Rinvio pregiudiziale alla CGUE sui contratti a termine in agricoltura

Con l’ordinanza interlocutoria n. 12572 del 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale dell’ordinanza), la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha sospeso un giudizio in corso e rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) due quesiti fondamentali sulla conformità della normativa italiana che esclude i rapporti di lavoro agricolo a termine dalla disciplina generale sui contratti a tempo determinato. Al centro del rinvio: l’art. 10, comma 2, del D.Lgs. 368/2001, la clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, e la tenuta del sistema di tutele contro l’abuso dei contratti a termine nel settore agricolo. Per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “Il lavoro subordinato” che analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

Il lavoro subordinato

Il lavoro subordinato

Il volume analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni).

L’opera è stata realizzata pensando al direttore del personale, al consulente del lavoro, all’avvocato e al giudice che si trovano all’inizio della loro vita professionale o che si avvicinano alla materia per ragioni professionali provenendo da altri ambiti, ma ha l’ambizione di essere utile anche all’esperto, offrendo una sistematica esposizione dello stato dell’arte in merito alle tante questioni che si incontrano nelle aule del Tribunale del lavoro e nella vita professionale di ogni giorno.

L’opera si colloca nell’ambito di una collana nella quale, oltre all’opera dedicata alla cessazione del rapporto di lavoro (a cura di C. Colosimo), sono già apparsi i volumi che seguono: Il processo del lavoro (a cura di D. Paliaga); Lavoro e crisi d’impresa (di M. Belviso); Il Lavoro pubblico (a cura di A. Boscati); Diritto sindacale (a cura di G. Perone e M.C. Cataudella).

Vincenzo Ferrante
Università Cattolica di Milano, direttore del Master in Consulenza del lavoro e direzione del personale (MUCL);
Mirko Altimari
Università Cattolica di Milano;
Silvia Bertocco
Università di Padova;
Laura Calafà
Università di Verona;
Matteo Corti
Università Cattolica di Milano;
Ombretta Dessì
Università di Cagliari;
Maria Giovanna Greco
Università di Parma;
Francesca Malzani
Università di Brescia;
Marco Novella
Università di Genova;
Fabio Pantano
Università di Parma;
Roberto Pettinelli
Università del Piemonte orientale;
Flavio Vincenzo Ponte
Università della Calabria;
Fabio Ravelli
Università di Brescia;
Nicolò Rossi
Avvocato in Novara;
Alessandra Sartori
Università degli studi di Milano;
Claudio Serra
Avvocato in Torino.

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A cura di Vincenzo Ferrante, 2023, Maggioli Editore
63.00 € 59.85 €

Il caso concreto

Due lavoratori agricoli avevano sottoscritto, in un arco di alcuni anni, 15 e 17 contratti a termine con la stessa azienda. Le mansioni svolte erano sempre le stesse: potatura, vendemmia, manutenzione del verde. I lavoratori chiedevano che venisse accertato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, lamentando un uso abusivo della forma contrattuale a termine.

In primo grado, il Tribunale aveva rigettato la domanda. La Corte d’appello ha confermato la decisione. Secondo i giudici, infatti, il contratto collettivo nazionale per gli operai agricoli prevede già un meccanismo di stabilizzazione. In particolare, dopo 180 giornate di lavoro effettivo in 12 mesi, il contratto può essere trasformato a tempo indeterminato su richiesta del lavoratore. Tale previsione sarebbe, secondo la Corte d’appello, sufficiente a soddisfare le esigenze di tutela.

Il contesto normativo e il ricorso in Cassazione

La disciplina dei contratti a tempo determinato in agricoltura è esplicitamente esclusa dal campo di applicazione del D.Lgs. 368/2001 (art. 10, co. 2), norma attuativa della direttiva 1999/70/CE. La Corte territoriale ha ritenuto sufficiente, ai fini della conformità europea, la disciplina prevista dal contratto collettivo nazionale per gli operai agricoli e florovivaisti, che consente la trasformazione del contratto in rapporto a tempo indeterminato solo dopo 180 giornate di lavoro effettivo in 12 mesi e su iniziativa del lavoratore entro sei mesi.

I lavoratori hanno proposto ricorso per Cassazione. A loro avviso, l’esclusione dei contratti agricoli dall’applicazione del D.Lgs. 368/2001 viola la clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE. La normativa europea, infatti, impone agli Stati membri l’adozione di misure effettive contro l’abuso dei contratti a termine. E la tutela prevista dalla contrattazione collettiva non sarebbe, secondo i ricorrenti, sufficiente.

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Il rinvio pregiudiziale: le domande alla Corte di Giustizia

La Cassazione ha sospeso il giudizio e ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia formulando due quesiti principali:

  1. Esclusione normativa e compatibilità europea: se la clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato), deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale le norme di diritto comune disciplinanti i rapporti di lavoro a tempo determinato, emanate in attuazione della menzionata direttiva, non sono applicabili ai rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato.

  2. Sufficienza della disciplina collettiva: se la clausola 5 sopra citata debba essere interpretata nel senso che, nell’ambito delle norme equivalenti per la prevenzione degli abusi, che tengano conto delle esigenze del settore agricolo, possa rientrare una misura stabilita dalla contrattazione collettiva sottoscritta dalle parti sociali che prevede il diritto alla trasformazione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato per gli operai agricoli che abbiano effettuato, presso la stessa azienda, centottanta giornate di effettivo lavoro, da calcolarsi nell’arco di dodici mesi dalla data di assunzione, diritto da esercitarsi entro il termine di decadenza di sei mesi.

I nodi interpretativi

La Corte evidenzia come il diritto dell’Unione riconosca ai contratti a tempo indeterminato un ruolo centrale nella stabilizzazione occupazionale e imponga agli Stati membri misure effettive per evitare abusi derivanti dalla successione di contratti a termine. Tuttavia, è ammesso un margine di discrezionalità per tener conto di esigenze settoriali. Ciò che la Corte intende accertare è se tale discrezionalità consenta di affidare la protezione contro gli abusi esclusivamente alla contrattazione collettiva, escludendo qualsiasi norma imperativa di legge, e se le condizioni previste siano sufficientemente efficaci.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione solleva una questione centrale per l’equilibrio tra flessibilità e tutela dei lavoratori in uno dei settori storicamente più vulnerabili, quello agricolo. La decisione della Corte di Giustizia avrà impatto non solo sui rapporti già instaurati, ma anche sul futuro assetto della disciplina dei contratti a termine nel settore agricolo italiano. In gioco vi è l’effettività delle tutele previste dal diritto dell’Unione e la compatibilità del nostro sistema con il principio europeo di prevenzione degli abusi nei rapporti di lavoro.

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