Rapporto di lavoro: quando si applica il regime risarcitorio e non indennitario

I giudici della sezione lavoro hanno stabilito che, qualora venga riconosciuta la natura subordinata di un rapporto di lavoro all’inizio qualificato come autonomo, non si applica il regime indennitario previsto dall’art. 32 della L. n. 183/2010. Al contrario, si applica il regime risarcitorio a partire dalla costituzione in mora.

Corte di Cassazione- Sez. Lav. – sent. n. 17450 del 25-06-2024

La questione

Un ricorrente, che aveva lavorato in qualità di giornalista con contratti di lavoro autonomo dal 2002 al 2014, sosteneva la natura subordinata del rapporto di lavoro.
Ha quindi presentato ricorso al giudice di prime cure per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la qualifica di redattore ordinario o, in subordine, di programmatore regista di primo livello e il pagamento delle differenze retributive.
Il Tribunale di primo grado ha rigettato le sue richieste. Tuttavia, la Corte d’Appello ha accolto parzialmente il ricorso, dichiarando l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dal 2002. La Corte ha ordinato alla società di reintegrare il ricorrente con la qualifica opportuna e il trattamento economico di redattore ordinario oltre il pagamento dell’indennità.
La decisione della Corte d’Appello si è basata sul fatto che il ricorrente, giornalista professionista, aveva lavorato in modo continuativo e organico nella struttura della società per dodici anni. Inoltre, le testimonianze hanno confermato che il ricorrente era pienamente integrato nella redazione, rispettava orari di lavoro, partecipava alle riunioni e riceveva le apposite direttive. Dunque, la natura continuativa e l’assoggettamento al potere direttivo della società hanno determinato il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro.

I motivi di ricorso

Nel ricorso principale, il giornalista ha lamentato la violazione dell’art. 32 della Legge n. 183/2010, in relazione agli artt. 1206, 1217 e 1223 c.c. La censura ha coinvolto la Corte d’Appello per aver negato il diritto al risarcimento integrale del danno, limitandolo all’indennità risarcitoria forfettaria prevista dall’art. 32.
Mentre, nel primo motivo del ricorso incidentale, promosso dalla società, la stessa ha contestato la violazione degli artt. 2094, 2222 c.c., 409, n. 3, c.p.c., 1 CCNL, 115 e 116 c.p.c., 2697 c.c.) e della legge n. 69/1963. In particolare, ha sostenuto che il giudice distrettuale avesse omesso l’applicazione del principio secondo cui, nella subordinazione attenuata, l’indice principale è la messa a disposizione delle energie lavorative.
Nel secondo motivo, la società  ha constatato la violazione degli artt. 2114, 2909 c.c., 442 e 324 c.p.c. criticando  il giudice d’appello per aver basato il proprio convincimento su una sentenza non ancora definitiva e impugnata presso il giudice di legittimità.

Il ricorso incidentale

Il primo motivo di ricorso incidentale è stato valutato infondato poiché la Corte territoriale aveva evidenziato che, su un arco temporale di 4380 giorni di lavoro, gli intervalli tra un contratto e l’altro erano pari a soli 411 giorni. Questo accertamento escludeva che tali intervalli potessero inficiare la messa a disposizione delle energie lavorative per l’intero periodo di circa dodici anni.
Il secondo motivo di ricorso incidentale è stato giudicato inammissibile poiché il giudice distrettuale ha basato il proprio convincimento su altri elementi posto che la sentenza del 2018 era suscettibile di apportare un peso limitato.

Fondatezza del ricorso principale

I giudici della Sezione Lavoro hanno ritenuto fondato il motivo di ricorso principale.

La Corte di Cassazione ha chiarito che l’indennità prevista dall’art. 32, co. 5, della Legge n. 183/2010 non si applica quando si riconosce un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato derivante da un contratto di lavoro autonomo a termine dichiarato illegittimo. Tale regime trova applicazione solo ai contratti di lavoro subordinato a termine e ad altre tipologie contrattuali specificate nei commi 3 e 4 dello stesso articolo, escludendo i contratti di lavoro autonomo.

Per i giudici di legittimità, l’orientamento di cui sopra deve trovare seguito, non essendoci ragioni per modificarlo. Inoltre, esso è conforme all’interpretazione offerta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 303/2011, che ha giudicato legittima la forfettizzazione del danno per i contratti di lavoro subordinato a termine, escludendo discriminazioni tra diverse fattispecie. La Corte Costituzionale ha distinto tra la conversione di un contratto di lavoro subordinato a termine e la creazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a seguito della stipulazione illegittima di un contratto di lavoro autonomo.
In definitiva, l’art. 32, co. 5, della Legge n. 183/2010 non è applicabile ai contratti di lavoro autonomo.

Accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro

La Corte ha stabilito che la conversione ex lege di un contratto di lavoro a progetto in un rapporto di lavoro subordinato, come previsto dall’art. 69, co. 1, del d.lgs. n. 276/2003, avviene automaticamente in assenza di uno specifico progetto.
Diversamente, quando si accerta la natura subordinata del rapporto di lavoro basandosi sul concreto svolgimento del rapporto, il giudice deve valutare gli indici rivelatori dei diritti, obblighi e poteri delle parti, anche se il contratto è formalmente di lavoro autonomo.
Quindi, quando si accerta che un rapporto di lavoro, pur formalmente autonomo, è di natura subordinata, non si applica il regime indennitario dell’art. 32; si applica, invece, il regime risarcitorio dalla costituzione in mora.

Volume consigliato

Il lavoro subordinato

Il lavoro subordinato

Il volume analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni).

L’opera è stata realizzata pensando al direttore del personale, al consulente del lavoro, all’avvocato e al giudice che si trovano all’inizio della loro vita professionale o che si avvicinano alla materia per ragioni professionali provenendo da altri ambiti, ma ha l’ambizione di essere utile anche all’esperto, offrendo una sistematica esposizione dello stato dell’arte in merito alle tante questioni che si incontrano nelle aule del Tribunale del lavoro e nella vita professionale di ogni giorno.

L’opera si colloca nell’ambito di una collana nella quale, oltre all’opera dedicata alla cessazione del rapporto di lavoro (a cura di C. Colosimo), sono già apparsi i volumi che seguono: Il processo del lavoro (a cura di D. Paliaga); Lavoro e crisi d’impresa (di M. Belviso); Il Lavoro pubblico (a cura di A. Boscati); Diritto sindacale (a cura di G. Perone e M.C. Cataudella).

Vincenzo Ferrante
Università Cattolica di Milano, direttore del Master in Consulenza del lavoro e direzione del personale (MUCL);
Mirko Altimari
Università Cattolica di Milano;
Silvia Bertocco
Università di Padova;
Laura Calafà
Università di Verona;
Matteo Corti
Università Cattolica di Milano;
Ombretta Dessì
Università di Cagliari;
Maria Giovanna Greco
Università di Parma;
Francesca Malzani
Università di Brescia;
Marco Novella
Università di Genova;
Fabio Pantano
Università di Parma;
Roberto Pettinelli
Università del Piemonte orientale;
Flavio Vincenzo Ponte
Università della Calabria;
Fabio Ravelli
Università di Brescia;
Nicolò Rossi
Avvocato in Novara;
Alessandra Sartori
Università degli studi di Milano;
Claudio Serra
Avvocato in Torino.

Leggi descrizione
A cura di Vincenzo Ferrante, 2023, Maggioli Editore
63.00 € 59.85 €

SCRIVI IL TUO COMMENTO

Scrivi il tuo commento!
Per favore, inserisci qui il tuo nome

diciannove − 8 =

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.