La Cassazione ribadisce che, in base all’art. 1988 c.c., la ricognizione di debito esonera il creditore dalla prova del rapporto fondamentale. Spetta alla parte debitrice dimostrare l’inesistenza del rapporto sottostante.
Corte di Cassazione-sez. III- ORD. N. 23285 DEL 28-08-2024
La vicenda
Alcuni eredi hanno avviato un’azione di accertamento negativo del credito nei confronti del convenuto, chiedendo la dichiarazione di inesistenza di qualsiasi obbligo della defunta nei suoi confronti. In risposta, il convenuto ha proposto una domanda riconvenzionale, richiedendo il pagamento di una somma significativa sulla base di una scrittura privata di ricognizione del debito sottoscritta dalla defunta. In primo grado, il tribunale ha rigettato la domanda degli attori e accolto quella del convenuto, condannando gli eredi al pagamento proporzionale della somma reclamata. Tuttavia, in appello, a seguito di una consulenza grafologica, la sentenza è stata riformata, escludendo qualsiasi obbligo in capo alla defunta e, di conseguenza, ai suoi eredi. Il convenuto ha poi presentato ricorso in Cassazione, con le parti che hanno prodotto ulteriori memorie difensive.
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I motivi di ricorso
Il ricorso presentato dal ricorrente si basa su due punti centrali, che meritano un approfondimento per comprendere appieno le questioni giuridiche sottese e il ragionamento della Corte di Cassazione.
Il primo motivo di ricorso solleva un problema legato all’omesso esame di un fatto che il ricorrente considera decisivo per la decisione. In questo caso, si tratta dell’esito della consulenza tecnica d’ufficio (CTU) grafologica, che avrebbe confermato l’autenticità della firma sulla scrittura di ricognizione del debito. Secondo il ricorrente, tale elemento era essenziale per stabilire la genuinità della sottoscrizione e, dunque, la validità della ricognizione di debito, che rappresentava la base della pretesa creditoria.
Il secondo motivo di impugnazione riguarda l’errata applicazione da parte della Corte territoriale dell’art. 1988 c.c., che disciplina la ricognizione di debito. Quest’ultima non costituisce una fonte autonoma di obbligazione, ma rappresenta un’astrazione processuale del rapporto sottostante. In sostanza, la ricognizione di debito comporta una “dispensa dall’onere della prova” per il creditore, il quale non è tenuto a dimostrare l’esistenza del rapporto fondamentale che ha dato origine all’obbligazione. Dunque,il creditore, una volta presentata una ricognizione di debito valida, non deve provare l’esistenza del rapporto causale sottostante, a meno che non sia la controparte a contestare in modo fondato tale rapporto.
La posizione della Corte di Cassazione
La Cassazione, accogliendo il secondo motivo, sottolinea che la Corte territoriale ha commesso un errore nel richiedere al creditore di fornire prove specifiche riguardanti il rapporto fondamentale. La Corte d’Appello, infatti, aveva ritenuto insufficiente la prova della causale della ricognizione di debito, sostenendo che le dichiarazioni testimoniali non fossero sufficientemente precise per confermare l’esistenza di una compravendita. Tuttavia, tale ragionamento si scontra con il principio espresso dall’art. 1988 c.c., che esonera il creditore dalla prova del rapporto fondamentale.
La Cassazione ha richiamato consolidata giurisprudenza (Cass., Sez. Un., 16/03/2023, n. 7682 ), secondo cui la ricognizione di debito determina una “astrazione processuale“: essa non crea una nuova obbligazione, ma conferma l’esistenza di un rapporto fondamentale preesistente. Il creditore è quindi dispensato dall’onere di provare tale rapporto, salvo che non sia la controparte a dimostrare l’inesistenza del rapporto sottostante.
In altre parole, spetta alla parte che contesta il debito (nel caso di specie gli eredi) dimostrare che il rapporto sottostante non esiste, ad esempio provando che non vi è stata alcuna compravendita di gioielli o che il debito non ha motivo di esistere. Non è il creditore che deve dimostrare ulteriormente il rapporto fondamentale, salvo rinuncia espressa o implicita al vantaggio probatorio derivante dalla ricognizione.
Conclusioni
In definitiva, la Cassazione ha ritenuto che la Corte territoriale non abbia applicato correttamente i principi di diritto relativi alla ricognizione di debito e alla distribuzione dell’onere della prova, così come consolidati dalla giurisprudenza. L’ordinanza in commento rafforza la tutela del creditore nei casi di ricognizione di debito, ribadendo che, una volta prodotto tale documento, è la controparte a dover dimostrare l’inesistenza del rapporto fondamentale, non il creditore a doverne fornire ulteriori dettagli.
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