
La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 27111 del 9 ottobre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale dell’ordinanza), ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’art. 104-bis, comma 1-bis, disp. att. c.p.p., nella parte in cui estende l’applicazione del Codice Antimafia (d.lgs. n. 159/2011) anche ai rapporti tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca “ordinaria” e procedure esecutive individuali. Secondo la Cassazione, tale interpretazione potrebbe violare gli artt. 3, 24, 42 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 alla CEDU, poiché impone anche ai creditori ipotecari estranei al reato le restrizioni previste per le misure di prevenzione, incidendo in modo irragionevole sul diritto di proprietà e sulla tutela effettiva del credito.
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Formulario commentato dell'esecuzione forzata
Il testo, aggiornato alla Riforma Cartabia, al successivo decreto correttivo e alle specifiche tecniche PCT, raccoglie le formule di tutti gli atti presenti nel procedimento di espropriazione, completi di norma di legge, commento, indicazione dei termini o scadenze, delle preclusioni e delle massime giurisprudenziali.
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Gabriele Voltaggio
Avvocato del Foro di Roma, si occupa di diritto bancario, crediti ed esecuzione forzata. Professionista delegato e custode giudiziario presso il Tribunale di Roma, è autore di contributi e formulari in materia esecutiva. Fondatore e curatore di Giuricivile.it.
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Formulario commentato dell'esecuzione forzata
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Il caso di specie
Tale pronuncia scaturisce da un rinvio pregiudiziale promosso, ai sensi dell’art 363 bis c.p.c, dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Pavia, investito dell’opposizione ex art. 615 c.p.c., proposta dal debitore esecutato avverso una procedura espropriativa immobiliare e della decisione sull’istanza di sospensione della stessa.
I fatti rilevanti della vicenda
Il Tribunale investito dell’opposizione rilevava che:
- il 19/4/2023 (data della trascrizione) la società creditrice aveva sottoposto a sequestro conservativo gli immobili censiti al C.F. al foglio 46, mapp. 1905, sub. 9 e 13, e al foglio 45, mapp. 474, sub. 18;
- il 7/7/2023 era stato trascritto sul bene censito al foglio 45, mapp. 474, sub. 18, un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ai sensi degli artt. 321, comma 2, c.p.p. e 322 ter c.p.;
- il 2/2/2024 il predetto sequestro conservativo era stato convertito in pignoramento – dal quale era scaturita l’espropriazione forzata – sulla scorta della sentenza emessa dal Tribunale competente in primo grado, poi sospesa dalla Corte d’appello in secondo grado;
- l’8/7/2024 era stato trascritto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente anche sul bene censito al foglio 46, mapp.1905, sub. 13.
Le questioni sollevate in sede di opposizione
L’opposizione del debitore si fondava sulla circostanza che il sequestro preventivo penale riguardava parte del compendio immobiliare oggetto di espropriazione, con conseguente potenziale effetto di paralisi della procedura esecutiva.
Il giudice di merito rilevava che:
-
per il bene censito al foglio 46, non sussistevano ostacoli alla prosecuzione dell’esecuzione, non essendo gravato da sequestro penale;
-
per i beni censiti al foglio 45, invece, sorgeva la questione circa la disciplina applicabile e, dunque, sulla possibilità o meno di proseguire il processo esecutivo nonostante il sequestro.
La natura del sequestro e il vuoto normativo
Il Tribunale ha precisato che il sequestro disposto dal giudice penale non rientra tra quelli previsti dal d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice Antimafia), ma deve qualificarsi come sequestro preordinato alla confisca “ordinaria” ai sensi dell’art. 322-ter c.p.
Tale categoria, osserva il giudice, non è espressamente disciplinata nei rapporti con l’esecuzione civile, generando un vuoto normativo che ha alimentato un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale circa l’applicabilità analogica delle regole del Codice Antimafia o, viceversa, del principio civilistico dell’ordo temporalis delle formalità pubblicitarie.
L’ordinanza di rinvio e il quesito posto alla Cassazione
Con ordinanza datata 8/4/2025 il giudice dell’esecuzione, quale giudice dell’opposizione dispiegata dal debitore, disponeva rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c., chiedendo di risolversi la questione di diritto relativa a:
“quale sia il regime di opponibilità, in relazione al medesimo bene immobile, del provvedimento di confisca ordinaria (o del sequestro preventivo preordinato alla confisca ordinaria) al creditore con iscrizione ipotecaria antecedente all’emissione o trascrizione nei registri immobiliari della confisca ordinaria (o del sequestro preventivo ad essa preordinato) e al creditore che ha trascritto pignoramento prima dell’emissione o trascrizione nei registri immobiliari della confisca ordinaria (o del sequestro preventivo ad essa preordinato)”.
Consulta i nostri modelli di atto:
- Atto di precetto (Correttivo Riforma Cartabia): modello e formulario per la redazione
- Opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c. (Correttivo Riforma Cartabia): modello e formulario per la redazione
Rinvio pregiudiziale e presupposti di ammissibilità
Con decreto del 5/6/2025 la Prima Presidente dichiarava ammissibile il rinvio pregiudiziale e ne assegnava la trattazione alla terza Sezione.
Alla conclusione della pubblica udienza, il Pubblico Ministero chiedeva alla corte di affermare il seguente principio:
“In presenza di un sequestro preventivo che prelude alla confisca ordinaria (o in presenza di una confisca ordinaria) che sopravvengano al compimento del pignoramento e alla iscrizione dell’ipoteca a favore di uno dei creditori concorrenti, il conflitto tra i diritti dei terzi e la misura penale si risolve applicando la regola del c.d. ordo temporalis. In sostanza, perciò, se il sequestro (o la confisca) sopravvenga alla instaurazione della espropriazione e alla ipoteca, il diritto dei terzi creditori prevale e la esecuzione forzata può proseguire senza intralcio e concludersi, in caso di vendita forzata, con la predisposizione di un piano di riparto da redigersi secondo le regole ordinarie (e, dunque, riconoscendo al terzo creditore ipotecario la prelazione di legge)”.
La questione e la giurisprudenza precedente
Entrando nel merito della questione, la Corte premette che il d.lgs. n. 159/2011 all’art. 55 stabilisce che, per tutti i sequestri penali volti alla confisca ai quali si applica il Codice Antimafia, il sequestro preclude l’inizio e la prosecuzione delle azioni esecutive, per cui le procedure già pendenti sono sospese sino alla conclusione del procedimento di prevenzione.
Qualora intervenga un provvedimento definitivo di confisca dei cespiti pignorati, invece, se ne determina una chiusura.
La fattispecie oggetto di esame della Corte attiene, però, a un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ai sensi degli artt. 321, comma 2 c.p.p. e 322 ter c.p., sopravvenuto all’inizio del processo di esecuzione forzata – cioè, ex art 491 c.p.c., al pignoramento – e alle ipoteche iscritte dai creditori del proposto.
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L’orientamento originario: prevalenza del sequestro penale
Per questa tipologia di misura e in merito ai rapporti con le procedure esecutive pendenti, la giurisprudenza di legittimità si era inizialmente orientata a ritenere che le esigenze pubblicistiche penali insite nel procedimento cui si inserisce la misura cautelare reale prevalessero rispetto agli interessi privatistici, con la conseguenza che la garanzia ipotecaria, benché precedentemente iscritta, dovesse cedere di fronte al sequestro e alla confisca (Cass., Sez. 3,Sentenza n. 22814 del 7/10/2013, Rv. 628730-01).
Per analoghe ragioni, la Corte, in precedenti pronunce, aveva affermato la prevalenza degli effetti della confisca penale del bene sui diritti dei terzi, con il solo limite dell’aggiudicazione in favore di un terzo, se intervenuta prima della confisca in sede di esecuzione forzata.
Il mutamento di prospettiva: limiti all’applicazione dell’art. 55
La più recente giurisprudenza della Corte ha, in senso contrario con le precedenti decisioni, stabilito che la speciale disciplina dettata dall’art. 55 del d.lgs. n. 159 del 2011, è applicabile esclusivamente alle ipotesi di confisca ivi previste o da norme che esplicitamente vi rinviano (come l’art. 104 bis disp. Att. C.p.p.), con conseguente prevalenza dell’istituto penalistico sui diritti reali dei terzi, salvo la buona fede.
Viceversa, tale disciplina non è suscettibile di applicazione analogica a tipologie di confisca diverse, per le quali, nei rapporti con le procedure esecutive civili, vige il principio generale della successione temporale delle formalità nei pubblici registri, per cui, ai sensi dell’art. 2915 c.c., l’opponibilità del vincolo penale al terzo acquirente in executivis dipende dalla trascrizione del sequestro che, se successiva all’acquisto, impedisce la posteriore confisca del bene acquisito dal terzo.
La già citata regola di prevalenza, secondo l’ordo temporalis delle formalità pubblicitarie, è stata ribadita da Cass. Sez. 3, 29/09/2021, n. 26327.
L’orientamento penale contrastante
L’orientamento della giurisprudenza penale non è invece omogeneo.
Cass. (pen.) Sez. 3, n. 51043 del 9/11/2018, Deri, ha statuito che:
“Tenuto anche conto del disposto dell’art. 2915 c.c., … l’opponibilità del vincolo penale al terzo acquirente dipende dalla trascrizione del sequestro (ex art. 104, disp. att. c.p.p.), che deve essere antecedente al pignoramento immobiliare venendo così a rappresentare il presupposto per la confisca anche successivamente all’acquisto. Diversamente, se la trascrizione del sequestro è successiva, il bene deve ritenersi appartenente al terzo pleno iure con conseguente impossibilità della confisca posteriore all’acquisto”.
In forza di tale decisione, così come di altre sulla stessa scia, la trascrizione del pignoramento, se anteriore a quella del sequestro, non determina l’improseguibilità dell’azione esecutiva intrapresa dal creditore e, soprattutto, l’acquisto compiuto dai terzi in buona fede nell’ambito di tale procedimento è destinato a prevalere anche sulla confisca.
L’orientamento opposto: la disciplina unitaria del Codice Antimafia
Tuttavia, Cass. (pen.) Sez. 3, n. 39201 del 15/12/2020, dep. 2021, Intesa, Rv. 282275-01, perviene alla diversa conclusione secondo cui anche i sequestri e le confische “ordinarie” sono disciplinati, in via indiretta, dal Codice antimafia, con la conseguenza che “in tema di confisca ex art. 12-bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, la tutela dei terzi di buona fede, titolari di diritti acquisiti anteriormente al sequestro, è assicurata non attraverso l’inopponibilità nei loro confronti del provvedimento ablativo, ma riconoscendo agli stessi la possibilità di far valere le proprie ragioni in sede di esecuzione penale, nel contraddittorio con l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo IV, Libro I, d.lgs. n. 159 del 2011, ed in particolare degli artt. 52 e 55”.
L’approdo più recente: la sentenza Didenaro (Cass. 2024)
Un orientamento distinto è espresso nella recente sentenza della Cassazione, Sez. III penale, n. 40323 del 20 giugno 2024, Didenaro (Rv. 287179-01). La Corte, muovendo dall’idea che l’evoluzione normativa abbia superato il criterio temporale nel conflitto tra misure cautelari civili e penali — comprese quelle di prevenzione — afferma che tale conflitto va risolto in base alla gerarchia degli interessi tutelati, con prevalenza delle misure penali su quelle civili.
In questa prospettiva, il novellato art. 104-bis disp. att. c.p.p., nella parte in cui rinvia al modello delineato dall’art. 55 del d.lgs. n. 159/2011, disciplina in modo unitario l’esecuzione di tutti i sequestri penali, inclusi quelli tributari, riconoscendo la priorità del sequestro penale e degli interessi pubblici che esso tutela rispetto alla mera aspettativa civilistica di ottenere il decreto di trasferimento dopo l’aggiudicazione in sede esecutiva individuale o concorsuale.
Con la stessa pronuncia, la Corte ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 del d.lgs. n. 159/2011, sollevata per presunto contrasto con gli artt. 3, 25, 27, 41 e 42 Cost., ritenendo la scelta legislativa ragionevole e giustificata anche dall’esistenza di strumenti di tutela per il terzo di buona fede eventualmente pregiudicato.
La questione posta dal Giudice di merito
Una volta tratteggiato l’orientamento consolidatosi nella giurisprudenza civile, che esclude l’applicabilità dell’art 55 Codice Antimafia al sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, c.p.p. finalizzato alla confisca “ordinaria”, va rilevato come il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Pavia prospetta una possibile evoluzione, derivante dall’introduzione nell’ordinamento dell’art 317 c.c.i.i. secondo cui:
“Le condizioni e i criteri di prevalenza rispetto alla gestione concorsuale delle misure cautelari reali sulle cose indicate dall’articolo 142 sono regolate dalle disposizioni del Libro I, titolo IV del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, salvo quanto previsto dagli articoli 318, 319 e 320. Per misure cautelari reali di cui al comma 1 si intendono i sequestri delle cose di cui è consentita la confisca disposti ai sensi dell’articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale, la cui attuazione è disciplinata dall’articolo 104-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale”.
Il Tribunale ipotizza che la norma possa essere applicata analogicamente anche alle procedure esecutive individuali, con la conseguente prevalenza, stabilita per le procedure concorsuali, delle misure cautelari reali adottate in sede penale e, dunque, l’applicazione dell’art. 55 del d. lgs. N. 159 del 2011 ad ogni tipo di sequestro preventivo ai fini di confisca.
La posizione della Corte
La Corte ha esplicitamente affermato che l’art 317 c.c.i.i. non contiene alcun riferimento alle procedure esecutive individuali ed è arbitrario attribuire a tale norma una portata precettiva più ampia, come invece sostenuto dal Tribunale di Pavia e da larga parte della giurisprudenza di merito secondo cui, “in considerazione della medesima finalità cui tendono tanto l’esecuzione individuale sui singoli beni del debitore quanto la liquidazione concorsuale dell’intero suo patrimonio, la disposizione di coordinamento introdotta con l’art. 317 codice della crisi d’impresa non può che trovare applicazione anche all’esecuzione forzata, apparendo, diversamente, irragionevole che l’esecuzione forzata possa proseguire anche se il bene viene sottoposto a sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, c.p.p., mentre, al contrario, la liquidazione giudiziale, su quei beni, debba arrestarsi”.
Il divieto di analogia e l’autonomia delle discipline
La Corte esclude di poter addivenire a tale soluzione per una serie di ragioni:
- l’operazione dell’interprete diretta a colmare un vuoto legislativo costituisce un procedimento interpretativo analogico, vietato, ex art. 14 delle preleggi, per una disciplina legislativa speciale come il CCII e, in particolare, per una disposizione peculiare come l’art 317 CCII;
- l’applicazione della disciplina del d.lgs. n. 14 del 2019 non può desumersi nemmeno dalla reiterata affermazione giurisprudenziale secondo cui la dichiarazione di fallimento (oggi di liquidazione giudiziale) equivale a un “pignoramento universale”, posto che la stessa si fonda comunque su un’impropria analogia (per pretesa eadem ratio) tra le procedure liquidatorie concorsuali e individuali;
In definitiva, la Corte evidenzia come “le esecuzioni individuali e quelle collettive debbono essere regolate dalla normativa ad esse dedicate senza che siano ipotizzabili ipotetici travasi di norme”.
Il rilievo del novellato art. 104-bis disp. att. c.p.p.
Viene altresì rilevato che lo stesso d.lgs. n. 14 del 2019 (CCII) ha modificato il comma 1 bis dell’art 104 bis disp. att. c.p.p.
Rispetto al testo previgente, quello novellato sancisce: “Si applicano le disposizioni di cui al Libro I, titolo III, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni nella parte in cui recano la disciplina della nomina e revoca dell’amministratore, dei compiti, degli obblighi dello stesso e della gestione dei beni. In caso di sequestro disposto ai sensi dell’articolo 321, comma 2, del codice o di confisca ai fini della tutela dei terzi e nei rapporti con la procedura di liquidazione giudiziaria si applicano, altresì, le disposizioni di cui al titolo IV del Libro I del citato decreto legislativo”.
L’interpretazione dottrinale: un ampliamento della tutela dei terzi
La dottrina, richiamata dalla stessa Corte, interpreta la riforma come estensiva della tutela dei terzi garantita dal Codice Antimafia:
-
la tutela si applicherebbe a tutti i sequestri finalizzati alla confisca, anche per equivalente, non solo a quelli di prevenzione;
-
il legislatore avrebbe così superato il “doppio statuto di tutela” dei creditori, unificando la disciplina dei diritti dei terzi;
-
la tutela dei terzi non sarebbe limitata ai casi di concorso con una procedura concorsuale, ma estesa anche alle esecuzioni individuali.
In tale prospettiva, la riforma del 2019 avrebbe colto l’occasione per chiarire i dubbi interpretativi sorti dalle precedenti modifiche del 2017 e 2018 all’art. 104-bis disp. att. c.p.p.
La distinzione tra tutela dei terzi e rapporti concorsuali
Il dato letterale dell’art 104 bis disp. att. c.p.p., distingue come autonomi concetti la “tutela dei terzi” dai rapporti con le procedure concorsuali.
Tale novità costituisce un elemento idoneo a giustificare il superamento dell’orientamento inaugurato da Cass. Sez. 3, 10/12/2020, n. 28242.
Infatti, la nozione di “tutela dei terzi” è talmente ampia da comprendere anche i creditori, pignorante e intervenuti, di una procedura esecutiva individuale avente ad oggetto i beni colpiti dal sequestro preventivo, nonché l’aggiudicatario degli stessi.
La Corte evidenzia anche che, pur negandosi un’applicazione diretta dell’art 317 c.c.i.i., questo abbia determinato innovazioni che, sotto il profilo sistematico, vanno considerate nell’attività ermeneutica dell’art 104 bis disp. att. c.p.p.
Escludendo l’applicabilità dell’art 55 del codice antimafia in caso di sequestro ordinario, i creditori, avrebbero maggiore interesse a promuovere espropriazioni individuali dei beni colpiti dalla misura cautelare (contrastando ciò col favor legislativo per la liquidazione concorsuale).
Le conseguenze sul piano della coerenza sistematica
Non sembra inoltre ragionevole che la prosecuzione della liquidazione giudiziale sia preclusa dal sopravvenuto sequestro e che, ciononostante, possa invece essere iniziata o proseguita dal creditore fondiario un’esecuzione individuale riguardante i medesimi cespiti.
In tale ipotesi, la diversa opponibilità del sequestro penale si riverbererebbe sulla tutela dell’aggiudicatario, col paradossale effetto di attribuire – per la regola dell’ordo temporalis – indiscutibile prevalenza all’aggiudicazione se l’esecuzione (alla quale si ricollega l’acquisto ex art. 2919 c.c.) è esercitata nonostante la liquidazione giudiziale, mentre, stando a quanto statuito da Cass. (pen.) Sez. 3, n. 40323 del 20/06/2024, Didenaro, “non vi è dubbio che vi sia una prevalenza del sequestro penale e degli interessi pubblici a esso sottesi rispetto alla mera aspettativa civilistica a ottenere il decreto di trasferimento dopo l’aggiudicazione nella procedura esecutiva individuale o concorsuale”.
La conclusione della Corte
In conclusione, sia sulla base di un’interpretazione letterale, sia per esigenze di coerenza logico-sistematiche, la Corte ha ritenuto che, in forma del novellato art. 104 bis, comma 1 bis, secondo periodo, disp. att. c.p.p., le regole del Codice Antimafia disciplinano anche i rapporti tra il sequestro ex art 321 comma 2 c.p.p. preordinato alla confisca ordinaria e le procedure esecutive individuali, nonché la stessa confisca.
La Corte, dunque, nel rispondere al quesito posto dal Tribunale di Pavia, nell’ambito del rinvio pregiudiziale ex art 363 bis c.p.c., ritiene che in caso di sequestro ex art 321 c.p.p., le disposizioni di cui al Titolo IV del libro I del codice Antimafia, nello specifico l’art 55, si applicano anche nelle procedure esecutive individuali, dovendosi ritenere superato dall’innovazione normativa l’orientamento che privilegiava, in caso di sequestro volto alla confisca “ordinaria”, il criterio dell’ordo temporalis delle formalità pubblicitarie.
I dubbi di costituzionalità sull’estensione del Codice Antimafia
La Corte osserva che l’interpretazione estensiva dell’art. 104-bis, comma 1-bis, disp. att. c.p.p., tale da ricomprendere anche le procedure esecutive individuali nell’ambito applicativo del Codice Antimafia, genera rilevanti dubbi di compatibilità con i principi costituzionali.
In particolare, la norma, così intesa, rischia di entrare in contrasto con gli artt. 3, 24, 42 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 alla CEDU, che tutela il diritto di proprietà.
Secondo il Collegio, l’estensione delle regole del Codice Antimafia anche ai sequestri preventivi finalizzati alla confisca “ordinaria” comporta che pure il creditore ipotecario estraneo a qualsiasi condotta illecita venga assoggettato alle rigide condizioni della disciplina antimafia, dovendo persino provare la propria buona fede per poter soddisfare il proprio credito.
Ciò determina, secondo la Corte, una violazione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.), di tutela della proprietà (art. 42 Cost.) e di effettività della difesa (art. 24 Cost.), poiché priva il creditore di strumenti effettivi di realizzo del proprio diritto reale di garanzia, che comporta lo ius sequelae e il diritto di prelazione esecutiva.
La criticità è ancora più evidente nei casi di confisca per equivalente, dove il legame tra il bene gravato da ipoteca e l’attività criminosa è solo eventuale o del tutto indeterminato.
La rimessione alla Corte costituzionale
Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione rileva d’ufficio e sottopone alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 104-bis, comma 1-bis, secondo periodo, disp. att. c.p.p. sia nell’interpretazione data in questa sede nonché da Cass. (pen.) n. 40323/2024, nella parte in cui prevede che, nei rapporti con le procedure esecutive individuali, anche al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ai sensi degli artt. 321, comma 2, c.p.p. e 322-ter c.p., nonché alla confisca stessa, si applica la disciplina del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (cosiddetto Codice Antimafia), anziché la regola dell’ordo temporalis delle formalità pubblicitarie, la quale consentirebbe, invece, di evitare un grave, irragionevole e ingiustificato pregiudizio ai diritti dei creditori e dell’aggiudicatario o dell’acquirente in executivis, neppure in alcun modo giustificato dalle peculiari esigenze di prevenzione proprie di quella normativa speciale.