Il dibattito su trust internazionali e successioni è stato affrontato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo con il caso Jarre c. Francia in data 15 febbraio 2024. La sentenza ha messo in luce l’analisi giuridica derivante dalla gestione di eredità transfrontaliere con particolare riferimento al diritto di successione, la libertà testamentaria e il principio di uguaglianza davanti alla legge.
Caso JARRE v. FRANCE del 15 febbraio 2024
La questione: il trust
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha affrontato una questione riguardante la successione regolata da un trust statunitense. I figli del defunto musicista Jarre, rivendicando la loro parte riservata secondo il diritto francese, hanno portato il caso davanti alle autorità giudiziarie in Francia, invocando una legge che prevedeva un diritto di prelievo compensatorio per gli eredi esclusi da una successione regolata da una legge straniera.
Durante il processo, il Consiglio Costituzionale francese ha giudicato incompatibile con la Costituzione una legge che avrebbe potuto fornire ai richiedenti un diritto di prelievo compensatorio per la parte di eredità situata in Francia, dato che discriminava a favore degli eredi francesi rispetto a quelli stranieri.
Pertanto, le corti francesi hanno rigettato le richieste, applicando la legge californiana, che non riconosce la figura della riserva ereditaria.
La Corte Europea, valutando l’applicazione della legge californiana come proporzionata e non arbitraria, ha concluso che non vi era stata violazione del diritto al rispetto dei beni o del diritto a un processo equo. Ha sottolineato il rispetto della libertà testamentaria e la legittimità del trust secondo il diritto californiano.
Le norme oggetto di discussione
In particolare, la sentenza della corte di Strasburgo ha affrontato una serie di norme e di principi giuridici.
Il cuore della controversia ha ad oggetto la disposizione dell’art. 2 della legge francese del 14 luglio 1819, che conferiva agli eredi francesi un diritto di prelievo compensatorio sui beni situati in Francia, nel caso fossero stati esclusi da una successione regolata da una legge straniera. Questa norma aveva lo scopo di garantire agli eredi francesi un trattamento equivalente a quello che avrebbero ricevuto sotto la legge francese, che tradizionalmente protegge la quota di riserva ereditaria. Tuttavia, la legge è stata oggetto di una decisione del Consiglio Costituzionale francese, che l’ha dichiarata incostituzionale proprio perché discriminava tra eredi in base alla nazionalità, minando così uno dei principi fondamentali del diritto francese: l’uguaglianza davanti alla legge.
Per questi motivi, i ricorrenti hanno dunque fatto riferimento nel loro ricorso all’art. 1 del Protocollo n. 1, che tutela il diritto al rispetto della proprietà privata e all’art. 6 § 1, che garantisce il diritto a un processo equo. Quest’ultimo in particolare è stato invocato con l’argomentazione che le decisioni delle autorità giudiziarie avevano impedito ai richiedenti di far valere le loro pretese ereditarie.
Nel ricorso, i richiedenti hanno sottolineato che, alla morte del padre Maurice, le leggi francesi gli avevano conferito automaticamente diritti ereditari, fondati sulla loro qualità di figli e sul principio di riserva héréditaire del codice civile francese. Tuttavia, a fronte della decisione del loro genitore di regolare la propria successione secondo le norme regolanti il trust in California, si sono trovati privi di qualsiasi diritto ereditario, nonostante la loro condizione di riservatari in Francia.
Le argomentazioni della Corte
In base all’analisi formulata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, la stessa ha riconosciuto che, sebbene il diritto di prelievo compensatorio fosse applicabile solo al momento della divisione effettiva dell’eredità, i richiedenti avrebbero avuto diritto a questo meccanismo alla morte del loro genitore. In base a questo, la Corte ha stabilito che esisteva una “legittima aspettativa” che si qualifica come “bene” ai sensi dell’art. 1 Prot. n. 1 della CEDU.
Nonostante l’esistenza di questa “legittima aspettativa”, i giudici di Strasburgo hanno rilevato che i ricorrenti non avrebbero potuto esercitare tale diritto a causa dell’abrogazione della norma francese prima che la successione venisse formalmente regolata.
Nel caso di specie, la discussione verteva sulla legittimità dell’abrogazione immediata di una norma che, se applicata, avrebbe concesso ai ricorrenti un diritto di prelievo compensativo sui beni in Francia. La Corte ha stabilito che l’art. 2 della legge francese non garantiva un diritto assoluto all’eredità, ma proteggeva le aspettative legittime degli individui, qualora queste fossero basate su una giurisprudenza solida e consolidata all’interno dell’ordinamento nazionale.
La Corte ha valutato l’equilibrio tra il diritto dei ricorrenti al rispetto della loro proprietà e gli interessi generali dello Stato, ritenendo che l’abrogazione della disposizione non avesse violato i diritti dei ricorrenti. La decisione ha sottolineato che, sebbene i ricorrenti avessero ragioni valide per sentirsi trattati ingiustamente, il cambiamento legislativo risultava da un processo di controllo costituzionale standard in uno stato democratico, e quindi non configurava una violazione delle loro tutele.
La Corte ha identificato l’esclusione dell’applicazione della legge come un’intromissione nei diritti di proprietà, senza però configurarla come un’azione di espropriazione o una regolamentazione dell’uso dei beni. Piuttosto, la Corte l’ha interpretata come un adeguamento normativo al diritto di proprietà in base alle esigenze generali dell’ordinamento giuridico.
Per quanto riguarda la proporzionalità dell’interferenza, la Corte ha confermato l’importanza dell’uguaglianza davanti alla legge, giustificando quindi l’applicazione immediata della decisione del Consiglio Costituzionale circa l’abrogazione della legge e la conseguente applicazione della decisione giuridica.
Conclusioni
In conclusione, il dibattito si è concentrato sull’articolo 1 del Protocollo n. 1, che tutela il diritto alla proprietà. La Corte ha esaminato se l’abrogazione dell’articolo 2 della legge del 14 luglio 1819, e la sua diretta applicazione alle situazioni in corso, potessero costituire una violazione. Tuttavia, la Corte ha chiarito che la decisione del Consiglio Costituzionale francese di abrogare tale legge, e la conseguente aderenza a questa decisione da parte delle corti interne, non hanno costituito una violazione dei diritti di proprietà dei ricorrenti secondo la Convenzione.
Infine, per quanto riguarda il diritto a un processo equo, come garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, la Corte ha accuratamente valutato se le procedure legali nazionali rispettassero o meno gli standard richiesti. In quest’ottica, i giudici hanno concluso che non c’era stato alcun mancato rispetto dei principi di equità e giustizia.
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Nicola Tilli,
Avvocato in Milano dal 1996, Cassazionista, Founding Partner del network di studi legali internazionalistici Novastudia Professional Alliance. Autore di varie pubblicazioni per primarie case editrici giuridico-professionali. Ha collaborato negli ultimi venticinque anni con l’Istituto di diritto civile (cattedra di diritto comparato) Università Statale di Milano, Libera Università di Castellanza (LUIC), Università Bocconi di Milano, Università del Piemonte Orientale e con incarichi di docenza o lecturer presso Università degli Studi “Carlo Bo” di Urbino, LUISS di Roma, Università di Parma. Trainer di Business School Il Sole 24 Ore, IKN, AIIA (Ass. Internal Auditors). È consulente e DPO per primarie imprese.
Stefano Mingardi,
Dottore in giurisprudenza, dal 2011 è full-member di STEP (Society of Trustee and Estate Pratictioners) e dal 2014 dirige la Divisione Trusts – Pianificazione Patrimoniale e Attività Fiduciarie dello Studio Legale Associato Martinez & Novebaci di Milano.