
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29039 del 3 novembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha precisato che la disciplina dell’equo compenso degli avvocati, introdotta dall’art. 13-bis della legge n. 247/2012, trova applicazione anche nei contratti di patrocinio stipulati dopo l’entrata in vigore della norma, ancorché la convenzione quadro sia stata sottoscritta in data anteriore.
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Il contesto
La Seconda Sezione Civile interviene su un contenzioso tra due avvocati e una società finanziaria, riguardante la richiesta di pagamento di un compenso ritenuto non equo ai sensi dell’art. 13-bis della legge n. 247/2012. I due professionisti ricorrenti hanno lamentato che le clausole della convenzione quadro fossero vessatorie e che i compensi pattuiti fossero irrisori rispetto alla quantità e qualità dell’opera svolta.
Il Tribunale aveva inizialmente rigettato la domanda, ritenendo che la norma non operasse nei confronti dei rapporti originati prima della sua entrata in vigore. La Cassazione, invece, ha accolto il ricorso, precisando i criteri di applicazione della disciplina.
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Il principio dell’equo compenso
L’art. 13-bis della legge n. 247/2012, introdotto dal decreto-legge n. 148/2017 e convertito nella legge n. 172/2017, prevede che il compenso dell’avvocato nei rapporti con imprese “forti” – come banche, assicurazioni o grandi aziende – sia proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, oltre che conforme ai parametri ministeriali.
La norma qualifica come vessatorie le clausole che creano uno squilibrio contrattuale a danno del professionista. Rientrano tra queste la possibilità per il cliente di modificare unilateralmente le condizioni, l’imposizione di prestazioni aggiuntive gratuite, l’obbligo per l’avvocato di anticipare le spese o la previsione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni.
La portata della sentenza
Il collegio romano ha chiarito che ciò che genera il diritto al compenso è il conferimento del singolo mandato difensivo, non la stipula della convenzione quadro. Per l’effetto, anche se le parti hanno sottoscritto la convenzione prima dell’entrata in vigore della norma, la disciplina dell’equo compenso si applica quando l’incarico viene conferito successivamente. In tali casi, il giudice deve disapplicare le clausole che prevedono compensi inadeguati o vessatori e ricalibrare il compenso in conformità ai parametri ministeriali.
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Clausole vessatorie e nullità
La pronuncia ribadisce che le clausole vessatorie sono nulle, ma solo a vantaggio dell’avvocato. Il contratto resta valido per il resto, e la nullità opera solamente se la clausola è stata recepita nel contratto di patrocinio concluso a seguito dell’entrata in vigore della norma.
La Corte ha anche escluso che la disciplina sia retroattiva: non si applica ai contratti di patrocinio conclusi prima della sua entrata in vigore, anche se le prestazioni sono state svolte successivamente.
Il principio di diritto
L’articolo 13-bis della legge n. 247/2012, introdotto dal d.l. n. 148/2017, convertito con modifiche dalla legge n. 172/2017, non ha natura di norma interpretativa e non si applica retroattivamente ai contratti di patrocinio conclusi prima della sua entrata in vigore. Tuttavia, trova applicazione ai singoli incarichi professionali conferiti a seguito della sua entrata in vigore, pure se regolati da una convenzione quadro stipulata in epoca anteriore, in quanto il diritto al compenso dell’avvocato sorge dal contratto di patrocinio e non dalla convenzione stessa. Tale principio chiarisce che la tutela dell’equo compenso si applica solo agli incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore della norma, anche se la convenzione quadro è precedente.
Conseguenze pratiche
La pronuncia ha un notevole risvolto pratico per tutti gli avvocati che operano in regime di convenzione con imprese “forti”, imponendo una verifica puntuale della data di conferimento del singolo incarico, in quanto solo in quel momento si determina l’applicabilità della disciplina dell’equo compenso. Inoltre, rafforza la tutela del professionista contro le clausole vessatorie, anche in presenza di convenzioni quadro stipulate in precedenza.









