Sezioni Unite sulla decorrenza degli effetti della notificazione per notificante e destinatario

Le Sezioni Unite hanno risolto con la sentenza n. 24822 del 9 dicembre 2015, la questione riguardante i limiti di operatività del principio della differente decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario: quando, cioè, debba considerarsi interrotta la prescrizione per il caso di notificazione di un atto di citazione in revocatoria e, più in generale, se il momento di interruzione della prescrizione ex art. 2903 c.c. debba individuarsi dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica, solo per gli atti processuali o anche per gli atti negoziali unilaterali.

Originariamente la notifica si perfezionava al momento della conoscenza o conoscibilità legale del destinatario: il procedimento di notificazione si perfezionava dunque al momento in cui l’atto notificato era conosciuto o conoscibile dal destinatario. Con la sentenza n. 477 del 2002 della Corte Costituzionale, venne tuttavia affermata l’incostituzionalità di tale principio, sia sotto il profilo del diritto di difesa (con riferimento agli atti giudiziari e amministrativi), sia sotto il profilo della ragionevolezza (si verificava infatti un effetto di decadenza dipendente dal ritardo di un’attività non imputabile al notificante a volte del tutto estranea alla sua sfera di disponibilità), e riconosciuto quale vero parametro di costituzionalità il principio di ragionevolezza.

Veniva perciò sancito il principio della scissione soggettiva della notifica: essa si perfezionerebbe infatti per il notificante, al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica, e per il destinatario, al momento in cui riceve l’atto notificato. In base a tale principio, se la notifica non si perfeziona, essa non produce alcun effetto e decadono anche gli effetti provvisoriamente prodotti; se la notifica invece si perfeziona, gli effetti di essa retroagiscono per il notificante al momento in cui ha consegnato all’ufficiale giudiziario (stesso discorso per le notifiche a mezzo posta) l’atto da notificare. In altri termini, tale consegna produce per il notificante effetti immediati e provvisori, che si stabilizzano e diventano definitivi se e solo se la notifica viene validamente perfezionata.

La questione controversa riguarda tuttavia il periodo di tempo tra la consegna da parte del notificante dell’atto per la notifica e la ricezione legale dell’atto da parte del notificato: è proprio per “questa grigia zona di tempo” in cui domina l’incertezza giuridica per il notificante ed il destinatario che è stato richiesto l’intervento delle Sezioni Unite, anche in relazione alla categoria degli atti per cui è richiesta la notifica.

In primo luogo, la Suprema Corte ha ribadito che, per gli atti processuali, il notificante ha un termine a difesa o, comunque, un termine per svolgere la sua attività processuale e tale termine gli deve essere riconosciuto per intero: pertanto, egli va tutelato anche se consegna l’atto all’ufficiale giudiziario proprio allo scadere del termine, secondo l’argomento risolutivo per cui “se la legge mi riconosce un termine di 30 giorni per espletare una attività difensiva, perché lo devo ridurre a 15 o a 20 per avere (non la sicurezza) ma la probabilità della notifica nei termini?“. La soluzione garantirebbe peraltro anche l’assenza di pregiudizi (se non quello psicologico dell’attesa) per il notificato: il dies a quo per le sua facoltà processuali – riconosciute per quel tipo di atto dall’ordinamento – scatterà infatti dal momento della notifica. Quindi per tutti gli atti processuali, senza distinzione tra diritto di difesa e altre attività processuali opera il principio di scissione.

Per gli atti negoziali, invece, l’applicazione in via interpretativa della scissione della notifica è impedita dall’esistenza di una norma specifica, l’art. 1334 c.c., ai sensi del quale gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati. V’è secondo la Corte di legittimità, un aspetto paradossale: quasi che la certezza giuridica riguardi solo gli atti sostanziali e non anche gli atti processuali. Si tratta tuttavia di un’incertezza giuridica solo temporanea, che concerne il periodo tra consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario e sua notifica al destinatario, destinata a dissolversi infine nella certezza giuridica. Se infatti il diritto si estinguesse per prescrizione quando non sia stato ancora esercitato, ciò varrebbe ad impedire che la prescrizione maturi e che il diritto sia esercitato. Ciò vuol dire che, per impedire il maturarsi della prescrizione, è necessario che il diritto sia stato esercitato nel termine. E questo è un fatto oggettivo, che non dipende dalla conoscenza che l’obbligato ne abbia; il completamento del procedimento di notificazione, necessario perché la prescrizione non si perfezioni, mette il convenuto nella condizione di verificare se la prescrizione si è o no maturata.

In conclusione, per gli atti negoziali unilaterali un diritto non può dirsi esercitato se l’atto non perviene a conoscenza del destinatario. Al contrario, per gli atti processuali il diritto (processuale) è esercitato con la consegna dell’atto all’ufficio notificante. Ne consegue che la soluzione a favore del notificante vale nel solo caso in cui l’esercizio del diritto può essere fatto valere solo mediante atti processuali. In ogni altro caso – e indipendentemente dalle scelte del soggetto che intende interrompere la prescrizione – opera la soluzione opposta.

Pertanto, quando il diritto non si può far valere se non con un atto processuale non si può sfuggire alla conseguenza che la prescrizione è interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica. Quanto al caso di specie, la consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica dell’atto di citazione, quando ancora non era scaduto il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2903 c.c., rende pertanto tempestivo l’esercizio dell’azione revocatoria.

Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza n. 24822 del 9 dicembre 2015

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