
La questione dell’assoggettabilità ad IRAP dei redditi prodotti da professionisti, ed in particolare dagli avvocati, continua ad essere oggetto di ampio contenzioso e di frequenti interventi chiarificatori da parte della Corte di Cassazione. Con l’ordinanza n. 14141/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), la Sezione Tributaria è tornata a pronunciarsi sui criteri identificativi del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione. Nel caso di specie, essa ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la decisione di merito che aveva escluso l’assoggettamento ad IRAP di un avvocato. La pronuncia evidenzia come l’erogazione di elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti all’esercizio dell’attività e la disponibilità di una sede secondaria integrino elementi sintomatici, che il giudice di merito è tenuto a valutare, anche in combinazione tra loro, ai fini della verifica del requisito organizzativo.
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Formulario commentato del nuovo processo civile
Il volume, aggiornato alla giurisprudenza più recente e agli ultimi interventi normativi, il cd. correttivo Cartabia e il correttivo mediazione, raccoglie oltre 200 formule, ciascuna corredata da norma di legge, commento, indicazione dei termini di legge o scadenze, delle preclusioni e delle massime giurisprudenziali. Il formulario si configura come uno strumento completo e operativo di grande utilità per il professionista che deve impostare un’efficace strategia difensiva nell’ambito del processo civile.
L’opera fornisce per ogni argomento procedurale lo schema della formula, disponibile anche online in formato editabile e stampabile.
Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.
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Lucilla Nigro, 2025, Maggioli Editore
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Il fatto
L’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento nei confronti di un avvocato, relativo all’anno d’imposta 2019. Tra le imposte recuperate, figurava anche l’IRAP. L’accertamento si basava su due elementi principali:
-
l’utilizzo costante e non occasionale dell’attività professionale di altri soggetti, per un importo complessivo di circa 46.000 euro;
-
la disponibilità di una sede operativa secondaria in Puglia, oltre allo studio principale.
Il contenzioso tributario
Il ricorso presentato dal contribuente era stato inizialmente rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale. In seguito, l’avvocato aveva proposto appello. La Commissione Tributaria Regionale ha accolto l’impugnazione.
Il giudizio della Commissione Tributaria Regionale
Secondo i giudici di secondo grado, per verificare la sussistenza del presupposto impositivo IRAP, era necessario valutare in concreto il contenuto della collaborazione resa da terzi. La CTR ha stabilito che:
-
l’onere di allegare i fatti costitutivi dell’imposta gravava sull’Amministrazione finanziaria;
-
il contribuente doveva solo contestare la correttezza della pretesa tributaria.
Nel caso specifico, l’Agenzia non avrebbe assolto al proprio onere di allegazione. In particolare, non aveva chiarito se le prestazioni rese da terzi fossero accessorie o determinanti per l’organizzazione dell’attività.
Le argomentazioni del contribuente
Il professionista ha precisato che:
-
la disponibilità dei locali in Puglia era marginale, anche in considerazione della loro dismissione;
-
i compensi contestati erano destinati a codifensori, coinvolti in mandati congiunti per cause in fori distanti (Puglia e Sicilia). Le parcelle erano emesse in forma unitaria dall’avvocato appellante, con successiva ripartizione interna.
Il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate
L’Amministrazione ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi:
- Violazione di legge: l’Agenzia ha denunciato la violazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997 (che disciplina l’IRAP) e dell’art. 2697 c.c. (relativo all’onere della prova). Secondo l’Ufficio, la Commissione Regionale aveva erroneamente escluso la prova dell’autonoma organizzazione, nonostante elementi ritenuti sufficienti dalla giurisprudenza di legittimità (come l’entità dei compensi corrisposti a terzi).
- Omesso esame di un fatto decisivo: ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., l’Agenzia ha lamentato la mancata valutazione dell’uso effettivo, da parte dell’avvocato, della seconda sede per lo svolgimento della propria attività professionale.
La decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle Entrate.
Sul primo motivo: l’autonoma organizzazione e l’IRAP
La Suprema Corte ha confermato che, in linea generale, spetta all’Amministrazione dimostrare i fatti costitutivi della pretesa tributaria. Tuttavia, ha richiamato il proprio consolidato orientamento in tema di IRAP.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’impiego non occasionale di lavoro altrui rappresenta una condizione rilevante per configurare l’autonoma organizzazione del professionista. Questo vale anche se l’attività è svolta in forma individuale.
In particolare, l’erogazione di compensi significativi a soggetti terzi, per prestazioni inerenti all’attività professionale, è un elemento idoneo a dimostrare l’esistenza di una struttura organizzata. Non conta la forma giuridica dei collaboratori (dipendenti, società, colleghi in associazione): ciò che rileva è la continuità e l’inerenza delle prestazioni.
Nel caso in esame, l’Amministrazione aveva effettivamente allegato l’erogazione di compensi a terzi, per importi rilevanti. Per la Corte, la Commissione Tributaria Regionale aveva errato nel considerare generica questa allegazione, arrivando a richiedere ulteriori dettagli sulla natura specifica delle attività svolte dai collaboratori.
Sul secondo motivo: l’omesso esame di un fatto decisivo
La Cassazione ha ritenuto fondato anche il secondo motivo di ricorso. La doglianza riguardava l’omessa valutazione della disponibilità, da parte del professionista, di uno studio secondario in Puglia.
I giudici hanno chiarito che il vizio previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. ricorre quando un fatto storico, rilevante e documentato negli atti, non viene preso in considerazione nella motivazione.
Nel caso concreto, la sede secondaria era stata menzionata dalla CTR nella parte espositiva della sentenza, ma del tutto ignorata nella motivazione.
Secondo la Corte, se valutata unitamente all’altro elemento già discusso – ossia l’erogazione di compensi a terzi – la disponibilità della seconda sede avrebbe potuto rafforzare l’ipotesi di autonoma organizzazione.
Accoglimento del ricorso e rinvio
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza impugnata. La causa è stata rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio dovrà rinnovare l’esame, tenendo conto dei principi espressi dalla Cassazione. In particolare, sarà necessario valutare in maniera congiunta:
-
l’entità e la natura dei compensi erogati a terzi;
-
la presenza della sede secondaria;
-
ogni altro elemento rilevante ai fini dell’autonoma organizzazione.
La Corte ha affidato al giudice del rinvio anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Conclusioni
L’ordinanza in commento si combina alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia di IRAP per i professionisti. Essa ribadisce che, ai fini della sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, il giudice tributario deve compiere una valutazione complessiva degli elementi fattuali a sua disposizione. L’erogazione di compensi a terzi di importo significativo e la presenza di più sedi operative, pur non essendo singolarmente dirimenti in assoluto, rappresentano importanti indici che, se valutati congiuntamente, possono condurre a ritenere integrato il requisito dell’autonoma organizzazione, spostando così l’onere sul contribuente di fornire la prova contraria circa la loro natura meramente strumentale o occasionale.