La Terza Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza in oggetto[1], ha stabilito che, in caso di successione nel contratto di locazione, ex latere conductoris, di stampo legale e non convenzionale, debba essere comunque comunicato al soggetto locatore l’identificativo del nuovo conduttore, atteso che sia un evidente diritto del primo conoscere il soggetto titolare dei diritti e degli obblighi direttamente conseguenti all’implementazione del contratto.
Il caso in esame
Nell’ambito di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto dall’Inpdap, per una cifra complessiva pari a circa euro sessantasettemila, a titolo di canoni e oneri contrattuali non corrisposti, in relazione alla locazione di un immobile, l’opponente aveva rappresentato che, nel 1976, fosse stato stipulato un contratto di locazione tra l’Ente Previdenziale opposto e il suo coniuge e che, nel 1985, nell’ambito degli accordi di separazione consensuale con quest’ultimo, l’immobile de quo le era stato assegnato, subentrando, quindi, nell’originario contratto di locazione. La stessa opponente, tra le varie eccezioni formulate, aveva evidenziato l’intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti vantati dall’Inpdap.
Il Tribunale di Venezia aveva parzialmente accolto l’opposizione, revocando, consequenzialmente, il decreto ingiuntivo e condannando l’opponente a corrispondere all’Ente una minor somma, pari a circa 11.000 €.
L’Inps (incorporante, nel frattempo, Inpdap) presentava appello, chiedendo l’accertamento dell’efficacia degli atti interruttivi della prescrizione posti in essere in costanza del rapporto e la Corte territoriale, premettendo che il trasferimento ex lege del contratto di locazione della casa ex coniugale avesse comportato l’estinzione del rapporto locatizio nei confronti dell’ex conduttore non assegnatario, riteneva che le diffide indirizzate al marito dell’appellata, non più assegnatario dell’immobile, sia pure presso lo stesso indirizzo di residenza, non avessero potuto svolgere l’asserita efficacia interruttiva della prescrizione, essendo il primo atto rilevante in tal senso quello accertato dal giudice di prime cure.
Ciò rilevato, la Corte d’Appello accoglieva parzialmente l’impugnazione, riformando la sentenza di primo grado nella parte in cui non aveva ritenuto salvi dalla prescrizione i canoni locatizi maturati nel quinquennio anteriore all’atto interruttivo, ai sensi dell’art. 2948, n. 3, c.c., e, al contempo condannava l’appellata al pagamento di una somma complessiva di circa euro undicimila, a titolo di canoni e per oneri accessori, oltre alla penale contrattualmente prevista. Avverso questa sentenza l’Ente Previdenziale proponeva ricorso per Cassazione, formulando due distinti motivi.
I motivi del ricorso
Con il primo motivo[2] l’Inps censurava la sentenza d’appello nella parte in cui, non avendo tenuto in debita considerazione la disinformazione incolpevole circa l’assegnazione della casa coniugale alla resistente, aveva rilevato l’inefficacia, ai fini interruttivi della prescrizione, delle diffide spedite a nome dell’ex marito, all’indirizzo di residenza della moglie. A tal riguardo, l’Ente ricorrente affermava, inoltre, che l’operatività ex lege del fenomeno successorio non possa, di per sé, escludere che la stessa resistente, subentrando all’ex coniuge nel rapporto locativo, avesse dovuto comunicare al locatore l’intervenuta modificazione soggettiva del rapporto e che tale mancanza avesse determinato una palese violazione dei principi ex artt. 1175 e 1375 c.c., integrando un abuso del diritto, consistente nell’esonero della parte succeduta nel contratto dall’obbligazione di pagare il canone, con un correlato grave pregiudizio creditorio.
Con il secondo motivo[3] il ricorrente censurava l’evidente contrasto tra motivazione e dispositivo della sentenza d’appello, laddove, la Corte territoriale, da un lato, avrebbe riconosciuto la mancata prescrizione di alcuni crediti, per poi, dall’altro, non assommarli all’importo precedentemente liquidato dal Tribunale.
La decisione della Cassazione
La Terza Sezione ha ritenuto fondato e, pertanto, meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso, dal momento che l’orientamento ormai consolidatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità, ha affermato che il locatore, pur in presenza di una successione nel contratto ex latere conductoris di stampo legale e non negoziale, abbia, in ogni caso, il diritto di conoscere quale sia il soggetto divenuto nuovo titolare dei diritti e degli obblighi scaturenti dal rapporto, sia per un controllo della regolarità della vicenda traslativa, sia per l’individuazione della controparte interessata alle future vicende contrattuali (quali, a titolo meramente esemplificativo, la rinnovazione, l’aggiornamento del canone, la risoluzione).
A tal proposito, pare opportuno evidenziare come l’automatismo del meccanismo successorio, puntualmente disciplinato dall’art. 6 della legge n. 392/1978, implichi l’ininfluenza di un qualsivoglia apporto volitivo, di adesione o di accettazione da parte del locatore ceduto[4], ma non, altresì, che il cambiamento di titolarità, di uno dei due contraenti, in un rapporto contrattuale di durata a prestazioni corrispettive, possa operare e svolgere i propri effetti nella ignoranza dell’altro[5].
Il terzo comma della disposizione de qua, infatti, derogando al regime di default previsto per la generalità dei casi di cessione del contratto[6], stabilisce che, in caso di separazione consensuale dei coniugi (circostanza verificatasi nel caso di specie) o di nullità matrimoniale, al conduttore originario possa succede l’altro coniuge, ove tale subentro sia stato concordemente convenuto (accordo anch’esso intervenuto nella controversia de qua)[7].
Nella cessione si realizza, in senso figurativo e virtuale, una sorta di riconsegna al locatore dell’immobile e la consegna del bene al nuovo conduttore e la legge scioglie il meccanismo della solidarietà (altrimenti vincolante entrambi i coniugi), dal momento della comunicazione al locatore dell’avvenuta separazione e solo per i debiti maturati successivamente[8].
Nella fattispecie oggetto del ricorso, il silenzio di entrambi gli ex coniugi sul verificarsi della fattispecie successoria, deve essere valutato in rapporto di assoluta conflittualità e contrarietà con il generale principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, specificamente disciplinato dall’art. 1375 c.c.: l’aver omesso la comunicazione della successione all’Ente locatore ha, difatti, consentito la perpetrazione dell’inoltro delle richieste di pagamento al vecchio conduttore, palesando, quindi, l’intenzionalità della resistente a che l’esercizio delle pretese creditorie fosse erroneamente indirizzato nei confronti di un soggetto non più legittimato passivamente.
Il dettame dell’art. 1375 c.c. interviene in chiave manutentiva, correggendo questo squilibrio conoscitivo, a tutela del creditore: l’ex coniuge, originario conduttore, nella situazione di incolpevole conoscenza della successione, assume le vesti di rappresentante, senza spendita del nome, della resistente, ai fini della ricezione delle diffide ad adempiere e, di conseguenza, l’efficacia di queste ultime, nei confronti della stessa resistente, ai fini interruttivi della prescrizione[9].
[1] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2018, n. 27441.
[2] Segnatamente, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175, 1374 e 1375 c.c., nonché dell’art. 2943 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.
[3] Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 156, secondo comma, c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.
[4] Alla stregua di quanto sostanzialmente accade con la cessione del credito, ex art. 1260 c.c.
[5] In tal senso, Cass. Civ., Sez. III, 14 febbraio 1992, n. 1831.
[6] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 26 luglio 2018, n. 19849, per cui «la cessione del contratto costituisce evidentemente una fattispecie più ampia della pura e semplice cessione del credito, posto che con essa il cedente trasferisce al cessionario l’intero complesso delle obbligazioni nascenti dal contratto oggetto di cessione. La circostanza che in tale complesso siano comprese anche pretese creditorie non esclude la necessità del consenso del contraente ceduto, prevista chiaramente dall’art. 1406 c.c.»; Cass. Civ., Sez. III, 15 marzo 2004, n. 5244; Cass. Civ., Sez. II, 16 marzo 2007, n. 6157.
[7] Pare opportuno rilevare come la Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 204/1988, abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost., dell’art. 6 l. 27 luglio 1978 n. 392, nella parte in cui non preveda la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente quando vi sia prole naturale, nonché, parimenti, nella parte in cui non preveda la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente quando vi sia prole naturale.
[8] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 30 aprile 2009, n. 10104; Cass. Civ., Sez. III, 17 luglio 2008, n. 19691.
[9] Ciò dedotto, ai fini più strettamente legati alla vicenda processuale, consegue la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte territoriale ha statuito in modo difforme dai rappresentati principi di diritto. Il secondo motivo di ricorso, benché, parimenti, fondato, è assorbito dall’accoglimento del primo, in quanto il giudice del rinvio, a seguito della rivalutazione della domanda, procederà al corretto calcolo del dovuto, rendendo congruente la motivazione della sentenza con il dispositivo.