Con la sentenza n. 3438 del 22 febbraio 2016, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito, in materia di liquidazione delle spese processuali, quali sono i casi in cui si verifica la reciproca soccombenza e quali sono i criteri in base ai quali può essere disposta la compensazione totale o parziale delle spese di lite.
In primo luogo, la Suprema Corte ha voluto chiarire la distinzione tra la nozione di soccombenza, in quanto tale, e i c.d. principi di causalità e di soccombenza ai fini della regolazione delle spese di lite: il principio della soccombenza, previsto dall’art. 91 c.p.c., costituisce il criterio di regolazione delle spese di lite per il caso in cui vi sia una parte integralmente soccombente ed una integralmente vincitrice. In tal caso soccombenza e imputazione degli oneri processuali coincidono integralmente: all’unico soccombente vanno dunque imputati tutti gli oneri del processo, in quanto di esso egli ha la totale responsabilità.
Per il caso in cui invece vi sia parziale reciproca soccombenza, l’art. 92 c.p.c., comma 2, si limita a prevedere la possibilità (non l’obbligo) di una compensazione integrale o parziale delle spese di lite (possibilità, si ricorda, prevista anche, fino al dicembre 2014, per il caso di sussistenza di giusti motivi o eccezionali ragioni; successivamente, invece, solo in caso di questioni nuove o sulle quali vi è stato mutamento di giurisprudenza), ma non indica il criterio in base al quale operare la scelta.
Ebbene, con la sentenza in commento, la Corte di legittimità ha individuato tali criteri. La reciproca soccombenza che giustifica la possibile applicazione della regola della totale o parziale compensazione delle spese di giudizio, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 1, va infatti ravvisata:
- in ipotesi di pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti;
- in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, sia nel caso in cui essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, sia laddove la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo.
Resta inteso che, qualora sia disposta la compensazione parziale delle spese di lite, è la parte che abbia dato causa in misura prevalente agli oneri processuali, e alla quale quindi questi siano in maggior misura imputabili, quella che può essere condannata al pagamento di tale corrispondente maggior misura.
Ma quali sono i criteri per individuare la parte alla quale siano imputabili in misura prevalente gli oneri processuali in caso di compensazione parziale? Secondo la Cassazione, il giudice di merito dovrà effettuare una valutazione discrezionale, non arbitraria, ma fondata sul criterio costituito dal principio di causalità: dovrà pertanto “imputare idealmente a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per avere resistito a pretese fondate ovvero per avere avanzato pretese infondate e operare una ideale compensazione tra essi in base alle circostanze di cui è possibile legittimamente tener conto ai sensi degli artt. 91 e 92 c.p.c., nel loro testo temporalmente vigente“.
Questo sempre che non sussistano particolari motivi, da esplicitare in motivazione, tali da giustificare la integrale compensazione o, comunque, una modifica del carico delle spese sotto il profilo della esclusione della ripetibilità di una quota di esse in favore della parte pur vittoriosa. La Corte ha altresì precisato che, in tale ideale compensazione, “alla parte che agisce vanno riconosciuti per intero gli oneri necessari per la proposizione delle pretese fondate, ridotti in ragione della maggior quota differenziale degli oneri necessari alla controparte per resistere anche alle pretese infondate“.