseguenze psicologiche e relazionali che comporta, meritasse un adeguato riconoscimento economico. L’interpretazione è in linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha stabilito che il danno morale può essere risarcito anche in assenza di sintomi, se è dimostrata la sofferenza derivante dalla consapevolezza della malattia.

La liquidazione del danno

La sentenza ha dedicato particolare attenzione ai criteri di liquidazione del danno. Il Tribunale ha scelto di utilizzare le tabelle del Tribunale di Milano del 2024, ritenendole più appropriate rispetto a quelle previste dal codice delle assicurazioni e dalla legge Gelli-Bianco, che sarebbero state inapplicabili in quanto successive alla data dell’evento dannoso. Questa scelta è stata giustificata dal principio di irretroattività della legge, stabilito dall’art. 11 delle preleggi, secondo cui la legge non può avere effetto retroattivo, a meno che non sia espressamente previsto.
Nel calcolo del danno non patrimoniale, il giudice ha stabilito una somma complessiva di 50.000 euro, di cui 6.575 euro a titolo di danno biologico, con il resto destinato a coprire i danni esistenziali, relazionali e morali. È interessante notare come il tribunale abbia deciso di non applicare un incremento proporzionale del danno morale rispetto al danno biologico, considerandolo invece un danno autonomo, specifico alle circostanze del caso.

Conclusioni

La sentenza mette in luce l’importanza di una valutazione accurata dei danni biologici e morali, riconoscendo che la sofferenza interiore e le limitazioni relazionali causate da tali eventi devono essere compensate in modo adeguato. Inoltre, l’applicazione rigorosa del principio di irretroattività della legge nel calcolo del risarcimento evidenzia l’attenzione nella tutela dei diritti dei pazienti.

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