Rimborso spese consulente tecnico di parte in incidente stradale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26729 del 15 ottobre 2024, ha parzialmente accolto un ricorso riguardante un incidente stradale, riconoscendo il rimborso delle spese per il consulente tecnico di parte, considerate non superflue.

La vicenda dell’incidente

Il sinistro risale al 2013, quando un ciclista è stato investito da un’autovettura, riportando gravi danni fisici e materiali. Quest’ultimo ha richiesto il risarcimento per danni patrimoniali e non patrimoniali, sostenendo di essere stato tamponato da dietro. Tuttavia, il Tribunale e la Corte d’Appello di Milano hanno stabilito che l’incidente è avvenuto lateralmente, attribuendo il 60% della responsabilità al ciclista, per mancata attenzione nell’attraversamento della strada, e il 40% all’automobilista, per non aver adottato cautele sufficienti nonostante avesse visto il ciclista.

La risoluzione della Corte d’Appello

Il ciclista ha proposto appello, contestando la ricostruzione del sinistro e sostenendo che il Tribunale avrebbe dovuto accertare un tamponamento e non un impatto laterale. Ha inoltre lamentato la mancata personalizzazione del danno non patrimoniale e il mancato riconoscimento del danno patrimoniale derivante dalla perdita della capacità lavorativa, dovuta al demansionamento post-incidente. La Corte d’Appello ha respinto gran parte delle sue richieste, accogliendo parzialmente l’appello incidentale dell’assicurazione, che ha portato a una riduzione del risarcimento in considerazione dell’indennizzo già corrisposto dall’INAIL.

Il ricorso per cassazione

Dunque, il ciclista ha presentato ricorso per cassazione, articolando una serie di motivi. Tra questi, ha nuovamente insistito sull’erronea ricostruzione del sinistro, lamentando che la sentenza della Corte d’Appello fosse viziata da una motivazione apparente e da elementi contraddittori. Secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto prendere in considerazione una dinamica diversa, basata su prove documentali e dichiarazioni, che avrebbero dimostrato un tamponamento diverso. Inoltre, il ciclista ha lamentato la mancata personalizzazione del danno non patrimoniale, sostenendo che la CTU avesse accertato una serie di postumi psicopatologici e menomazioni della capacità lavorativa che avrebbero dovuto portare a un riconoscimento maggiore del danno. Riguardo al danno patrimoniale, il ciclista ha sostenuto che la Corte d’Appello avrebbe ignorato la perdita della capacità lavorativa specifica, nonostante la CTU avesse riconosciuto una riduzione del reddito a causa del demansionamento da operaio specializzato a mansioni di pulizia.
Infine, un altro punto rilevante sollevato dal ricorrente riguardava le spese legali e la consulenza tecnica di parte. Ha, infatti, contestato la mancata rifusione delle spese legali sostenute per l’assistenza stragiudiziale e per la nomina del CTP, sostenendo che tali esborsi dovessero essere riconosciuti nel risarcimento.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato attentamente ciascuno dei motivi di ricorso e ha rigettato gran parte delle censure avanzate. In primo luogo, ha ritenuto che la ricostruzione della dinamica del sinistro effettuata dai giudici di merito fosse supportata da una motivazione adeguata e priva di contraddizioni. Non vi erano, secondo la Suprema Corte, elementi tali da giustificare una diversa ricostruzione dell’incidente, che potesse escludere la responsabilità concorrente del ciclista. Pertanto, la percentuale di colpa attribuita alle parti è stata confermata.
Per quanto riguarda la personalizzazione del danno non patrimoniale, la Cassazione ha ribadito che le manifestazioni psicopatologiche e i postumi segnalati dal CTU fossero già stati adeguatamente considerati nell’ambito della liquidazione del danno biologico, escludendo la necessità di una personalizzazione ulteriore. Non vi erano elementi che provassero una sofferenza straordinaria o specifica tale da giustificare un risarcimento separato per il danno morale.
Anche in merito al danno patrimoniale, la Corte ha confermato che il ciclista non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare il collegamento tra la menomazione fisica e la perdita di reddito. La semplice indicazione del demansionamento non era sufficiente a provare l’effettiva incidenza della lesione sul lavoro, né a dimostrare l’ammontare del danno economico subito.

Rimborso sostenuto per la CTP

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha accolto parzialmente l’ottavo motivo di ricorso, riconoscendo la fondatezza della doglianza relativa al mancato rimborso delle spese sostenute per la consulenza tecnica di parte. La Corte ha affermato che le spese per il CTP sono rimborsabili alla parte vittoriosa, salvo che siano ritenute eccessive o superflue. Nel caso specifico, la nomina del consulente tecnico di parte non poteva essere considerata una scelta superflua, come invece sostenuto dai giudici di merito. La Suprema Corte ha dunque cassato la sentenza della Corte d’Appello in relazione a questo punto, ritenendo che fosse necessario riconoscere tali spese.

 Conclusioni

Pur confermando la centralità del principio del concorso di colpa, la Corte ha ribadito l’importanza di una corretta valutazione probatoria per stabilire la dinamica dei sinistri.

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