Revoca giudiziale dell’amministratore di condominio: quando è inammissibile?

La Seconda Sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 14039/2025, del 26 maggio (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), si è pronunciata su un tema rilevante nell’ambito del contenzioso condominiale: la possibilità, per i condomini, di avviare un procedimento giudiziale di revoca dell’amministratore quando questi ha già cessato l’incarico per decorrenza del termine biennale previsto dall’art. 1129 c.c. La Suprema Corte coglie l’occasione per delineare i limiti del rimedio ex art. 1129, comma 11, c.c., precisando i limiti entro cui il giudice può intervenire a sostituire la volontà assembleare. Per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “Manuale di sopravvivenza in condominio”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon

Manuale di sopravvivenza in condominio

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La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni. L’abuso degli spazi comuni, la suddivisione delle spese, la revoca dell’amministratore, che non risponde mai al telefono, ma anche la convivenza con l’odore di soffritto e il cane del vicino, le spese personali o condominiali?

Uno sguardo all’indice ci consente di riconoscere i casi in cui ognuno di noi, almeno una volta nella propria esperienza, si è imbattuto.

Questa pratica guida, che nasce dalla lunga esperienza in trincea nel mondo del condominio dell’Autore, non solo come avvocato, ma anche come giornalista, è scritta in modo chiaro e comprensibile a tutti, professionisti e non, amministratori e condòmini, per fornire la chiave per risolvere i problemi più ricorrenti.

Luca Santarelli
Avvocato cassazionista, giornalista pubblicista, politico e appassionato d’arte. Da sempre cultore del diritto condominiale che ritiene materia da studiare non solo sotto il punto di vista giuridico. Già autore di monografie, dal 2001 firma rubriche nel quotidiano la Nazione del gruppo QN e dal 2022 tiene rubriche radiofoniche per Radio Toscana. Relatore a numerosi convegni nel territorio nazionale, isole comprese.

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Il caso

La vicenda trae origine da un ricorso proposto da alcuni condomini per ottenere la revoca giudiziale dell’amministratore del condominio, adducendo gravi irregolarità nella gestione. Tuttavia, tra la presentazione del ricorso e la decisione giudiziale, l’amministratore aveva già presentato le dimissioni, accettate dall’assemblea che aveva provveduto alla nomina del successore. Nonostante la cessazione della materia del contendere, la Corte d’Appello aveva condannato il precedente amministratore al pagamento delle spese, ritenendo fondato il reclamo dei condomini sulla base del principio di soccombenza virtuale.

Motivi di ricorso

L’amministratore dimissionario ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la legittimità della condanna alle spese e l’ammissibilità stessa dell’azione promossa nei suoi confronti.

Egli, in particolare, sosteneva che l’ordinanza impugnata fosse viziata per due ragioni:

  1. In primo luogo, perché, pur dando atto della cessazione della materia del contendere, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese delle due fasi del giudizio cautelare, senza considerare che, essendo l’amministratore dimissionario in regime di prorogatio, il rimedio proposto dai condomini era inammissibile, in mancanza dei requisiti della residualità, eccezionalità e urgenza, potendo l’assemblea del condominio attivarsi per la nomina del nuovo amministrazione o, alternativamente, in caso di inerzia dell’assemblea, potendo i condomini chiedere la nomina giudiziale dell’amministratore;
  2. In secondo luogo, per avere ritenuto ammissibile la revoca giudiziale dell’amministratore in prorogatio, pur trattandosi di revoca che, ove disposta, non avrebbe prodotto alcun effetto essendo ormai venuto meno un vincolo contrattuale, tra condominio e amministratore, sul quale la revoca avrebbe potuto incidere.

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La revoca giudiziale dell’amministratore

La Suprema Corte, nell’analizzare il ricorso, ha innanzitutto chiarito che la revoca giudiziale dell’amministratore, di cui agli artt. 1129 comma 11 c.c. e 64 disp. att. c.c., costituisce un procedimento eccezionale e urgente (improntato a rapidità, informalità ed officiosità), sostitutivo della volontà assembleare, suscettibile di risolvere prima del tempo il rapporto di mandato tra i condomini e l’amministratore, che trova giustificazione soltanto nell’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela (superiore a quella dei singoli condomini e dei diritti dell’amministratore) ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore.

In base all’art. 1129 comma 10 c.c., decorso il secondo anno dall’assunzione dell’incarico, l’amministratore cessa dalla carica in maniera automatica, senza che sia necessaria a tal fine una decisione assembleare, e vengono meno i suoi poteri gestori. In tale evenienza, l’art. 1129 comma 8 c.c. prescrive che l’amministratore cessato dalla carica debba consegnare tutta la documentazione in suo possesso, relativa al condominio e ai condomini, ed eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto ad ulteriori compensi.

L’intervento della Cassazione: limiti al potere giudiziale

La domanda di revoca ex art. 1129, comma 11, c.c., è, dunque, uno strumento eccezionale e urgente, utilizzabile solo nei confronti di un amministratore in carica. Una volta decorso il termine biennale dalla nomina, infatti, l’amministratore cessa automaticamente dal proprio incarico e, in regime di prorogatio, conserva solo poteri limitati per l’esecuzione degli atti urgenti.

Secondo la Cassazione, in tale fase i condomini non hanno più interesse a proporre un’azione di revoca, potendo piuttosto:

  • nominare un nuovo amministratore in assemblea;

  • chiedere al giudice la nomina ex art. 1129, comma 1, c.c., in caso di inerzia dell’assemblea;

  • agire con un giudizio a cognizione piena per l’accertamento di responsabilità pregresse.

La Corte ha precisato che l’interesse processuale, requisito indefettibile di ogni azione, manca allorché la domanda sia volta a ottenere un provvedimento giudiziale ormai privo di effetti pratici.

Nel caso di specie, quando, il 22 marzo 2020, era iniziato il procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore, quest’ultimo, che aveva ricoperto il ruolo dal 15 febbraio 2018 al 18 febbraio 2020, era cessato dall’incarico e, quindi, doveva limitarsi al disbrigo degli affari urgenti, ragion per cui i condomini non avevano interesse a domandarne la revoca giudiziale.

La decisione della Corte: il principio di diritto enunciato

La Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:

“In tema di condominio negli edifici, è inammissibile, per carenza di interesse, la domanda dell’assemblea o di ciascun condomino, ex art. 1129 comma 11 c.c., diretta ad ottenere la revoca dell’amministratore cessato dall’incarico per la decorrenza di due anni dalla nomina, essendo questi tenuto, ai sensi dell’ottavo comma dello stesso articolo, soltanto ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”.

Il Collegio ha quindi cassato l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, ha annullato la condanna alle spese pronunciata dalla Corte d’Appello. Le spese dell’intero giudizio sono state compensate, stante l’assenza di precedenti consolidati sulla questione.

Conclusioni

La sentenza in commento fornisce una lettura rigorosa dell’art. 1129 c.c. e ribadisce la natura eccezionale e residuale dell’intervento giudiziale nel rapporto tra condominio e amministratore. I giudici di legittimità chiariscono che la revoca può essere domandata solo finché l’amministratore è formalmente in carica, e che la cessazione automatica dell’incarico per decorrenza del biennio rende inammissibile, per carenza di interesse, ogni azione giudiziale di rimozione.

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