Sanabilità dei vizi di notifica nel rito del lavoro

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza della sanabilità dei vizi di notifica nel rito del lavoro, purché siano rispettate condizioni fondamentali come il deposito tempestivo del ricorso e l’accesso alle informazioni essenziali per la difesa. Questo orientamento privilegia la sostanza sulla forma, promuovendo l’efficienza e l’equità del procedimento giudiziario.

Corte di Cassazione-Sez. Lavoro- ord. n. 17969 dell’01-07-2024

La questione

La Corte d’Appello di Venezia ha dichiarato improcedibile un appello presentato dal ricorrente a causa di un errore nella notifica alle controparti. Invece di notificare il ricorso in appello tramite PEC, il ricorrente ha inviato una copia del ricorso introduttivo di primo grado. La Corte d’appello ha, pertanto, fatto riferimento all’ordinanza n. 30044 del 2022 della Corte di Cassazione, che qualificava tale notifica come inesistente. Contestando questa sentenza, il ricorrente ha deciso di ricorrere per cassazione, basando il suo ricorso su tre motivi specifici.

I motivi di ricorso

Nel primo motivo di ricorso, secondo l’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., il ricorrente ha  contestato la violazione dell’art. 156, comma 3 c.p.c. da parte della corte distrettuale, la quale non ha riconosciuto le differenze sostanziali tra il caso de quo e quello affrontato nell’ordinanza n. 30044 del 2022. In quell’ordinanza, l’appellato si era costituito unicamente per contestare la validità della notifica dell’appello, mentre nel caso di specie, nonostante l’obiezione preliminare sulla regolarità della notifica, le parti hanno proceduto a difendersi nel merito, avendo accesso al ricorso tramite il fascicolo telematico. Il secondo motivo di ricorso ha denunciato la mancata considerazione di un aspetto riguardante l’adeguatezza della difesa nel merito della controparte per sanare il difetto di notifica. Infine, il terzo motivo ha lamentato la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c., per non essersi pronunciata sulla questione relativa alla difesa nel merito della controparte.

Distinzione tra nullità e inesistenza della notificazione telematica

I giudici della corte di cassazione hanno rilevato la fondatezza del primo motivo di ricorso. Dunque, a fondamento della decisione, i giudici hanno richiamato la sentenza delle Sezioni Unite del 2016, che aveva chiarito come il vizio di inesistenza della notifica assuma, nell’ordinamento, un carattere residuale. Questo vizio è configurabile non solo in caso di totale assenza materiale dell’atto, ma anche nelle situazioni in cui l’attività svolta manchi degli elementi costitutivi essenziali che rendano riconoscibile l’atto stesso. Pertanto, l’inesistenza non è un vizio più grave della nullità, poiché la distinzione tra nullità e inesistenza si riduce, infine, alla dicotomia tra l’atto e il non atto.
Su tali premesse e valorizzando il requisito di concreta conoscibilità dell’atto notificato, la Corte ha recentemente affermato che, in materia di notificazione via PEC, se il messaggio ricevuto dal destinatario indica chiaramente gli elementi essenziali della notificazione, qualsiasi anomalia che renda illeggibili gli allegati comporta nullità e non inesistenza della notificazione. In un’altra sentenza, relativa a una situazione simile a quella in esame, si è stabilito che, nel rito del lavoro, l’assenza del ricorso in appello tra i documenti inviati via PEC alla parte appellata rappresenta un caso di nullità sanabile, non di inesistenza della notificazione telematica, a condizione che il ricorso sia stato effettivamente depositato in cancelleria e il messaggio ricevuto dal destinatario permetta comunque di comprendere gli estremi essenziali dell’impugnazione.

Procedura di notifica via PEC e principio di strumentalità delle forme processuali

Nel caso di specie, dopo il deposito del ricorso in appello e l’ottenimento del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, la parte appellante ha avviato il procedimento di trasmissione degli atti via PEC per la notifica del ricorso in appello, svolgendo l’operazione conformemente alla normativa. Mittente e destinatario erano legittimati, rispettivamente, a effettuare e ricevere la notifica, e la consegna è avvenuta correttamente, come dimostrano le ricevute di accettazione e consegna della PEC. Il problema è sorto dall’inclusione, tra gli allegati, della sentenza di primo grado anziché del ricorso in appello. Non si discute che il messaggio PEC inviato al difensore degli appellati contenesse le informazioni necessarie per comprendere la provenienza dell’atto, i nomi degli appellati e l’oggetto della notifica.

Tramite queste informazioni, gli appellati hanno consultato il fascicolo telematico, preso visione del ricorso in appello, depositato memoria di costituzione e presentato difese nel merito, oltre all’eccezione di inesistenza della notifica. Considerando che il messaggio PEC, sebbene con un allegato errato, era comunque idoneo a far comprendere ai destinatari l’oggetto esatto della notifica, non si può considerare una totale mancanza dell’atto come notificatorio e quindi un’inesistenza della notificazione, considerata una categoria estrema e residuale. Secondo i giudici, l’assunto è coerente con il principio di strumentalità delle forme degli atti processuali, che permea l’intero codice di procedura civile, imponendo di considerare le forme degli atti come finalizzate esclusivamente a raggiungere uno scopo determinato, coincidente con la funzione specifica che ogni atto deve svolgere nel processo, ovvero la pronuncia sul merito della situazione giuridica controversa, tutelata dall’art. 111 Cost. e dall’art. 6 CEDU.

Conclusioni

In conclusione, la Corte ha ribadito l’importanza della sanabilità dei vizi di notifica nel rito del lavoro, purché siano rispettate alcune condizioni fondamentali: il deposito tempestivo del ricorso e la possibilità per la controparte di accedere alle informazioni essenziali per esercitare il diritto di difesa. Questo orientamento sottolinea l’equilibrio tra la necessità di conformarsi alle formalità procedurali e la tutela dei diritti delle parti coinvolte, impedendo che errori formali compromettano l’esito delle controversie. La decisione in esame rafforza un approccio interpretativo che privilegia la sostanza sulla forma, promuovendo così l’efficienza e l’equità del procedimento giudiziario.

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Manuela Rinaldi
Avvocato cassazionista, consigliere e tesoriere del COA Avezzano. Direttore della Scuola Forense della Marsica, è professore a contratto di “Tutela della salute e sicurezza sul lavoro” e “Diritto del lavoro pubblico e privato” presso diversi atenei. Relatore a Convegni e docente di corsi di formazione per aziende e professionisti, è autore di numerose opere monografiche e collettanee.

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