Con la sentenza n. 24707 del 4 dicembre 2015, le Sezioni Unite hanno risolto una questione di particolare importanza, riguardante il rapporto tra l’azione principale e quella di chiamata in garanzia, con riferimento alla posizione dell’assicuratore della responsabilità civile (fuori dell’ambito dell’assicurazione obbligatoria), quale è configurata dall’art. 1917 c.c.
Sul punto, v’è infatti un netto contrasto tra chi sostiene che tra le due azioni vi sia un vincolo di inscindibilità ed interdipendenza, che provocherebbe in caso di revoca della condanna nei confronti della compagnia assicuratrice, la revoca anche della condanna della garantita, pur in mancanza di una sua specifica impugnazione; e chi, in senso contrario, ritiene che la chiamata in causa dell’assicuratore della responsabilità civile, da parte dell’assicurato convenuto dal terzo danneggiato, ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 4, costituisca un’ipotesi di chiamata in garanzia impropria, con la conseguenza, ai fini dell’estensione soggettiva del giudicato che se nel giudizio di appello l’assicuratore impugna la responsabilità del proprio assicurato, ma altrettanto non fa quest’ultimo, l’accoglimento dell’appello del primo non si estende all’altro.
La Suprema Corte ha in primo luogo chiarito che la distinzione tra garanzia propria ed impropria debba essere mantenuta soltanto a livello descrittivo delle varie fattispecie di garanzia ma deve essere abbandonata a livello di conseguenze applicative, poichè non esistono ragioni normative che giustificano differenze sotto tale aspetto.
Superata tale distinzione, la Corte di legittimità ha affrontato la questione proposta dall’ordinanza di rimessione, riguardante l’atteggiarsi in sede di gravame del litisconsorzio insorto per effetto di una chiamata in causa del terzo garante e, in particolare l’ipotesi in cui il rapporto principale oggetto della garanzia sia stato accertato in senso sfavorevole al garantito nel contraddittorio del garante da lui chiamato in causa.
La prima ipotesi esaminata è quella in cui l’accertamento del rapporto principale si sia concluso con l’esclusione della responsabilità del garantito: in tal caso non c’è pregiudizio per il garante e tale esclusione impedirà al garantito di far valere il rapporto di garanzia e la pretesa alla prestazione di garanzia relativamente a detta responsabilità, che è stata negata. Il garante non risulterà in alcun modo soccombente o, comunque, provvisto di interesse a impugnare, in ragione della posizione di soggetto che non era parte del rapporto principale, ma che si è visto per effetto della chiamata estendere l’efficacia del relativo accertamento. Lo stesso garantito, risultando vittorioso riguardo al rapporto principale, non sarà legittimato ad impugnare. La legittimazione ad impugnare sarà, dunque, soltanto dell’attore originario e l’impugnazione, in ragione del litisconsorzio determinato dall’estensione soggettiva dell’accertamento determinata dalla chiamata in causa e dalla necessità di procedere all’accertamento anche nel contraddittorio del garante, dovrà essere rivolta sia nei confronti del garantito che del garante, ai sensi dell’art. 331 c.p.c.
Quanto all’ipotesi opposta, cioè il caso in cui l’esito del giudizio esteso soltanto soggettivamente al garante sia stato invece sfavorevole al garantito, secondo le Sezioni Unite è palese che, in tal caso, soccombente è certamente lo stesso garantito che è stato riconosciuto responsabile nei confronti dell’attore. Di conseguenza, nella situazione qui considerata tanto il garantito quanto il garante hanno legittimazione all’impugnazione, sempre in ragione del carattere litisconsortile necessario del giudizio.
Alla luce di tale ragionamento, in caso di impugnazione del garantito, egli dovrà pertanto rivolgere l’impugnazione sia contro l’attore nei cui confronti è stata riconosciuta la sua responsabilità sia nei riguardi del garante. Se invece impugna il garante, egli dovrà rivolgere l’impugnazione sia contro l’attore sia nei confronti del garantito.
Quanto al caso in cui sia stato chiesto da una delle parti del rapporto di garanzia l’accertamento di tale rapporto solo per il caso di soccombenza del garantito, la relativa domanda risulterà assorbita e, dunque, non oggetto di decisione. L’unico soccombente sarà l’attore originario e se egli impugna deve rivolgere l’impugnazione sia contro il garantito che contro il garante. Chi aveva proposto la domanda inerente il modo di essere del rapporto di garanzia, non essendovi stata decisione su di essa, la potrà riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c. Quindi se l’aveva proposta il garantito sarà lui a riproporla, se l’aveva proposta il garante sarà lui a riproporla.
Al contrario, se l’accertamento sul rapporto di garanzia era stato chiesto senza condizionamento, fermo restando che l’attore dovrà comunque impugnare la statuizione di rigetto tanto contro il garante che contro il garantito, occorrerà invece che chi nel rapporto di garanzia è rimasto soccombente, se vuole porlo in discussione, impugni in via incidentale, non bastando la sola riproposizione della domanda, dato che c’è una soccombenza da rimuovere ed essa, che non è stata posta in discussione dall’attore impugnante in via principale, che non era parte del rapporto di garanzia, può esserlo solo dalla parte di esso che è soccombente.
Nel caso in cui l’azione principale sia stata accolta e sia stata riconosciuta la responsabilità del garantito, può essere accaduto o che l’azione che era stata proposta riguardo al rapporto di garanzia sia stata accolta o che essa sia stata rigettata. Con riferimento a questa seconda situazione, il soccombente, tanto riguardo al modo di essere del rapporto principale quanto riguardo al modo di essere del rapporto di garanzia, è sempre e soltanto il garantito. Costui può scegliere di impugnare la sua soccombenza contemporaneamente tanto riguardo all’uno che all’altro rapporto se intende mettere la decisione in discussione riguardo ad entrambi. Può però scegliere di impugnare solo riguardo ad uno dei rapporti.
Nell’ulteriore ipotesi in cui sia stata accolta l’azione principale e sia stata accolta l’azione di garanzia, è palese che il garantito è soccombente riguardo all’azione principale e vittorioso riguardo all’azione di garanzia. Si deve, dunque, ipotizzare che il garantito possa impugnare nei confronti dell’attore ed in tal caso egli deve necessariamente notificare anche al garante: non tanto perché la statuizione sul rapporto di garanzia è dipendente da quella sul rapporto principale, ma “perché il garante è parte necessaria della stessa statuizione resa riguardo al rapporto principale“.
Sempre nel caso in cui sia stata accolta l’azione principale e sia stata accolta l’azione di garanzia, l’interesse ad impugnare sussisterà naturalmente anche in capo al garante: pertanto, se egli non ha da far valere soltanto ragioni di impugnazione relative al modo di essere del rapporto di garanzia, è certamente legittimato, in forza della estensione della legittimazione processuale che nei suoi confronti vi era stata, a proporre impugnazione riguardo al rapporto principale. Le Sezioni Unite precisano inoltre che tale impugnazione dovrà necessariamente svolgersi sia nei confronti dell’attore del rapporto principale sia nei confronti del garantito e sarà sufficiente essa a rimettere in discussione la decisione su quel rapporto anche a vantaggio del garantito e ciò senza necessità di una impugnazione incidentale da parte sua.
La Suprema Corte ha inoltre statuito quali devono essere le modalità di svolgimento della difesa del garantito in sede di impugnazione: egli, innanzitutto, potrebbe far valere delle ragioni di censura della decisione sul rapporto principale e, quindi, motivi di impugnazione ulteriori rispetto a quelli prospettati dal garante. In tal caso è necessario che egli svolga un’impugnazione incidentale, la quale, provenendo da chi è parte di un giudizio inscindibile ai sensi dell’art. 331 c.p.c. ben potrà essere svolta anche quale impugnazione incidentale tardiva. L’impugnazione incidentale è necessaria in questo caso per estendere l’impugnazione ai motivi che il garante non ha dedotto, perché altrimenti si verificherebbe acquiescenza sui punti della decisione impugnata cui essi si correlano. Dei nuovi motivi beneficerà anche il garante.
Ove, invece, il garantito non abbia queste ragioni di contestazione ulteriori che sole potrebbero giustificare un’impugnazione al di là di quanto ha prospettato già il garante, egli ben potrà, costituendosi in giudizio, limitarsi invece a far proprie le ragioni dell’impugnazione del garante, atteso che, come evidenziato dalle Sezioni Unite, l’impugnazione gli giova.
Infine, qualora, a seguito dell’impugnazione del garante, che abbia riguardato il rapporto principale riguardo al quale era stato dichiarato soccombente il garantito, costui rimanga contumace, “l’atteggiamento di contumacia non potrà certamente intendersi come una sua tacita acquiescenza, atteso che l’ordinamento attribuisce alla contumacia solo effetti tipizzati e fra essi non si rinviene un effetto di tal genere“. L’accoglimento dell’impugnazione del garante gioverà, dunque, anche in tal caso al garantito contumace.