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La prima sezione civile della corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2546/2025, depositata il 3 febbraio, ha affrontato un tema di grande rilievo in materia di rapporti patrimoniali tra coniugi e di disciplina della comunione legale. La questione centrale riguarda la possibilità di derogare alla regola della parità delle quote nella comunione legale, mediante un accordo stipulato in sede di separazione consensuale. La decisione si inserisce in un filone giurisprudenziale che ha spesso evidenziato i limiti dell’autonomi a negoziale privata in presenza di norme imperative. Per un approfondimento sul tema, ti consigliamo il volume “I nuovi procedimento di famiglia”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali.
Trovi il testo integrale dell’ordinanza qui==> Cass. Sez. I, Ord. n. 2546/2025
Il caso in esame
La vicenda tra origine dalla richiesta di divisione di un immobile acquistato in regime di comunione legale da due coniugi successivamente separati. La moglie sosteneva di avere diritto a una quota maggioritaria dell’immobile, in base a un accordo contenuto nel verbale di separazione consensuale omologato dal Tribunale. Il marito, al contrario, rivendicava il rispetto della parità delle quote prevista dal regime di comunione legale.
Il Tribunale di Napoli ha dichiarato la nullità della clausola contenuta nell’accordo di separazione in quanto lesiva del principio di inderogabilità delle quote nella comunione legale, previsto dall’art. 210, comma 2, c.c. La Corte d’Appello ha confermato tale impostazione, ribadendo che gli accordi che alterano la ripartizione paritaria dei beni in comunione legale sono nulli, indipendentemente dal fatto che essi siano stati inseriti in un verbale omologato dal giudice.
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Deroga al regime di parità delle quote in comunione legale: la decisione della Corte
La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni di merito, ha accolto il ricorso della moglie, ritenendo che la ripartizione non paritaria dei beni è valida se inserita in un accordo di separazione che risponda a una logica di riequilibrio patrimoniale tra i coniugi.
La Suprema Corte ha richiamato la giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza n. 21761/2021), secondo cui gli accordi di separazione possono contenere attribuzioni patrimoniali anche in deroga alla regola della parità delle quote, purché finalizzati alla regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi al momento della crisi coniugale.
Secondo la Cassazione, una volta sciolta la comunione legale con la separazione, le parti possono disporre liberamente dei beni in comunione, regolando i reciproci rapporti patrimoniali in modo non necessariamente paritario. Questo principio deriva dalla natura stessa dell’accordo di separazione, che ha una funzione di riequilibrio economico tra i coniugi e che può includere trasferimenti patrimoniali anche con attribuzioni diseguali.
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Conclusioni
L’ordinanza n. 2546/2025 sancisce un importante principio in materia di autonomia negoziale dei coniugi nella disciplina patrimoniale post-separazione, confermando che gli accordi omologati in sede di separazione possono derogare al principio di parità delle quote nella comunione legale. La decisione della Cassazione si pone in linea con un orientamento che riconosce la specificità degli accordi di separazione e il loro valore nell’assicurare un equilibrio economico tra le parti.
Tuttavia, il principio di inderogabilità delle norme sulla comunione legale continua a costituire un limite invalicabile nella fase antecedente alla separazione. Resta, quindi, aperto il dibattito su fino a che punto gli accordi patrimoniali tra coniugi possano incidere su un regime legale pensato per la tutela della famiglia e della parità tra coniugi.