Rinuncia del socio al credito e incasso giuridico

La questione oggetto di analisi riguarda il trattamento fiscale della rinuncia del socio ai crediti verso la società partecipata, con particolare attenzione al tema dell’incasso giuridico. Tale nozione, elaborata dalla prassi amministrativa (Circolare n. 73/E/1994) e recepita dalla giurisprudenza, mira a evitare fenomeni di salto d’imposta nei redditi imponibili per cassa, come interessi, compensi agli amministratori e dividendi. Il quadro normativo è stato modificato dal D.lgs. n. 147/2015, in particolare con l’introduzione del comma 4-bis all’art. 88 del TUIR. La sentenza della Cassazione n. 16595/2023, oggetto dell’analisi, affronta il tema in termini potenzialmente innovativi, segnando un possibile distacco rispetto all’orientamento della prassi recente, come emerge anche dalla risposta all’interpello n. 59/2025 dell’Agenzia delle Entrate in materia di rinuncia ai dividendi.

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Codice Tributario 2025

Codice Tributario 2025

Il volume è aggiornato a: D.Lgs. 41/2024 (riordino del settore dei giochi); D.Lgs. 87/2024 (revisione del sistema sanzionatorio tributario); D.Lgs. 108/2024 (adempimento collaborativo e concordato preventivo biennale); D.Lgs. 110/2024 (riordino del sistema nazionale della riscossione); D.Lgs. 139/2024 (imposta di registro, imposta sulle successioni e donazioni, imposta di bollo e altri tributi indiretti diversi dall’IVA); D.Lgs. 141/2024 (revisione accise, imposte indirette sulla produzione e sui consumi); D.Lgs. 173/2024 (testo unico sanzioni tributarie amministrative e penali); D.Lgs. 174/2024 (testo unico dei tributi erariali minori); D.Lgs. 175/2024 (testo unico della giustizia tributaria); D.Lgs. 180/2024 (aliquote dell’imposta sul valore aggiunto); D.Lgs. 192/2024 (revisione del regime impositivo dei redditi: IRPEF-IRES); L. 207/2024 (legge di bilancio 2025) e riporta:
Parte I: Disciplina di rilievo sovranazionale
Parte II: Imposte dirette (Testo Unico, Norme complementari)
Parte III: Imposte indirette (IVA, Norme complementari IVA, Imposta di registro, Imposte ipotecarie e catastali, Imposta di bollo, Imposta sulle successioni e donazioni, Tassa sulle concessioni governative, Web tax)
Parte IV: Tributi locali e regionali
Parte V: Imposte straordinarie
Parte VI: Diritti del contribuente e interpello
Parte VII: Anagrafe tributaria e codice fiscale
Parte VIII: Accertamento
Parte IX: Riscossione
Parte X: Agevolazioni fiscali
Parte XI: Sanzioni amministrative e penali
Parte XII: Contenzioso
Parte XIII: Riforma fiscale (Riforma del 2014, Riforma del 2024)
Parte XIV: Novità normative
Parte XV: Testi Unici
Chiude il volume l’indice cronologico

Luigi Tramontano
Giurista, già docente a contratto presso la Scuola di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza è autore di numerosissime pubblicazioni giuridiche ed esperto di tecnica legislativa, curatore di prestigiose banche dati legislative e direttore scientifico di corsi accreditati di preparazione per l’esame di abilitazione alla professione forense.

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Luigi Tramontano, 2025, Maggioli Editore
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Il caso

La controversia decisa dalla Suprema Corte riguardava una società italiana che aveva ricevuto un finanziamento da una consociata lussemburghese. Il credito residuo (composto in capitale ed interessi) era stato ceduto alla controllante, anch’essa lussemburghese, la quale vi aveva poi rinunciato.

La società di capitali italiana, in via prudenziale e aderendo alla prassi amministrativa, aveva applicato la ritenuta del 26 per cento (ex art. 26, comma 5, D.P.R. n. 600/1973) sugli interessi oggetto di rinuncia, pur non avendoli materialmente corrisposti. In seguito, aveva formulato istanza di rimborso, rappresentando la non debenza della ritenuta in assenza di pagamento effettivo.

Al rigetto della suddetta richiesta da parte dell’Agenzia delle Entrate, la contribuente adiva le vie legali vedendosi accolto il ricorso dal giudice di primo grado, mentre il giudice del gravame ne aveva riformato la decisione, aderendo alla tesi dell’incasso giuridico sulla scorta di precedenti arresti di legittimità.

L’incasso giuridico

Nella sentenza in commento, la Corte ricostruisce l’origine e la ratio della teoria dell’incasso giuridico, concetto elaborato per risolvere le distorsioni fiscali derivanti dalla rinuncia del socio a crediti verso la società partecipata.

In origine, tale rinuncia era considerata una sopravvenienza non imponibile per la società (ai sensi dell’art. 88, comma 4, TUIR, nella versione previgente alla riforma) e, parallelamente, determinava un incremento del costo fiscale della partecipazione in capo al socio. Tuttavia, quando i crediti oggetto di rinuncia si riferivano a componenti reddituali tassati per cassa in capo al socio (ad esempio, interessi) e dedotti per competenza dalla società, si creava una asimmetria fiscale nota come salto d’imposta: la società deduceva il costo, ma il corrispondente reddito non veniva assoggettato a tassazione per il socio, generando un disallineamento.

Per ovviare a questa criticità, il legislatore è intervenuto con l’art. 13 del D.lgs. n. 147/2015, introducendo il comma 4-bis all’art. 88 del TUIR, il quale dispone che:

“La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale.”

A completamento del nuovo impianto normativo, sono stati modificati anche gli articoli 94, comma 6, e 101, comma 7, TUIR, prevedendo che sia l’aumento del costo della partecipazione in capo al socio, sia l’eventuale deduzione della perdita su crediti, non possano superare il valore fiscale del credito stesso.

In questo modo, il legislatore ha rimosso l’asimmetria descritta, con la conseguenza che, quando la rinuncia riguarda un credito con valore fiscale pari a zero (come spesso accade per crediti relativi a redditi tassati per cassa in capo a un socio non imprenditore), essa genera una sopravvenienza attiva integralmente imponibile per la società partecipata, senza determinare alcun incremento del costo della partecipazione per il socio.

La decisione

Alla luce di quanto premesso, la Corte di Cassazione giunge a una conclusione netta: la finzione giuridica dell’incasso giuridico non è più applicabile, poiché le asimmetrie fiscali che ne giustificavano l’esistenza sono state eliminate dal legislatore attraverso l’introduzione dell’art. 88, comma 4-bis, TUIR. Tale disposizione prevede che la sopravvenienza attiva sia imponibile in capo alla società nella misura in cui il valore fiscale del credito sia inferiore al suo valore nominale.

Secondo la Corte, non è quindi più possibile assimilare la rinuncia al credito a un incasso ai fini dell’applicazione della ritenuta d’imposta, prevista dall’art. 26, comma 5, del D.P.R. n. 600/1973, che si applica esclusivamente al momento del pagamento effettivo. Questa interpretazione non può più trovare applicazione nel nuovo assetto normativo.

In tal senso, la Corte formula il seguente principio di diritto:

«In tema di imposte sui redditi di capitale – in ragione di quanto previsto dagli artt. 88, comma 4-bis, 94, comma 6, e 101, comma 5, TUIR, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 13 del D.lgs. 14 settembre 2015, n. 147 – la rinuncia, operata da un socio nei confronti della società, al credito avente ad oggetto interessi maturati su finanziamenti erogati nei confronti della partecipata, non comporta l’obbligo di assoggettare a ritenuta fiscale il relativo importo, ai sensi dell’art. 26, comma 5, del D.P.R. n. 600/1973. Ciò in quanto il nuovo impianto normativo ha eliminato l’asimmetria fiscale (“salto d’imposta”) prevista dal regime precedente.»

In applicazione di tale principio, la Corte cassa la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, la quale aveva erroneamente negato il rimborso fondandosi su una lettura superata della teoria dell’incasso giuridico.

Prassi

Di recente, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito a un caso di rinuncia parziale ai dividendi da parte di soci persone fisiche non imprenditori (cfr. risposta n. 59/2025). Applicando l’art. 88, comma 4-bis, TUIR e richiamando la propria prassi (Risoluzione n. 124/E/2017), l’amministrazione finanziaria ha affermato che, per tali soggetti, il valore fiscale del credito — ossia del dividendo — coincide con il suo valore nominale. Di conseguenza, la rinuncia non genera una sopravvenienza attiva imponibile in capo alla società partecipata.

Tuttavia, è necessario evidenziare che, sul profilo dell’applicazione della ritenuta alla fonte — nello specifico, la ritenuta a titolo d’imposta del 26% prevista dall’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973 — la posizione dell’Agenzia diverge da quella della Corte di Cassazione.

L’Agenzia, infatti, ritiene che la ritenuta sia comunque dovuta anche in assenza di pagamento materiale del dividendo. La sua posizione si fonda sulla Circolare n. 73/E/1994 e sull’assunto che, con la delibera assembleare di distribuzione, sorge in capo al socio un diritto di credito. Secondo questa interpretazione, tale diritto costituisce un incasso giuridico, sufficiente a integrare il presupposto per l’applicazione della ritenuta, anche se il socio vi rinuncia successivamente.

Pertanto, in casi di questo tipo, l’Agenzia considera i dividendi rinunciati come giuridicamente percepiti e, dunque, soggetti a ritenuta alla fonte.

Conclusioni

Sul punto emerge un evidente contrasto interpretativo tra l’approccio evolutivo adottato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 16595/2023 e la posizione mantenuta dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 59/2025.

La Cassazione, muovendo da una lettura sistematica della normativa post-riforma del 2015, ha ritenuto superata la fictio iuris dell’incasso giuridico ai fini dell’applicazione della ritenuta d’imposta, valorizzando la disposizione introdotta dall’art. 88, comma 4-bis, TUIR. Secondo tale ricostruzione, in assenza di una effettiva corresponsione del credito, la ritenuta non sarebbe dovuta.

Di segno opposto è l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate. Pur riconoscendo che, in base all’art. 88, comma 4-bis, la rinuncia di un socio persona fisica non imprenditore non genera una sopravvenienza attiva imponibile per la società, l’Agenzia continua a richiamare l’impostazione tradizionale fondata sulla Circolare n. 73/E/1994. In tale prospettiva, il solo fatto della delibera assembleare di distribuzione fa sorgere un diritto di credito in capo al socio, da qualificarsi come incasso giuridico, e dunque sufficiente a far scattare la ritenuta anche in assenza di pagamento effettivo.

Va osservato che, sebbene la sentenza della Cassazione si riferisca a interessi e la risposta dell’Agenzia a dividendi, la logica sottesa alla pronuncia della Suprema Corte – fondata sull’eliminazione del salto d’impostanon risulta limitata ai soli interessi, ma appare estensibile a tutte le ipotesi di rinuncia a crediti tassati per cassa.

In questa prospettiva, l’interpretazione della Corte risulta più coerente con l’intervento normativo del 2015, che ha inteso superare le precedenti distorsioni tramite l’introduzione di una regola impositiva espressa (art. 88, comma 4-bis TUIR), rendendo non più necessario il ricorso alla finzione dell’incasso giuridico per giustificare l’applicazione della ritenuta in mancanza di effettivo pagamento.

Alla luce di tale divaricazione interpretativa, si auspica un intervento chiarificatore o un allineamento tra giurisprudenza e prassi amministrativa, al fine di offrire certezza agli operatori su un tema che presenta significative implicazioni pratiche.

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