Responsabilità bancaria per pagamenti elettronici senza conto del beneficiario

Con ordinanza N. 17415 del 25-06-2024, la I Sez. civ. della Corte di Cassazione ha chiarito la  responsabilità bancaria in operazioni elettroniche con beneficiari senza conto presso la banca intermediaria segue il diritto comune. La banca deve dimostrare le precauzioni adottate e, se necessario, comunicare i dati del destinatario erroneamente beneficiato.

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La questione

Nel 2013, il Fallimento A.A. ha presentato un ricorso ex art. 702-bis c.p.c. al Tribunale di Brescia, chiedendo la condanna della Banca Popolare di Vicenza al pagamento di una somma ingente, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali. L’azione legale nasceva dal mancato ricevimento, da parte del fallimento, di un indennizzo da Reale Mutua Assicurazioni, erroneamente versato tramite bonifico bancario ad un terzo sconosciuto. La Banca Popolare di Vicenza, responsabile dell’accredito, non aveva verificato la corrispondenza tra il codice IBAN e il nome del beneficiario.
La Banca Popolare di Vicenza si è difesa sostenendo la correttezza del proprio operato, in conformità alle disposizioni legislative. Tuttavia, il Tribunale di Brescia ha riconosciuto la negligenza della Banca e l’ha condannata al risarcimento.
Banca Intesa Sanpaolo, subentrata alla Banca Popolare di Vicenza, ha presentato appello contro la decisione, ma la Corte d’Appello di Brescia ha rigettato il ricorso con sentenza adducendo che la banca non avesse adottato le necessarie precauzioni nell’eseguire l’ordine di bonifico, violando le norme del D.Lgs. n. 11/2010 sui servizi di pagamento e quelle sulla tutela della privacy. Oltre al fatto che la responsabilità bancaria è stata confermata in virtù dell’art. 2043 c.c. e del principio di vicinanza della prova, che obbliga la banca a dimostrare le cautele adottate per il recupero dei fondi accreditati erroneamente.

I motivi di ricorso

Intesa San Paolo ha presentato un ricorso per cassazione adducendo, nel primo motivo, la violazione degli artt. 1188, comma 2, 1189 e dell’art. 24 del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, in relazione all’art. 2043 c.c.: la sentenza impugnata ha ritenuto pregiudicato il diritto di credito del ricorrente nei confronti di Reale Mutua Assicurazioni, a causa di un pagamento errato a un soggetto non legittimato.
Nel secondo motivo di ricorso, la Banca ha dedotto la violazione degli artt. 20, 23 e 24 del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, e della normativa sulla privacy, oltre che dell’art. 12, comma 1, c.c., in relazione all’art. 2043 c.c. Nel caso di specie, è stato contestato alla corte territoriale l’errata interpretazione dell’art. 24, che avrebbe per implicito imposto obblighi di controllo preventivo e cautele a favore di terzi, azione non conforme all’art. 12, comma 1, c.c.

La responsabilità bancaria: l’esame del Tribunale e della Corte d’Appello

In primo luogo, i giudici ermellini hanno chiarito come i giudici di merito avessero inquadrato la domanda come un’azione risarcitoria per il pregiudizio ingiustamente subito dalla Banca al Fallimento A.A. e, per lui, alla procedura concorsuale, pari alla somma di una somma ingente  accreditata per errore a un soggetto diverso dall’effettivo creditore, anche se con motivazioni non del tutto coincidenti.
Attraverso un esame più specifico della questione, la sentenza impugnata ha evidenziato che il Tribunale di Brescia abbia escluso l’applicabilità dell’art. 24 del D.Lgs. n. 11 del 2010, interpretandolo come riferito solo ai rapporti tra il prestatore del servizio di pagamento e l’utilizzatore del servizio. Per questi motivi, ha condannato la Banca a risarcire i danni ex art. 2043 cod. civ., rilevando una condotta negligente per non aver verificato la corrispondenza tra IBAN e nome del beneficiario di un ordine di bonifico di importo elevato.
Mentre, la Corte di Appello ha sostenuto che un comportamento conforme alla normativa non potesse costituire ab origine fonte di responsabilità bancaria, né tra le parti del rapporto contrattuale né verso terzi.
In particolare, il giudice distrettuale ha concluso che, in assenza di prova da parte della Banca riguardo agli sforzi compiuti per recuperare i fondi, la responsabilità nei confronti del terzo danneggiato fosse evidente. La Banca non ha dimostrato di aver adottato le cautele necessarie per permettere il recupero della somma  corrisposta, confermando così la decisione del giudice di prime cure.

Bonifici errati e l’intervento normativo

La Corte di legittimità ha rilevato che la controversia in oggetto si colloca in un ampio filone di procedimenti avviati dal solvens o, come nel caso specifico, dal creditore effettivo contro un istituto di credito per l’esecuzione di un bonifico a favore di un destinatario diverso da quello indicato dal cliente.
Tanto la dottrina quanto la giurisprudenza hanno distinto  diversi scenari nel caso in l’errore potesse essere causato da una digitazione errata dell’IBAN, nota correttamente al cliente, oppure da una condotta ingannevole tale da indurre il cliente a credere nella correttezza dell’IBAN del beneficiario.
Il tema dei servizi di pagamento elettronici ha visto una notevole attenzione normativa, sia a livello comunitario che nazionale. In particolare, con l’istituzione dell’area unica dei pagamenti in euro, il legislatore comunitario ha cercato di assicurare rapidità nei pagamenti senza compromettere la sicurezza e la tutela dei consumatori.
La disciplina attuale, regolata dal D.Lgs. n. 11/2010, muove attorno agli aspetti principali delle operazioni di pagamento, come il versamento, il trasferimento o il prelievo di fondi tramite i servizi elencati nell’art. 1 del TUB.
In particolare, gli articoli 24 e 25 del D.Lgs. n. 11/2010 stabiliscono che l’esecuzione di un ordine di pagamento è considerata corretta se effettuata conformemente all’IBAN fornito. In caso di errore dell’IBAN, il prestatore di servizi di pagamento non è responsabile dell’inesatta esecuzione dell’operazione, ma deve fare il possibile per recuperare quei fondi.

La natura contrattuale dei servizi di pagamento e gli obblighi degli intermediari

La fornitura di servizi di pagamento si basa su un rapporto contrattuale tra l’utente e l’intermediario, che può derivare anche da un semplice “contatto sociale qualificato”. Tale rapporto impone alcuni obblighi in capo intermediari, tenuti a rispettare non solo la normativa specifica sui servizi di pagamento, ma anche le regole del diritto civile.
In più, gli intermediari sono tenuti a operare secondo principi di diligenza professionale: l’art. 24 del D.Lgs. n. 11 del 2010 stabilisce che qualora l’intermediario rilevi un’incoerenza nei dati, è tenuto a informare l’utente dell’errore indicando l’apposita procedura correttiva.
La normativa prevede due forme di tutela per l’utente: la tutela restitutoria e la tutela risarcitoria. La prima garantisce al pagatore il recupero delle somme trasferite erroneamente, mentre la seconda, che può essere concessa sia al pagatore che al beneficiario, dipende dalla responsabilità dell’intermediario per eventuali danni causati dalla mancata diligenza professionale.

Onere della prova

Secondo i giudici, l’onere della prova riguardo alla responsabilità dell’intermediario deve essere calibrata sulla specificità del caso concreto. Gli intermediari sono chiamati a operare con la massima diligenza, intervenendo prontamente in caso di errori nei dati di pagamento per evitare danni agli utenti.
Per i servizi di pagamento, il rapporto tra la banca (cd. prestatore del servizio) e l’utente del servizio è regolato dal D.Lgs. n. 11 del 2010, il quale stabilisce che, per poter invocare la responsabilità dell’intermediario in caso di errore del cliente, è necessario provare che l’intermediario fosse consapevole di tale errore. Secondo l’art. 1218 del codice civile, l’onere della prova spetta all’intermediario, che deve dimostrare di aver eseguito l’operazione utilizzando un sistema automatizzato che esclude la possibilità di controllo di congruità.
Tuttavia, i giudici ermellini hanno osservato che l’introduzione del sistema SEPA ha reso l’intermediario inconsapevole di eventuali errori commessi dall’utente, a meno che non ci sia una qualche forma di consapevolezza.
In particolare, nel caso in cui un beneficiario non ha un conto presso il prestatore del servizio di pagamento, la specificità della norma di cui  all’’art. 24 del D.Lgs. n. 11 del 2010 non può trovare riferimento. In tale ipotesi, è necessario ricorrere alle norme ordinarie del diritto civile, che obbligano l’intermediario a dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni necessarie per evitare errori e, se necessario, a fornire i dati del destinatario erroneo.

Conclusioni

In conclusione, riguardo alla responsabilità bancaria per operazioni effettuate tramite strumenti elettronici, quando il beneficiario di un pagamento non possiede un conto presso la banca intermediaria, si applicano le regole di diritto comune.
Il principio di diritto stabilito dai giudici ermellini è il seguente:
“In tema di responsabilità bancaria per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, quando il beneficiario di un pagamento non possiede un conto presso la banca intermediaria, si applicano le regole di diritto comune. La banca è tenuta a dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni necessarie per evitare errori e, se necessario, a comunicare i dati del destinatario erroneamente gratificato.”

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Gianluca Bozzelli
Avvocato cassazionista, mediatore, arbitro e gestore della crisi, si occupa principalmente di diritto bancario e di diritto commerciale, diritto tributario e diritto della privacy. Attualmente è componente della Commissione di Diritto Bancario del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli. È relatore in convegni e corsi di formazione. Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritto bancario, sovraindebitamento e privacy. (www.avvocatobozzelli.it). È componente del comitato scientifico della banca dati “Diritto e contenzioso bancario” (www. contenzioso-bancario.it).

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