Ricorso per Cassazione: quando depositare la relata di notifica

La Terza Sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 11319/2025, depositata il 29 aprile, nell’ambito di una controversia in materia di risarcimento del danno alla salute, ha affrontato una questione processuale di rilevante impatto pratico: in quali casi il ricorrente deve depositare, a pena di improcedibilità ex art. 369 c.p.c., unitamente a copia autentica della sentenza impugnata, la relazione di notificazione? E quale valore assumono le allegazioni del controricorrente che eccepisca l’avvenuta notifica della sentenza ai fini del decorso del termine breve e la tardività del ricorso? 

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Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
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La questione posta con l’ordinanza interlocutoria

La Cassazione, nell’analizzare il ricorso, ha risolto la questione preliminare posta con l’ordinanza interlocutoria n. 28486/2024. La Corte, infatti, aveva disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, perché fosse trattata in pubblica udienza, in relazione alla questione processuale, sollevata d’ufficio, e relativa alle conseguenze da attribuirsi all’affermazione, da parte del controricorrente, dell’avvenuta notifica della sentenza impugnata, nel caso in cui – come nella specie – la parte ricorrente nessuna indicazione offra al riguardo (non dica, cioè, né se la sentenza impugnata fu notificata, né se non lo sia stata) e manchi altresì la produzione in giudizio, da alcuna delle parti, della copia notificata della sentenza”.

Improcedibilità del ricorso e onere del ricorrente

La Corte di Cassazione ha precisato che il ricorrente deve depositare, oltre alla copia autentica della sentenza impugnata, anche la relata di notificazione soltanto quando egli stesso dichiara, in modo esplicito o implicito, che la sentenza è stata notificata ai fini del ricorso del termine di impugnazione. Questo obbligo, previsto dall’art. 369, comma 1, c.p.c., non si applica in maniera automatica: la semplice affermazione della controparte, contenuta nel controricorso, secondo cui la notifica sarebbe avvenuta, non è sufficiente a far sorgere in capo al ricorrente il dovere di produrla.

In altri termini, il ricorrente ha l’onere di allegare la relata di notifica solo quando richiama lui stesso la notificazione come fatto processuale rilevante, ossia come evento che segna l’inizio del termine breve per proporre l’impugnazione ex art. 325 c.p.c.

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Quando l’onere probatorio grava sul controricorrente

Se è il controricorrente a richiamare la notifica della sentenza, spetta a lui fornire la relativa prova documentale. In particolare, deve depositare tempestivamente la relata di notificazione. Qualora manchi tale documentazione, la semplice affermazione circa l’avvenuta notifica non basta a giustificare una declaratoria di improcedibilità del ricorso.

Questo principio si inserisce in modo coerente nell’impianto del processo civile: chi fa valere un fatto processuale determinante ha anche l’onere di provarlo. Si applicano, in tal senso, sia il principio di autoresponsabilità, sia la regola generale di distribuzione dell’onere probatorio stabilita dall’art. 2697 c.c.

Conseguenze processuali dell’onere non assolto

La Corte distingue con chiarezza gli scenari:

  • Se il controricorrente prova l’avvenuta notifica e il ricorso risulta effettivamente tardivo, il ricorso è inammissibile, non improcedibile.

  • Se la prova della notifica c’è ma il ricorso è comunque tempestivo, non ne deriva alcuna conseguenza negativa per il ricorrente.

  • Se, infine, il controricorrente si limita a sostenere l’avvenuta notifica senza depositare la relata, tale allegazione non produce effetti: non può essere considerata né ai fini della procedibilità né per valutare la tempestività del ricorso.

Il significato del silenzio del ricorrente

Un aspetto centrale nell’elaborazione giurisprudenziale riguarda il comportamento del ricorrente che tace sulla notificazione della sentenza. Quando il ricorrente non menziona affatto l’avvenuta notifica, né per confermarla né per escluderla, oppure dichiara esplicitamente che tale notifica non è mai avvenuta, la Corte interpreta tale atteggiamento come una scelta consapevole di impugnare nel termine lungo.

In queste circostanze, il ricorrente non è tenuto a depositare la relata di notificazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c., e l’eventuale omissione non determina l’improcedibilità del ricorso. La giurisprudenza esclude che il silenzio sia un elemento neutro: al contrario, lo considera indice della volontà di rientrare nel regime ordinario del termine semestrale previsto per l’impugnazione.

Le condizioni perché sorga l’obbligo di deposito della relata di notifica

L’onere per il ricorrente di depositare la relata di notifica della sentenza è funzionale alla prova della tempestività del ricorso nell’ipotesi in cui tale verifica vada parametrata al termine breve ex art. 325 c.p.c. decorrente dalla notificazione della sentenza.

Un tale onere, allora, presuppone logicamente due condizioni:

  • In primo luogo, il ricorrente deve aver lasciato intendere, per quanto dallo stesso allegato o per quanto prodotto, che la sentenza è stata oggetto di notifica.
  • In secondo luogo, deve risultare che tra la data di pubblicazione della sentenza e quella di notifica del ricorso siano decorsi più di sessanta giorni, perché in caso contrario la tempestività del ricorso sarebbe comunque, per ovvie ragioni, fuori discussione (c.d. prova di resistenza).

Se manca la prima condizione – e dunque se il ricorrente afferma che la sentenza non è stata notificata da alcuno o anche solo tace del tutto al riguardo – tale verifica non si richiede atteso che, in tali termini prospettando la propria impugnazione, deve darsi per acquisito che il ricorrente ha inteso esercitare il diritto di impugnazione entro il cd. termine lungo.

Conclusioni

L’approccio adottato dalla Corte, e confermato da numerose pronunce di legittimità, mira a garantire l’equilibrio tra efficienza processuale e tutela del diritto di impugnazione. Il ricorrente non deve essere sanzionato per non aver allegato ciò che nessuno ha dimostrato essere necessario. Il sistema premia la parte diligente, ma nel rispetto del riparto degli oneri: chi afferma un fatto processuale decisivo, come l’avvenuta notificazione della sentenza, ha il dovere di provarlo. Diversamente, la sua allegazione non può condizionare l’esito del giudizio.

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