Responsabilità aggravata per uso improprio di ChatGPT negli atti difensivi

La Sezione Imprese del Tribunale di Firenze, nell’ambito di una controversia in materia di tutela dei marchi e del diritto d’autore (ordinanza del 14.03.2025), ha affrontato, per la prima volta, il tema della responsabilità aggravata per uso improprio di ChatGPT negli atti difensivi. I giudici, in particolare, hanno chiarito se l’inserimento di riferimenti giurisprudenziali errati negli atti difensivi, a seguito di una ricerca effettuata con l’intelligenza artificiale, possa comportare la condanna per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c. 

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Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Il caso

Il reclamante, in un procedimento contro il sequestro di merce contraffatta, aveva chiesto la condanna della società soccombente per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Il difensore della società, in particolare, nelle memorie difensive, in sede di comparsa di costituzione, aveva inserito riferimenti giurisprudenziali errati, il cui contenuto reale non corrispondeva a quello riportato.

L’omessa verifica della veridicità delle fonti citate, secondo il reclamante, sarebbe stata il sintomo della mala fede della controparte e di un abusivo utilizzo dello strumento processuale: condotte che giustificherebbero la condanna per lite temeraria.

L’avvocato della società costituita, tuttavia, aveva dichiarato che i riferimenti giurisprudenziali citati nell’atto erano stati il frutto di una ricerca effettuata da una collaboratrice di studio tramite lo strumento dell’intelligenza artificiale “ChatGPT”, del cui utilizzo il difensore non era a conoscenza.

Il fenomeno delle allucinazioni di intelligenza artificiale

Il Tribunale ha sottolineato come, nel caso di specie, i risultati errati generati dall’IA rientrerebbero nel fenomeno delle cosiddette allucinazioni di intelligenza artificiale che si verifica qualora l’IA inventi risultati inesistenti ma che, anche a seguito di una seconda interrogazione, vengono confermati come veritieri.

In questa circostanza, l’intelligenza artificiale avrebbe inventato dei numeri riferibili a sentenze della Corte di Cassazione inerenti all’aspetto soggettivo dell’acquisto di merce contraffatta il cui contenuto, invece, non aveva nulla a che vedere con tale argomento.

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L’inapplicabilità dell’art. 96 c.p.c. al caso in esame

I giudici hanno evidenziato che l’inserimento dei riferimenti giurisprudenziali errati, nelle memorie difensive, fungeva da supporto a una strategia difensiva rimasta immutata sin dal primo grado di giudizio e non era finalizzato ad influenzare la decisione del Tribunale.

La responsabilità aggravata, di cui all’art. 96 c.p.c., primo comma, ha natura extracontrattuale e richiede la prova sia dell’an che del quantum del danno, qualora tali elementi non siano in concreto desumibili dagli atti di causa.

Il reclamante, nel caso in esame, non aveva fornito una prova, neppure generica, dei danni subiti a causa dell’attività difensiva della controparte.

Il Collegio, fermo restando il disvalore relativo all’omessa verifica dell’effettiva esistenza
delle sentenze risultanti dall’interrogazione dell’IA, ha osservato come la strategia difensiva dell’avvocato, sin dal primo grado, avesse ad oggetto l’assenza di mala fede della società nella vendita di magliette raffiguranti le vignette del reclamante. Il Tribunale, peraltro, aveva condiviso tale tesi non estendendo alla società l’applicazione delle misure cautelari.

L’indicazione degli estremi delle sentenze di legittimità, nelle memorie del giudizio di reclamo, era finalizzata a rafforzare un apparato difensivo già noto ai giudici e non a resistere in giudizio in mala fede.

Il Collegio, pertanto, constatata l’assenza di mala fede della parte soccombente e, in assenza di una prova specifica del danno, ha rigettato la domanda del reclamante concludendo per l’inapplicabilità dell’art. 96 c.p.c. al caso di specie.

Conclusioni

Il Tribunale di Firenze ha affrontato, per la prima volta, il tema dell’uso improprio dell’intelligenza artificiale negli atti difensivi.

La decisione sottolinea l’importanza di un utilizzo consapevole dell’intelligenza artificiale da parte degli avvocati: le allucinazioni di “ChatGPT” possono compromettere l’attività di difesa del cliente. L’intelligenza artificiale può aiutare, ma non sostituisce il professionista che deve sempre verificare i risultati ottenuti a seguito delle ricerche effettuate con l’IA.

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