I confini tra sale & lease back e patto commissorio secondo la Cassazione

L’assenza della trilateralità dei soggetti di un contratto di sale and lease back integra il divieto del patto commissorio soltanto in presenza di ulteriori elementi e precisamente:

  • una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice;
  • una situazione di difficoltà economica del venditore;
  • una sproporzione delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto.

Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 16646 del 6 luglio 2017.

La normativa: il divieto del patto commissorio

Come noto, il patto commissorio nel nostro ordinamento è vietato e tale divieto è previsto dall’art. 2744 c.c. il quale commina la nullità al trasferimento della proprietà della cosa ipotecata o data in pegno al creditore in mancanza del pagamento del debitore entro il termine fissato.

Questo patto si sostanzia nella sottrazione del bene al potere dispositivo pieno su di esso sia da parte del titolare che dei suoi aventi causa.

Il legislatore non può tuttavia tollerare tale immobilizzazione in quanto non si riscontra nel pegno, nei privilegi e nell’ipoteca: le cause legittime di prelazione non sottraggono infatti il bene oggetto di garanzia al potere di aggressione dei creditori.

Dal punto di vista storico l’art. 2744 c.c. del Codice Civile del 1942 presenta due innovazioni rispetto al patto commissorio del Codice del 1865, quali:

  • l’estensione alla nullità anche al patto commissorio ipotecario;
  • la sanzione di nullità anche per i patti successivi alla concessione di ipoteca, pegno e anticresi.

Sul punto, si rileva che la ratio della presenza dell’art. 2744 c.c. è sempre stata dibattuta in dottrina e giurisprudenza: inizialmente si riteneva che il patto commissorio tutelasse il debitore dagli approfondimenti del creditore (Cass. 437/09), mentre attualmente prevale un’altra teoria secondo la quale l’art. 2744 c.c. costituisce uno strumento che serve a garantire la par condicio creditorum.

Il patto commissorio nullo determina secondo l’art. 1419 secondo comma c.c. la sua sostituzione automatica con la norma imperativa che vieta il ricorso all’autotutela.

Il sale & lease back

Il leasing finanziario rientra nel novero dei negozi di finanziamento ed è caratterizzato da un rapporto trilaterale tra finanziatore, finanziato e fornitore di un bene al finanziato ha portato successivamente ad una variante di tale figura costituita per l’appunto dal sale and lease back.

Questo contratto è formato da un’operazione bilaterale nella quale un’impresa commerciale vende un suo bene strumentale ad un’impresa finanziaria che glielo lascia in locazione.

Il sale and lease back ha suscitato fin da subito dubbi circa la sua compatibilità col divieto del patto commissorio poiché il venditore resta sempre nel godimento del bene e viene finanziato con prezzo che gli versa l’acquirente che gli concede in locazione il bene.

La giurisprudenza di legittimità ha sempre considerato il sale and lease back come un negozio astrattamente valido, salvo l’obbligo di verificare caso per caso la presenza di elementi sintomatici utili ad evidenziare che la vendita è stata posta in essere in funzione di garanzia, volta pertanto ad eludere il divieto del patto commissorio.

Gli elementi rivelatori sopra indicati, individuati dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 25552/2008, sono i seguenti:

  • l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice;
  • le difficoltà economiche dell’impresa venditrice utilizzatrice; ed, infine, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato all’acquirente.

A livello contenutistico si segnala che la prassi ha registrato con frequenza l’esistenza di contratti di sale and lease back che contengono due tipi di clausole: la prima sottrae al venditore il godimento del bene in maniera definitiva attraverso una clausola risolutiva che contempla la restituzione del bene all’acquirente locatore in caso di inadempimento all’obbligo di restituire il prezzo ricevuto od una singola rata dello stesso (Cass. 1273/2005); la seconda prevede di un pagamento di un prezzo specifico, c.d. di riscatto aggiunto alla restituzione del finanziamento (Cass. 14903/2008).

La decisione della Cassazione: i confini tra sale and lease back e patto commissorio

Con la sentenza in esame, la Cassazione ha in primo luogo affermato che il contratto di sale and lease back ha funzione di leasing.

La sua ratio è dunque quella di fornire liquidità immediata mediante l’alienazione di un bene strumentale al venditore conservandone l’uso con facoltà di riacquistarne al termine del rapporto la proprietà.

In particolare, la Corte di legittimità ha ribadito che il sale and lease back non viola in ogni caso il divieto del patto commissorio ma soltanto nell’ipotesi in cui tale contratto abbia uno scopo di garanzia, assolvendo perciò alla funzione di una vendita con patto di riscatto o di retrovendita.

Ebbene, la vicenda de qua difetterebbe proprio della trilateralità tipica del leasing, in quanto i soggetti dell’operazione erano soltanto due.

La Suprema Corte ha inoltre analizzato l’illegittimità del sale and lease back del caso di specie attraverso la ricorrenza di ulteriori tre elementi, quali:

  1. una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice;
  2. una situazione di difficoltà economica del venditore legittimante il sospetto di relativo approfittamento;
  3. la sproporzione tra il valore del bene alienato ed entità del prezzo versato.

Alla luce delle argomentazioni sopra esposte e ritenuto che il contratto di sale and lease back effettuato tra le parti integri a tutti gli effetti il divieto del patto commissorio, la Corte ha rigettato il ricorso.

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