Responsabilità del genitore per guida senza patente del figlio minorenne

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14000/2025, del 26 maggio (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), affronta il delicato tema della responsabilità del genitore per “culpa in vigilando” in relazione a una violazione del Codice della Strada compiuta dal figlio minorenne, sprovvisto di patente. La vicenda, apparentemente semplice, solleva questioni sostanziali in ordine all’applicazione dell’art. 2048 c.c., alla prova liberatoria ex art. 2 L. 689/1981 e ai criteri di valutazione del giudice di merito. A supporto dei professionisti, consigliamo il volume “Come opporsi alle contravvenzioni del nuovo Codice della Strada”, uno strumento pratico e agile, spendibile quotidianamente, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon

Come opporsi alle contravvenzioni del nuovo Codice della Strada

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Gabriele Voltaggio
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Il caso: opposizione a verbale per guida senza patente

Il ricorrente aveva impugnato, in qualità di genitore del minore, un verbale della polizia stradale che gli contestava la violazione degli artt. 116, commi 15 e 17, del Codice della Strada per aver consentito al figlio di guidare senza patente. La sanzione era particolarmente gravosa: oltre 5.000 euro. Il Giudice di Pace di Lecce prima, e il Tribunale in appello poi, avevano rigettato l’opposizione. Entrambi i giudici avevano ritenuto non raggiunta la prova liberatoria da parte del genitore, che non era riuscito a dimostrare di aver fatto quanto in suo potere per impedire il fatto.

I motivi di ricorso: tre profili di doglianza

Il ricorso per cassazione è stato articolato su tre motivi:

  1. Motivazione apparente: si lamentava la violazione dell’art. 132 c.p.c., per assenza di un’effettiva motivazione nella sentenza impugnata.

  2. Errata valutazione della prova: il giudice avrebbe male interpretato alcune dichiarazioni testimoniali, nonché trascurato l’opposizione paterna alla condotta del figlio.

  3. Vizio formale del verbale: infine, si contestava l’omessa indicazione della località della violazione nel verbale stesso, invocandone la nullità.

La decisione della Corte: motivazione sufficiente e coerente

La Corte respinge il primo motivo. Ricorda che una motivazione è “apparente” solo quando risulta del tutto incomprensibile o meramente assertiva, tale da impedire ogni controllo sul ragionamento del giudice. Nel caso di specie, la motivazione c’è ed è chiara: il genitore non ha dimostrato di aver vigilato adeguatamente sul figlio, né ha articolato mezzi di prova in tal senso. Richiamando precedenti consolidati (Cass. 9435/2008; 22550/2009), la Cassazione riafferma il principio secondo cui la responsabilità “presunta, diretta e personale” del genitore può essere esclusa solo mediante una prova rigorosa, non generica.

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La valutazione della prova è insindacabile in sede di legittimità

Quanto al secondo motivo, la Corte lo dichiara inammissibile. Viene chiarito che, in tema di valutazione delle prove, la Corte di Cassazione non può sostituirsi al giudice di merito, salvo che quest’ultimo abbia utilizzato prove non dedotte dalle parti o agito in violazione dei limiti legali (artt. 115 e 116 c.p.c.). Ma non è questo il caso: il ricorrente contesta la ricostruzione fattuale, non il metodo probatorio, e ciò esula dai poteri della Corte.

Nullità del verbale: censura nuova e inammissibile

Anche il terzo motivo viene rigettato, in quanto introduce una questione, l’omessa indicazione della località nel verbale, che non risulta essere stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio. La Cassazione ribadisce che non possono essere proposti per la prima volta in sede di legittimità temi nuovi, neppure se potenzialmente rilevabili d’ufficio.

Condanna per responsabilità aggravata e spese

Oltre al rigetto del ricorso, la Corte applica l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., disponendo una condanna pecuniaria aggravata in favore della controparte e della Cassa delle ammende. Il ricorrente è inoltre condannato al pagamento delle spese di lite e dell’ulteriore contributo unificato.

Conclusioni

La pronuncia conferma l’orientamento giurisprudenziale rigoroso in tema di responsabilità dei genitori per fatti illeciti dei figli minori. La Corte ribadisce che la presunzione di “culpa in vigilando” può essere superata solo mediante una prova concreta e strutturata, non con generiche dichiarazioni di dissenso. Sotto il profilo processuale, si sottolinea ancora una volta l’inammissibilità delle censure fattuali in Cassazione e la necessità di aver sollevato ogni questione già nel giudizio di merito. Una decisione che rafforza la coerenza del sistema e richiama le parti alla diligenza nell’istruzione e nella costruzione del contenzioso.

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