Spese di lite e parametri forensi: il giudice deve rispettare i minimi tariffari

La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con l’ordinanza n. 27268/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), torna a chiarire i confini del potere del giudice nella liquidazione delle spese processuali. Al centro della decisione, la questione del rispetto dei minimi tariffari previsti dal d.m. n. 55/2014 e dell’obbligo di motivare ogni riduzione rispetto alla nota spese presentata dalla parte vittoriosa. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile”, di Lucilla Nigro, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon, offre un supporto utile per gestire ogni fase del contenzioso civile.

Formulario commentato del nuovo processo civile

Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Quando la liquidazione simbolica viola i parametri minimi

Il caso nasce dal ricorso di una contribuente contro l’Agenzia delle Entrate per ottenere il rimborso IRPEF. Dopo un lungo iter giudiziario, dal primo grado fino alla Cassazione, la Commissione tributaria regionale della Sicilia, in sede di rinvio, aveva accolto la domanda della contribuente, ma liquidato le spese di lite in modo ritenuto incongruo e inferiore ai minimi di legge.

La condanna alle spese, infatti, era stata quantificata in 300 euro per il primo grado, 600 euro per l’appello, 600 euro per la Cassazione e 600 euro per il rinvio, senza alcuna motivazione specifica.
La parte vittoriosa ha quindi impugnato nuovamente la decisione, denunciando la violazione dei parametri forensi e l’omessa motivazione sulla liquidazione delle spese.

Il richiamo ai parametri forensi e all’obbligo di motivazione

Nel valutare il ricorso, la Corte ha richiamato il principio secondo cui il giudice deve applicare i parametri vigenti al momento della decisione, ossia quelli contenuti nel d.m. 55/2014, e non può far riferimento a normative superate, come il d.m. 140/2012.
La liquidazione, ha sottolineato la Corte, non può avvenire in modo forfettario o simbolico: il giudice, una volta che la parte vittoriosa ha depositato una nota spese dettagliata, deve confrontarsi con le singole voci e motivare in modo puntuale ogni eventuale riduzione. Diversamente, la decisione risulta viziata per carenza di motivazione e violazione di legge.

Il rispetto dei minimi tariffari rappresenta un vincolo imprescindibile, espressione del principio di adeguatezza del compenso e di tutela del decoro della professione forense. Una liquidazione al di sotto di tali limiti non solo compromette la correttezza del giudizio, ma altera anche l’equilibrio processuale tra le parti, privando il difensore vittorioso del giusto ristoro economico per l’attività svolta.
Inoltre, la Corte ha ribadito che, quando la causa viene rinviata dopo un annullamento parziale, il nuovo giudice deve procedere a ricalcolare integralmente le spese di tutti i gradi, poiché l’annullamento travolge anche la statuizione economica contenuta nella precedente sentenza.

Alla luce di tali principi, la Corte ha ritenuto errata la decisione della CTR, disponendo un nuovo rinvio per la corretta determinazione delle spese in conformità ai parametri legali e all’obbligo di motivazione.

Conclusioni

La decisione riafferma che la liquidazione delle spese non può essere un atto discrezionale svincolato da criteri oggettivi: deve rispettare i parametri legali e garantire compensi proporzionati al valore e alla complessità dell’attività svolta.

Il giudice può ridurre o modulare gli importi, ma solo con motivazione espressa e verificabile, nel rispetto del principio di trasparenza e del decoro della professione.

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