Quando l’assicurazione RCA non copre i danni

in Giuricivile, 2020, 1 (ISSN 2532-201X)

Il contratto assicurativo consiste nell’obbligazione attraverso cui una compagnia assicurativa, a fronte del versamento di una determinata somma di denaro che prende il nome di “premio”, si impegna a garantire l’assicurato, entro il massimale pattuito, del danno derivante da un sinistro.

In tale articolo analizzeremo due cause di non operatività della copertura assicurativa:

  1. la circolazione prohibente domino;
  2. il sinistro doloso (anche se, come vedremo di seguito, giurisprudenza ormai consolidata propende per l’efficacia della polizza RCA anche in siffatta ipotesi).

La circolazione prohibente domino

Il primo dei due casi riguarda la circolazione prohibente domino intendendosi con tale espressione non già la mera mancanza di approvazione o l’inconsapevole utilizzo del veicolo ma bensì la sottrazione del medesimo contro la volontà del proprietario.

In tali casi il proprietario del veicolo è chiamato a presentare denuncia e solamente dal giorno successivo la copertura assicurativa non opererà più, così come stabilito nell’articolo 122, comma terzo, del Codice delle Assicurazioni Private “l’assicurazione non ha effetto nel caso di circolazione avvenuta contro la volontà del proprietario, dell’usufruttuario, dell’acquirente con patto di riservato dominio o del locatario in caso di locazione finanziaria, fermo quanto disposto dall’articolo 283, comma 1, lettera d), a partire dal giorno successivo alla denuncia presentata all’autorità di pubblica sicurezza”.

In conseguenza di ciò, ove si verifichi un sinistro cagionato da un veicolo circolante contro la volontà del proprietario, la vittima potrà ottenere ristoro dei danni tramite il Fondo di garanzia per vittime della strada, costituito presso la CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici). Il risarcimento, però, sarà dovuto solamente per i danni alla persona che per quelli alle cose limitatamente ai terzi non trasportati e a coloro i quali siano stati trasportati contro volontà ovvero inconsapevoli dell’illegale circolazione.

A tale Fondo potrà rivolgersi per ottenere il risarcimento non solo chi è stato coinvolto in un sinistro con veicolo o natante non assicurato, non identificato[1] o da veicolo estero con targa non corrispondente o non più corrispondente allo stesso veicolo, ma pure il soggetto coinvolto nel sinistro da un veicolo assicurato presso una Compagnia assicurativa operante nel territorio della Repubblica e che al momento del sinistro si trovi in stato di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente[2].

Ovviamente, in seguito alla denuncia presentata all’autorità di pubblica sicurezza, l’(ex) assicurato potrà rivolgersi alla società assicuratrice per ottenere il rimborso del rateo di premio relativo al residuo periodo di assicurazione.

Il sinistro doloso

Altra ipotesi nella quale l’assicurazione non operava (e, quindi, non copriva i danni) concerneva il sinistro doloso, il quale non poteva essere dedotto ad oggetto del rischio assicurativo stante anche il comma primo, art. 1917 del Codice civile il quale enunciava, ed enuncia tutt’ora, che “nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto; sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi”.

Tale posizione è resa ancora più incisiva dall’articolo 1900, sempre del Codice civile, rubricato proprio “Sinistri cagionati con dolo o con colpa grave dell’assicurato o dei dipendenti”. Alla luce di predetto articolato, la compagnia assicurativa non solo non è obbligata per i sinistri provocati con dolo ma lo è persino per quelli cagionati con colpa grave – intendendosi con tali termini quel comportamento dell’agente che di molto si discosta dalle regole di diligenza, prudenza e perizia – dal contraente, dall’assicurato o dal beneficiario. In ogni caso, mentre nel caso di colpa grave è ammesso patto contrario, nelle ipotesi di dolo questo non è mai ammesso ed è, perciò, sempre escluso che l’impresa assicurativa possa essere chiamata a rispondere.

Nonostante i summenzionati articoli del Codice civile, giurisprudenza ormai consolidata propende per l’operatività della copertura assicurativa anche nel caso di dolo dell’assicurato, basandosi sulla considerazione per cui il referente normativo dell’articolo 122 del Codice delle Assicurazioni Private – il quale, come già visto, definisce l’ambito di operatività della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale – è espressamente rappresentato dell’articolo 2054 c.c. e non dal summenzionato articolo 1900 c.c..

Richiamando l’art. 2054 c.c., la compagnia assicurativa è obbligata a riparare il sinistro causato anche da azione dolosa poiché, ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, non distingue tra comportamenti dolosi e comportamenti colposi[3]. Un tale arresto è stato affermato dalla Corte di Cassazione, prima sezione penale, con sentenza n. 44165 del 2009 nella quale decisione si può leggere che “in tema di responsabilità civile da circolazione stradale, ritiene di dover dare continuità al principio già espresso in questa Corte […] secondo cui la norma di cui alla Legge n. 90 del 1969, articolo 1, e quella di cui all’articolo 18, stessa Legge, per l’esercizio della tutela con azione diretta, norme trasfuse nel Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209, articoli 122 e 144 (codice delle assicurazioni) contengono il riferimento non all’articolo 1900 c.c. (norma generale sulle assicurazioni) o all’articolo 1917 c.c. (in materia di assicurazione della responsabilità civile) bensì all’articolo 2054 c.c. che non distingue di per sé tra azioni colpose o dolose, sicché deve ritenersi che entrambe le condotte debbano intendersi ricomprese nella tutela medesima non dovendosi interpretare l’illecito civile in questione come autonomo, bensì come specificazione dell’illecito ex articolo 2043 c.c. ancorché qualificato dalla circolazione dei veicoli”.

La colpa va dunque latamente intesa nel senso comprensivo sia del profilo colposo, derivante da imprudenza, negligenza e imperizia, sia di quello doloso o intenzionalmente lesivo, salvo pur sempre il regresso della compagnia assicurativa nei confronti dell’assicurato o del conducente.

La normativa in questione, in altre parole, anche alla luce delle Direttive europee, configura una responsabilità civile da circolazione non solo come rimedio contrattuale di copertura del rischio del soggetto assicurato, ma anche come strumento sostanziale e processuale di risarcimento del danneggiato alla luce del principio di solidarietà verso il danneggiato o terzo danneggiato, con tendenza alla rimozione degli ostacoli per l’integrale e tempestivo ristoro dei pregiudizi ancorché arrecati da un rischio non specificamente assunto in contratto dovendosi infatti ritenersi preminente l’interesse del danneggiato ad essere risarcito.

La Suprema Corte prosegue nella sua motivazione sostenendo che “proprio in questo senso va letta la stessa istituzione del Fondo di garanzia per le vittime della strada e quella giurisprudenza di legittimità consolidata secondo cui il Fondo deve rispondere nei confronti del danneggiato anche nel caso di danno derivante da fatti dolosi di terzi in quanto la disciplina del risarcimento si ispira ai principi fondamentali della responsabilità aquiliana, sicché l’obbligazione che scaturisce a carico di tale fondo non è sottoposta ad altre limitazioni se non quelle espressamente previste dalla legge[4].

Appare, pertanto, ad oggi pacifica l’efficacia della polizza rca pure nell’ipotesi di sinistro doloso da limitare, beninteso, ai danni prodotti a terzi coinvolti e non quelli riportati del conducente che volontariamente ha inteso cagionare il sinistro.


[1]In tale ipotesi, secondo il comma 2, art. 283 Cap “il risarcimento è dovuto solo per i danni alla persona. In caso di danni gravi alla persona il risarcimento è dovuto anche per i danni alle cose, il cui ammontare sia superiore all’importo di euro 500, per la parte eccedente tale ammontare”.

[2]Art. 283, comma 1, Codice delle Assicurazioni Private.

[3]Plenteda Raffaele, “R.C.A.: l’assicurazione opera anche in caso di investimento doloso del pedone” su www.altalex.it.

[4]La Corte ha fatto anche notare come tale orientamento fosse rispettoso della Direttiva 2005/14/CE sull’ assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione dei veicoli, la quale obbliga i Paesi dell’Unione a provvedere affinché le persone danneggiate da un sinistro stradale causate da un veicolo assicurato, possano attivare un’azione diretta nei confronti della relativa impresa assicuratrice contro la responsabilità civile.

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