
La Terza Sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 31423 del 2 dicembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha chiarito quale sia il ruolo del professionista delegato alle operazioni di vendita ex art. 591-bis c.p.c. e il regime della sua responsabilità quando l’attività svolta sia ritenuta causa di un pregiudizio economico. Il nuovo “Formulario commentato dell’esecuzione forzata”, a cura dell’avv. Gabriele Voltaggio, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon, raccoglie le formule di tutti gli atti presenti nel procedimento di espropriazione.
Formulario commentato dell'esecuzione forzata
Il testo, aggiornato alla Riforma Cartabia, al successivo decreto correttivo e alle specifiche tecniche PCT, raccoglie le formule di tutti gli atti presenti nel procedimento di espropriazione, completi di norma di legge, commento, indicazione dei termini o scadenze, delle preclusioni e delle massime giurisprudenziali.
Il Volume si configura come uno strumento completo, pratico e operativo di grande utilità per chi opera quotidianamente nell’ambito dell’esecuzione forzata: avvocati, magistrati, professionisti delegati e operatori del credito. L’opera fornisce per ogni argomento procedurale lo schema della formula, disponibile anche online in formato editabile e stampabile.
Gabriele Voltaggio
Avvocato del Foro di Roma, si occupa di diritto bancario, crediti ed esecuzione forzata. Professionista delegato e custode giudiziario presso il Tribunale di Roma, è autore di contributi e formulari in materia esecutiva. Fondatore e curatore di Giuricivile.it.
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Gabriele Voltaggio, 2025, Maggioli Editore
62.00 €
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Il caso: contestazioni sull’attività delegata e domanda risarcitoria
Nel 2012, un aggiudicatario si è visto revocare il decreto di trasferimento di un immobile acquistato in un’asta giudiziaria. La causa? L’esistenza di una trascrizione di domanda giudiziale, anteriore al pignoramento, che non era stata indicata nell’avviso di vendita predisposto dal notaio delegato.
L’aggiudicatario, dopo aver ottenuto la restituzione del prezzo pagato, ha convenuto in giudizio il notaio (professionista delegato) chiedendo il risarcimento delle spese sostenute per migliorare l’immobile in vista della rivendita e del mancato guadagno. Il Tribunale aveva respinto la domanda, ritenendo l’avviso conforme all’art. 570 c.p.c. poiché richiamava la relazione di stima nella quale la trascrizione era indicata.
La Corte d’Appello aveva, invece, accolto parzialmente il gravame, condannando il notaio al risarcimento di oltre 19.000 euro. Secondo i giudici di secondo grado, l’omessa indicazione della trascrizione nell’avviso costituiva inadempimento degli obblighi derivanti dalla delega e violazione di norme di cautela, compromettendo la stabilità della vendita e ingenerando un affidamento illegittimo nell’aggiudicatario. Da qui, il ricorso del professionista delegato in Cassazione.
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Il ricorso in Cassazione
Nel ricorso si sottolineava che l’art. 570 c.p.c. disciplina puntualmente il contenuto dell’avviso di vendita, senza prevedere alcun obbligo di menzione delle formalità pregiudizievoli anteriori al pignoramento. La responsabilità del delegato, per configurarsi, avrebbe richiesto la violazione di un obbligo normativo o di una regola cautelare specifica, che nel caso concreto non esisteva. Inoltre, il ricorrente evidenziava che la relazione di stima pubblicata conteneva la trascrizione contestata e che gli offerenti sono tenuti a consultare tale documento prima di formulare un’offerta.
La natura giuridica del professionista delegato
La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per affrontare in modo approfondito la questione della qualificazione giuridica del professionista delegato ex art. 591-bis c.p.c., disponendo anche il rinvio a pubblica udienza per la valenza nomofilattica della questione.
Nel panorama dottrinale e giurisprudenziale si confrontano tre tesi principali: il delegato come mero ausiliario del giudice, come ausiliario sui generis, o come vero e proprio sostituto del giudice. Solo quest’ultima tesi potrebbe giustificare l’applicazione della legge n. 117 del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati.
La Suprema Corte ha aderito alla concezione prevalente, qualificando il delegato come ausiliario del giudice, sia pure sui generis. Questa caratterizzazione ha solo valore descrittivo di una posizione che si differenzia da quella degli ausiliari tipici per la natura delle attività delegate, ma senza conseguenze sulla costruzione di uno statuto speciale della responsabilità.
A sostegno di questa conclusione, la Cassazione ha evidenziato che, pur essendo ampio il novero delle attività delegabili, i principali provvedimenti attraverso cui si esercita la giurisdizione in senso stretto rimangono riservati al giudice dell’esecuzione: l’ordinanza di autorizzazione alla vendita, la nomina dello stimatore, la determinazione delle forme di pubblicità, il decreto di trasferimento, le decisioni sull’amministrazione giudiziaria.
Anche le attività delegate che funzionalmente costituiscono esercizio di giurisdizione in senso stretto restano soggette al controllo e alla responsabilità del giudice dell’esecuzione.
L’inapplicabilità della legge n. 117 del 1988
Dalla qualificazione come ausiliario discende che il professionista delegato non può essere ricondotto al novero degli “estranei che partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria” contemplati dall’art. 1, comma 1, della legge n. 117 del 1988.
La ratio di quella normativa, ricorda la Corte, è regolamentare la responsabilità di chi svolge funzioni giudiziarie nel senso tipico e rigoroso del termine: giudici di pace, giudici onorari, viceprocuratori onorari. Questi soggetti giudicano, decidono controversie, svolgono funzioni requirenti in modo pieno e autonomo, non parziale e delegato.
Nel caso del professionista delegato alle vendite, invece, lo sbocco del suo agire, pur espressione di attività che altrimenti avrebbe svolto il giudice, rimane soggetto al possibile intervento e alla responsabilità del giudice dell’esecuzione. Anche eventuali errori del delegato sono sottoposti alla valutazione del giudice.
Decisivo, in questa prospettiva, è l’art. 591-ter c.p.c., che prevede la possibilità di ricorso al giudice contro gli atti del professionista delegato. Il sistema dei rimedi impugnatori dimostra che solo i provvedimenti del giudice dell’esecuzione hanno contenuto decisorio definitivo e sono suscettibili di vera e propria impugnazione.
La Cassazione ha escluso anche che possa ipotizzarsi una responsabilità concorrente del giudice delegante equiparabile a quella derivante dall’art. 28 della Costituzione: non esiste un rapporto di immedesimazione organica tra delegato e giudice paragonabile a quello del pubblico impiego.
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Il perimetro della responsabilità del delegato ex art. 2043 c.c.
Esclusa l’applicazione della legge n. 117 del 1988, la responsabilità del delegato deve essere valutata secondo i criteri dell’art. 2043 c.c. Ma con quali limiti?
La Corte ha escluso categoricamente l’applicazione analogica dell’art. 2 della legge n. 117 del 1988, che limita la responsabilità ai casi di dolo o colpa grave. Si tratta di norma eccezionale, derogativa del principio del neminem laedere, non estensibile oltre i casi espressamente previsti.
Esclusa anche l’applicabilità dell’art. 64, secondo comma, c.p.c., poiché la soglia della “colpa grave” è prevista solo per la responsabilità penale del consulente tecnico, non per quella civile. Né può invocarsi l’art. 23 del d.P.R. n. 3 del 1957 sugli impiegati civili dello Stato, norma ancorata al rapporto di pubblico impiego che non sussiste nel caso del delegato.
Trova invece applicazione l’art. 2236 c.c., che limita la responsabilità al dolo o alla colpa grave solo quando la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.
La norma, sebbene dettata in tema di contratto d’opera professionale, esprime un principio generale valido anche per la responsabilità extracontrattuale del professionista. La limitazione di responsabilità si giustifica per non disincentivare attività professionali particolarmente complesse, ma non vale per i casi in cui non viene in rilievo la specifica perizia del professionista o quando si tratta di problemi che costituiscono ordinario oggetto della sua professione.
L’applicazione dei principi al caso concreto e l’accoglimento del ricorso
Applicando questi principi al caso di specie, la Cassazione ha accolto il ricorso del notaio, cassando la sentenza d’appello.
L’omessa indicazione della trascrizione nell’avviso di vendita non era ascrivibile a colpa del delegato. L’art. 570 c.p.c. indica in termini specifici il contenuto che l’avviso deve avere, senza lasciare margine per integrazioni basate su informazioni diverse da quelle richieste.
Il professionista delegato è chiamato a predisporre l’avviso seguendo binari specificamente tracciati. L’indicazione delle trascrizioni di domande giudiziali non rientra tra le informazioni obbligatorie, anche perché la loro esistenza non è di per sé ostativa alla liquidazione del bene.
Il sistema si completa con l’art. 173-bis disp. att. c.p.c., che attribuisce al perito l’obbligo di indicare nella relazione di stima le formalità e i vincoli gravanti sul bene, e con l’art. 570 c.p.c., che prescrive l’indicazione nell’avviso del sito internet dove è pubblicata la relazione. Nel caso di specie, entrambi gli adempimenti erano stati rispettati e la trascrizione era indicata nella relazione di stima.
Emerge quindi la considerazione che l’esistenza di trascrizioni del tipo in questione rientra nel novero dei pesi e delle circostanze rilevanti per valutare la convenienza della partecipazione all’incanto, valutazione rimessa all’offerente sul presupposto della sua autoresponsabilità.
La dicitura nell’avviso “Gli immobili vengono venduti liberi da iscrizioni ipotecarie e da trascrizioni di pignoramenti e sequestri” non può estendersi alle trascrizioni di domande giudiziali, riferendosi solo ai vincoli specificamente menzionati.
I principi di diritto enunciati
Dalla decisione della Suprema Corte, dunque, è possibile ricavare i seguenti principi di diritto, destinati a orientare la prassi:
«Il professionista delegato alle operazioni di vendita ex art. 591-bis c.p.c. va considerato quale ausiliario del giudice dell’esecuzione, non essendo riconducibile la sua posizione a quella degli “estranei che partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria” cui l’art. 1, comma 1, l. n. 117 del 1988 estende l’applicabilità della relativa disciplina; solo contro il risultato dell’agire del delegato oggetto di intervento del giudice dell’esecuzione e sfociato in un provvedimento di quest’ultimo può configurarsi, nel caso di inutile esperimento dei previsti rimedi impugnatori e sempre che ne ricorrano i tassativi presupposti, la possibilità dell’azione ex l. n. 117 del 1988 con riferimento all’agire finale del giudice, eventualmente anche in concorso con l’azione risarcitoria verso il delegato»;
«Per i danni cagionati nello svolgimento dell’attività delegata ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c. il professionista delegato risponde ex art. 2043 c.c. ove agisca con dolo o colpa, restando comunque esclusa la responsabilità per colpa lieve consistita in imperizia nel caso in cui l’attività che ha causato il danno abbia richiesto la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà».
Conclusioni
La sentenza contribuisce a definire con chiarezza il ruolo del professionista delegato che resta un ausiliario, soggetto alle regole del mandato giudiziale e responsabile solo nei limiti dell’art. 2043 c.c., mentre l’azione ex lege n. 117/1988 rimane confinata all’agire del giudice dell’esecuzione.










