Usucapione dei beni ereditari e accertamento dello status di figlio: effetti sugli atti interruttivi

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8517/2025 , depositata il primo aprile (trovi il testo integrale della sentenza qui), si è pronunciata su una questione delicata in materia di rapporti tra accertamento della filiazione e usucapione dei beni ereditari. La decisione affronta un tema centrale per il diritto successorio: la possibilità, per il figlio del de cuius nato fuori dal matrimonio, di interrompere l’usucapione sui beni ereditari prima del passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione. 

Consiglio: se vuoi approfondire l’argomento e avere un testo di riferimento per restare aggiornato anche alle ultime novità introdotte in materia di successione ereditaria e donazione, ti consigliamo il “Manuale Pratico per la successione ereditaria e le donazioni”.

Manuale pratico per la successione ereditaria e le donazioni

Manuale pratico per la successione ereditaria e le donazioni

Il volume offre al professionista una guida ragionata per gestire le questioni legali più complesse in materia di successione ereditaria e donazioni.
La presente edizione è aggiornata alle più recenti novità normative e giurisprudenziali, tra cui il principio della ridotta entità del conguaglio per la divisione ereditaria (Cass. n. 1686/2025); il valore della cartella clinica nella decisione sulla capacità del testatore (Cass. 1632/2025) e la valutazione della CTU in riferimento ai cd. solchi ciechi dello scritto (Cass. 1012/2025).
Con un pratico FORMULARIO in ogni capitolo e con una struttura di agevole consultazione tramite SEZIONI DI SINTESI e SCHEMI SINOTTICI, il volume si rivela uno strumento indispensabile e utile per una ricerca rapida della soluzione da adottare nel singolo caso di specie.
Tutti i commenti sono accompagnati dalla GIURISPRUDENZA di riferimento più recente, in modo da supportare l’avvocato nello studio della casistica rilevante. La sezione delle F.A.Q. (Domande Frequenti) riporta risposte a quesiti che con maggior frequenza vengono rivolti al professionista in sede di prima consultazione.

Riccardo Mazzon
Avvocato Cassazionista del Foro di Venezia. Ha svolto funzioni di vice-procuratore onorario presso la Procura di Venezia negli anni dal 1994 al 1996. È stato docente in lezioni accademiche presso l’Università di Trieste, in corsi approfonditi di temi e scritture giuridiche indirizzati alla preparazione per i Concorsi Pubblici. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche.

Leggi descrizione
Riccardo Mazzon, 2025, Maggioli Editore
84.00 € 79.80 €

Il caso

La controversia nasce nell’ambito di una successione in cui, un figlio nato fuori dal matrimonio aveva ottenuto l’accertamento della paternità nei confronti del de cuius e, successivamente, la revoca del testamento, l’apertura della successione legittima e il riconoscimento della propria qualità di erede unico.

L’attore aveva, altresì, chiesto ed ottenuto sequestro giudiziario su alcuni beni immobili, ma uno degli immobili consegnati all’erede non rientrava effettivamente nell’ambito del sequestro. Gli altri fratelli coeredi, quindi, ne chiedevano la restituzione e, contestualmente, facevano valere l’usucapione, sostenendo di possedere l’immobile sin dal 1980.

Il figlio naturale si costituiva in giudizio sostenendo che il possesso ininterrotto da parte dei fratelli non poteva condurre all’usucapione, in quanto il termine utile non poteva iniziare a decorrere prima del passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della filiazione. A partire da tale momento, egli avrebbe acquisito la capacità giuridica per esercitare diritti successori e compiere atti interruttivi dell’usucapione.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda di usucapione, accogliendo la tesi del figlio nato fuori dal matrimonio. I fratelli coeredi presentavano ricorso in Cassazione.

Il nodo interpretativo

I ricorrenti, con il terzo motivo di ricorso, censuravano la decisione d’appello per aver rigettato l’eccezione di usucapione, senza fornire una motivazione adeguata.

La Suprema Corte ha, in primo luogo, individuato il punto di diritto controverso: stabilire se il figlio non ancora titolato formalmente, ma legittimato alla luce della normativa vigente al momento dell’apertura della successione, possa esercitare validamente il potere di interrompere l’usucapione.

I giudici di merito avevano affermato che solo il passaggio in giudicato della sentenza attributiva dello status avrebbe abilitato il soggetto all’esercizio di atti giuridici idonei a interrompere il decorso del termine utile per l’usucapione. La Cassazione, tuttavia, ha contestato questa impostazione, ritenendola restrittiva e non conforme ai principi costituzionali e sistematici in materia di filiazione.

Potrebbero interessarti anche:

La distinzione tra capacità successoria e legittimazione conservativa

Il Collegio ha chiarito che il potere di compiere atti conservativi del patrimonio ereditario, tra cui rientra l’interruzione del possesso, non dipende dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione, ma dalla concreta possibilità di accertare in giudizio lo status di figlio alla luce della legge vigente al momento dell’apertura della successione.

In questa prospettiva, l’interesse all’azione conservativa si fonda su un diritto in fieri, ma giuridicamente protetto. Il soggetto che agisce per ottenere il riconoscimento della propria filiazione naturale esercita un potere idoneo a tutelare la futura situazione soggettiva, anche in via cautelare e conservativa.

L’effetto retroattivo dell’accertamento della filiazione

La Corte valorizza il dato testuale dell’art. 269, comma 2, c.c., secondo cui la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità produce effetti ex tunc, ovvero dalla nascita del figlio. Pertanto, la qualità di successibile si radica al momento dell’apertura della successione del genitore naturale, anche se lo status venga formalmente riconosciuto solo in esito a un giudizio.

Tale principio implica che l’interessato, già in costanza del procedimento per l’accertamento della filiazione, può e deve considerarsi legittimato a impedire l’usucapione di beni ereditari, a condizione che vi sia una concreta possibilità di riconoscimento sulla base della normativa vigente.

Il superamento dell’orientamento restrittivo

La Suprema Corte prende le distanze dall’orientamento espresso da Cass. n. 14917/2012, che subordinava l’esercizio del potere interruttivo al passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della filiazione. Tale impostazione, afferma la Corte, risulta non più compatibile con il principio di parità dei figli ex art. 30 Cost. e con la piena equiparazione operata dalla riforma del diritto di famiglia.

La decisione accoglie invece la linea seguita da Cass. n. 2326/1990, secondo cui l’instaurazione di un giudizio per l’accertamento della filiazione e per la petizione ereditaria costituisce, di per sé, atto interruttivo del possesso utile ai fini dell’usucapione.

Il principio di diritto

Alla luce delle argomentazioni sviluppate, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, enunciando il seguente principio di diritto:

«Il figlio del de cuius nato fuori dal matrimonio, già riconoscibile secondo la legge vigente al tempo di apertura della successione, ha il potere di interrompere l’usucapione dei beni ereditari, senza dovere attendere il passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione. Infatti, ai fini della idoneità dell’atto interruttivo del possesso ad usucapionem di un bene ereditario, non si richiede l’avvenuto acquisto della qualità di erede da parte del figlio, essendo sufficiente l’interesse alla conservazione del patrimonio ereditario, interesse che, nella situazione di cui sopra, sussiste già a partire dalla morte del genitore»

Conclusioni

La sentenza n. 8517/2025 segna un punto di svolta nella giurisprudenza civilistica in materia successoria e di filiazione naturale. La Corte riconosce al figlio non ancora giudizialmente accertato, ma potenzialmente legittimato, un potere effettivo di tutela dei beni ereditari attraverso atti interruttivi validi sin dalla proposizione della domanda giudiziale.

In tal modo, il giudice di legittimità rafforza la coerenza del sistema con i valori costituzionali di eguaglianza tra figli, tutela effettiva dei diritti successori e certezza dei rapporti giuridici.

SCRIVI IL TUO COMMENTO

Scrivi il tuo commento!
Per favore, inserisci qui il tuo nome

quattordici + nove =

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.