Servitù di parcheggio è ammissibile: storico revirement della Cassazione

Con la sentenza n. 16698 del 6 luglio 2017, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla configurabilità nel nostro ordinamento della cd. servitù di parcheggio, operando un deciso revirement rispetto al consolidato orientamento in materia che aveva negato cittadinanza giuridica a tale tipologia di servitù.

L’inammissibilità della servitù di parcheggio nelle precedenti pronunce della Suprema Corte

Come noto, ai sensi dell’art. 1027 c.c., la servitù prediale, quale diritto reale di godimento di cosa altrui, “consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”.

Caratteri essenziali delle servitù, risultano essere quindi:

  1. l’inerenza, ossia l’attitudine della servitù a seguire il fondo presso i successivi proprietari;
  2. l’immediatezza, intesa come potere di esercitare il diritto di servitù senza l’altrui collaborazione;
  3. l’assolutezza, ossia l’opponibilità erga omnes;
  4. l’altruità, nel senso di necessaria appartenenza del fondo dominante e del fondo servente a due diversi proprietari;
  5. l’utilità oggetto della servitù per il fondo dominante.

In particolare, proprio la sussistenza di tale ultimo requisito ha fatto sorgere le note problematiche interpretative nella c.d. servitù di parcheggio.

Secondo quanto sancito dall’art. 1027 c.c., l’utilità deve essere riferita al fondo e non già al proprietario dello stesso: tale utilità va infatti distinta dal mero vantaggio personale soggettivo, che è invece inidoneo ad integrare il requisito dell’utilità richiesto dall’art. 1027 c.c..

Le precedenti pronunce della giurisprudenza di legittimità avevano dunque escluso la configurabilità di una tale species di servitù facendo leva proprio sul presupposto che il diritto di parcheggiare l’automobile si risolverebbe sempre in una mera comodità del proprietario del fondo dominante, difettando così il requisito della realitas ossia dell’inerenza dell’utilità al fondo dominante e del relativo peso al fondo servente (ex multis: Cass. Civ. 6.11.2014, n. 23708; Cass. 7.3.2013, n. 5769; Cass. Civ. 13.9.2012, n. 15334; Cass. 21.1.2009, n. 1551; Cass. 28.4.2004, n.8137).

Il revirement della Cassazione: ammissibilità della servitù di parcheggio

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte ribaltando un orientamento ormai consolidato ha chiarito espressamente che nel nostro ordinamento giuridico non vi sono ostacoli all’ammissibilità di una servitù di parcheggio e che tale servitù va tenuta distinta dal diritto soggettivo di parcheggio.

La Suprema Corte, infatti, nel censurare la statuizione del giudice di secondo grado secondo il quale la servitù di parcheggio non sarebbe mai configurabile risolvendosi sempre in un mero vantaggio soggettivo per il proprietario del fondo, ha specificato che i principi di diritto affermati nelle precedenti pronunce della Corte, e di cui il giudice di secondo grado aveva fatto applicazione, nascono da una ineludibile disamina delle peculiarità della fattispecie concreta e che, invero, dal complessivo impianto codicistico in materia di servitù non si ricava alcuna preclusione all’ammissibilità della servitù in questione.

In altri termini, la circostanza che nelle fattispecie oggetto dei precedenti giurisprudenziali difettassero i requisiti per ritenere validamente costituita una servitù di parcheggio, non dev’essere interpretata nel senso di una radicale chiusura ermeneutica verso la configurabilità della servitù predetta che, al contrario, è da ritenersi ammissibile.

Infatti, lo schema legale tipizzato nell’art. 1027 c.c., operando un richiamo al concetto volutamente generico di “utilità”, lascia ampia facoltà al privato di definire contenutisticamente il “vantaggio” per il fondo dominante ed il corrispondente peso a carico del fondo servente.

A giudizio della Corte, pertanto, una volta acclarata la piena ammissibilità della servitù di parcheggio nel nostro ordinamento, il rapporto tra questa e il mero diritto personale di parcheggio in fondo altrui, dev’essere risolto scrutinando il caso concreto, verificando cioè la presenza nel caso concreto dei requisiti previsti per la costituzione di una valida servitù e la volontà delle parti.

Differenza tra la servitù di parcheggio ed il mero diritto soggettivo di parcheggio

La Corte ha inoltre chiarito le radicali differenze sussistenti tra la servitù de quo e il mero diritto personale di parcheggio in un fondo altrui.

Innanzitutto, per effetto della servitù, viene ad instaurarsi una relazione di asservimento del fondo servente a quello dominante conseguente al peso posto sul primo per l’utilità del secondo mentre, nel caso del diritto personale di parcheggio, l’utilità di parcheggiare è attribuita ad una o più persone specificamente determinate nell’atto costitutivo, senza che sia rintracciabile alcuna utilità fondiaria.

Ci si troverà così in presenza di una servitù solo laddove la facoltà di parcheggiare sia strutturata come vantaggio a favore del fondo per una sua migliore utilizzabilità da parte di chiunque sia proprietario del fondo dominante.

Viceversa, ci si ritroverà dinnanzi ad un semplice diritto di parcheggio ove il diritto di parcheggiare in un fondo sia stato attribuito a vantaggio di una o più persone esattamente individuate.

Ulteriore tratto distintivo tra le due figure è costituito dal concreto utilizzo del fondo servente, nel senso che per potersi configurare una servitù è necessario che residui la possibilità per il proprietario del fondo servente di utilizzare il fondo, seppur con le limitazioni conseguenti al peso imposto sopra lo stesso.

In assenza di tale requisito, la fattispecie non potrà ricondursi all’interno dell’alveo normativo della servitù.

In buona sostanza, spetterà quindi all’interprete verificare se nello specifico caso concreto, tenuto conto del titolo e delle peculiarità della singola fattispecie, vi siano i requisiti per ritenere validamente costituita una servitù di parcheggio o se sia da ravvisare un mero diritto soggettivo di parcheggiare.

Il principio di diritto

Sulla scorta di quanto rilevato, la Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto:

lo schema normativo previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude la costituzione di servitù avente ad oggetto il parcheggio

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