Responsabilità aggravata per uso improprio di ChatGPT negli atti difensivi

La Sezione Imprese del Tribunale di Firenze, nell’ambito di una controversia in materia di tutela dei marchi e del diritto d’autore (qui trovi il testo integrale dell’ordinanza), ha affrontato, per la prima volta, il tema della responsabilità aggravata per uso improprio di ChatGPT negli atti difensivi. I giudici, in particolare, hanno chiarito se l’inserimento di riferimenti giurisprudenziali errati negli atti difensivi, a seguito di una ricerca effettuata con l’intelligenza artificiale, possa comportare la condanna per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c. 

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La legge Italiana sull'Intelligenza Artificiale

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Il volume presenta il primo articolato commento dedicato alla Legge 23 settembre 2025, n. 132, che detta le norme che consentono di disciplinare in ambito italiano il fenomeno dell’intelligenza artificiale e il settore giuridico degli algoritmi avanzati.
Il testo offre una panoramica completa delle principali questioni giuridiche affrontate dal legislatore italiano, tra cui la tutela del diritto d’autore e la disciplina della protezione dei dati personali raccolti per l’addestramento dei modelli e per il funzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale.
Sono analizzate tutte le modifiche normative previste dalla nuova legge, che è intervenuta anche sul codice civile, sul codice di procedura civile e sul codice penale, introducendo nuove fattispecie di reato. La puntuale analisi della riforma e il confronto con le fonti europee (l’AI Act e il GDPR) sono accompagnati da schemi e tabelle, e da un agile glossario giuridico.

Vincenzo Franceschelli
Come professore straordinario prima, e poi come ordinario, ha insegnato nelle Università di Trieste, Siena, Parma, Milano e Milano Bicocca. È Vicepresidente del CNU - Consiglio Nazionale degli Utenti presso l’AGCom Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. È stato Visiting Professor presso la Seton Hall University Law School di New Jersey, USA. Direttore responsabile della Rivista di Diritto Industriale e autore di numerose monografie e contributi scientifici in varie riviste.
Andrea Sirotti Gaudenzi
Avvocato e docente universitario. Svolge attività di insegnamento presso Atenei e centri di formazione in Italia e all’estero. È responsabile scientifico di vari enti, tra cui l’Istituto nazionale per la formazione continua di Roma. Direttore di collane e trattati giuridici, è autore di numerosi volumi, tra cui “Manuale pratico dei marchi e brevetti”, “Il nuovo diritto d’autore” e “Codice della proprietà industriale”. I suoi articoli vengono pubblicati su varie testate giuridiche.

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Il caso

Il reclamante, in un procedimento contro il sequestro di merce contraffatta, aveva chiesto la condanna della società soccombente per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Il difensore della società, in particolare, nelle memorie difensive, in sede di comparsa di costituzione, aveva inserito riferimenti giurisprudenziali errati, il cui contenuto reale non corrispondeva a quello riportato.

L’omessa verifica della veridicità delle fonti citate, secondo il reclamante, sarebbe stata il sintomo della mala fede della controparte e di un abusivo utilizzo dello strumento processuale: condotte che giustificherebbero la condanna per lite temeraria.

L’avvocato della società costituita, tuttavia, aveva dichiarato che i riferimenti giurisprudenziali citati nell’atto erano stati il frutto di una ricerca effettuata da una collaboratrice di studio tramite lo strumento dell’intelligenza artificiale “ChatGPT”, del cui utilizzo il difensore non era a conoscenza.

Il fenomeno delle allucinazioni di intelligenza artificiale

Il Tribunale ha sottolineato come, nel caso di specie, i risultati errati generati dall’IA rientrerebbero nel fenomeno delle cosiddette allucinazioni di intelligenza artificiale che si verifica qualora l’IA inventi risultati inesistenti ma che, anche a seguito di una seconda interrogazione, vengono confermati come veritieri.

In questa circostanza, l’intelligenza artificiale avrebbe inventato dei numeri riferibili a sentenze della Corte di Cassazione inerenti all’aspetto soggettivo dell’acquisto di merce contraffatta il cui contenuto, invece, non aveva nulla a che vedere con tale argomento.

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L’inapplicabilità dell’art. 96 c.p.c. al caso in esame

I giudici hanno evidenziato che l’inserimento dei riferimenti giurisprudenziali errati, nelle memorie difensive, fungeva da supporto a una strategia difensiva rimasta immutata sin dal primo grado di giudizio e non era finalizzato ad influenzare la decisione del Tribunale.

La responsabilità aggravata, di cui all’art. 96 c.p.c., primo comma, ha natura extracontrattuale e richiede la prova sia dell’an che del quantum del danno, qualora tali elementi non siano in concreto desumibili dagli atti di causa.

Il reclamante, nel caso in esame, non aveva fornito una prova, neppure generica, dei danni subiti a causa dell’attività difensiva della controparte.

Il Collegio, fermo restando il disvalore relativo all’omessa verifica dell’effettiva esistenza
delle sentenze risultanti dall’interrogazione dell’IA, ha osservato come la strategia difensiva dell’avvocato, sin dal primo grado, avesse ad oggetto l’assenza di mala fede della società nella vendita di magliette raffiguranti le vignette del reclamante. Il Tribunale, peraltro, aveva condiviso tale tesi non estendendo alla società l’applicazione delle misure cautelari.

L’indicazione degli estremi delle sentenze di legittimità, nelle memorie del giudizio di reclamo, era finalizzata a rafforzare un apparato difensivo già noto ai giudici e non a resistere in giudizio in mala fede.

Il Collegio, pertanto, constatata l’assenza di mala fede della parte soccombente e, in assenza di una prova specifica del danno, ha rigettato la domanda del reclamante concludendo per l’inapplicabilità dell’art. 96 c.p.c. al caso di specie.

Conclusioni

Il Tribunale di Firenze ha affrontato, per la prima volta, il tema dell’uso improprio dell’intelligenza artificiale negli atti difensivi.

La decisione sottolinea l’importanza di un utilizzo consapevole dell’intelligenza artificiale da parte degli avvocati: le allucinazioni di “ChatGPT” possono compromettere l’attività di difesa del cliente. L’intelligenza artificiale può aiutare, ma non sostituisce il professionista che deve sempre verificare i risultati ottenuti a seguito delle ricerche effettuate con l’IA.

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