Nozione e inquadramento
Come già approfondito in altro precedente articolo, il pegno è costituito a garanzia dell’obbligazione dal debitore o da un terzo per il debitore (art. 2784 c.c.); oggetto del pegno possono essere i beni mobili, le universalità di mobili, i crediti ed altri diritti aventi per oggetto beni mobili. Il pegno è una causa legittima di prelazione ed è annoverabile tra i cd. diritti reali di garanzia.
Al riguardo giova rilevare che il pegno si costituisce con la consegna della cosa o del documento che ne conferisce l’esclusiva disponibilità (art. 2786 c.c.).
Quella del pegno su cosa futura è una fattispecie rientrante nelle garanzie reali atipiche, nella misura in cui il legislatore non prevede espressamente una tale figura di pegno.
Il pegno su cosa futura (meglio: di cosa futura) si caratterizza, in primo luogo, per il fatto di avere, quale oggetto del rapporto di garanzia un bene, appunto, “futuro” e, cioè, non ancora venuto ad esistenza.
L’ammissibilità
Dubbia è stata la stessa ammissibilità di una tale figura giuridica, in quanto il legislatore ha previsto e disciplinato più di un istituto avente ad oggetto cose future, ma nulla dice circa il pegno.
Tuttavia, deve anche considerarsi che non vi è, al riguardo, un esplicito divieto; pertanto, potrebbe argomentarsi nel senso che, potendo la prestazione di cose future essere dedotta in contratto – salvi particolari divieti stabiliti dalla legge (come disposto dall’art. 1348 cod. civ.) -, troverebbe spazio una valutazione in concreto che guardi al modo di atteggiarsi del pegno di cosa futura, al fine di verificarne, nel silenzio del legislatore, la compatibilità:
- da un lato, con il regime giuridico dei negozi su cosa futura;
- dall’altro, con i caratteri essenziali del pegno, quale figura tipizzata dal legislatore (art. 2784c.c.).
Alla luce di queste considerazioni e dati i termini del dibattito svoltosi sul tema, si dia brevemente conto delle argomentazioni addotte a sostegno delle due opposte tesi.
Tesi contraria al pegno di cosa futura
La tesi che prospetta l’inammissibilità di una tale figura di pegno e, dunque, l’invalidità del relativo contratto, pone in rilievo le considerazioni per cui, nel caso in esame, verrebbero meno:
- la realità;
- l’inerenza (del pegno al bene);
- la determinatezza (dell’oggetto del contratto di pegno);
- la possibilità di procedere all’immediato spossessamento del debitore (stante la non esistenza, al sorgere del pegno, del bene offerto in garanzia).
In relazione al c.d. spossessamento, autorevole dottrina[1] precisa che si tratta, in realtà, di termine improprio, nella misura in cui il debitore od il terzo concedente non perdono il possesso della cosa ma solo la sua materiale disponibilità.
Quanto, invece, alla compatibilità con il regime dei negozi su cosa futura, restando nell’ottica dell’inammissibilità di un pegno siffatto, deve affermarsi che questa non sussiste in quanto il negozio avrebbe, nell’immediato, effetti meramente obbligatori (ed effetti reali differiti).
Tesi favorevole al pegno su cosa futura
Diversamente, in base ad altra impostazione, il pegno su cosa futura è configurabile con conseguente validità del relativo contratto.
Tale impostazione, attualmente prevalente, supera le obiezioni prospettate; basti pensare, quanto allo “spossessamento”, che questo – oltre che materiale- può essere anche giuridico. Posta la configurabilità di un pegno su cosa futura, resta da individuarne la natura giuridica; al riguardo, in dottrina, sono state prospettate tre diverse soluzioni.
- In base ad una prima ricostruzione, quello costitutivo di pegno su cosa futura sarebbe un contratto preliminare perfezionandosi, quello definitivo, con la consegna della cosa (una volta venuta ad esistenza).
- In base ad altra ricostruzione il contratto sarebbe, “ab origine”, definitivo e di natura consensuale, nella misura in cui si perfeziona con il (solo) consenso.
- Quanto, infine, alla terza impostazione deve farsi riferimento ad una fattispecie a formazione progressiva, per cui: il contratto stipulato (contratto di pegno avente ad oggetto cosa futura) è ad effetti – immediatamente – obbligatori; il prodursi dell’effetto reale è differito al momento della venuta ad esistenza della “res”, momento in cui di dà luogo allo spossessamento del debitore[2].
La qualifica del creditore
Si precisi che, prima che la cosa venga ad esistenza, il creditore sarà chirografario e non già pignoratizio e, dunque, il suo credito (a garanzia del quale il debitore ha conferito la cosa “futura”) non sarà assistito da alcuna causa legittima di prelazione.
Tale impostazione è stata confermata dalla Suprema Corte [3] che, ammettendo espressamente la validità della costituzione di un pegno di cosa futura, ha posto un punto fermo alla questione (sul punto, si rimanda anche all’approfondita guida sul pegno completa di giurisprudenza di merito e legittimità).
In particolare, la Cassazione ha avallato la tesi della fattispecie a formazione progressiva, che consta dei seguenti elementi:
- accordo tra le parti avente effetti obbligatori;
- perfezionamento mediante venuta ad esistenza della cosa e consegna della stessa al creditore (opera, quindi, in questo momento il principio generale per cui la convenzione costitutiva del pegno si perfeziona con la consegna della cosa al creditore[4]).
Pertanto, conformemente a quanto disposto dal 1° co. dell’art. 2787 c.c., il vincolo si intenderà costituito con la consegna al creditore pignoratizio della cosa venuta ad esistenza ed il correlativo spossessamento del debitore.
La natura giuridica
Inquadrando in tal modo la fattispecie, viene anche fatto salvo il carattere reale del contratto di pegno, che si dispiega in maniera differita ma non è sconfessato coincidendo, comunque, la costituzione del pegno con la consegna del bene.
Giova ulteriormente precisare che, onde vedere soddisfatto il requisito della determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto di pegno (ex art. 1346 c.c.), non sono necessarie la data certa e la sufficiente indicazione (del credito e della cosa) che l’art. 2787, 2° co., c.c. richiede ai fini della (sola) prelazione del creditore pignoratizio (opponibilità agli altri creditori dello stessi debitore).
Pertanto, l’identificazione del bene assoggettato a garanzia – che, nel caso di specie, desta problemi in quanto non ancora esistente – è richiesto ai soli fini della prelazione, così come sottolineato già da tempo dalla giurisprudenza della Suprema Corte[5].
Alla luce di questa ulteriore considerazione viene, quindi, confortata la configurabilità di un pegno su cosa futura nella misura in cui il relativo contratto è validamente concluso non difettando un requisito essenziale del suo oggetto. Infatti, deve ritenersi che la cosa futura costituita inpegno, integra oggetto determinabile (pur) non essendo determinato al momento della costituzione del pegno, ma essendo individuabile in un momento successivo.
Il cd. pegno senza spossessamento
Ulteriormente, non può tralasciarsi di considerare che, alla luce di recenti interventi normativi[6], è configurabile nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di pegno c.d. senza spossessamento, quale garanzia reale mobiliare non possessoria.
Nella specie, si tratta di un contratto a mezzo del quale soggetti qualificati (quali imprenditori) possono costituire una garanzia mobiliare su beni destinati all’esercizio dell’impresa senza spossamento, per garantire crediti inerenti l’esercizio dell’attività d’impresa.
Tale forma di pegno si costituisce con la conclusione del contratto consensuale (e, cioè, mediante accordo delle parti), e diviene opponibile ai terzi con l’iscrizione nel registro informatizzato presso l’Agenzia delle entrate.
Pertanto, immutate le caratteristiche dell’accessorietà ed indivisibilità del pegno, deve rilevarsi che si tratta di garanzia reale in cui non vi è materiale consegna dei beni oggetto di garanzia (beni materiai; immateriali, o crediti) nelle mani del creditore e che il bene dato in pegno può essere trasformato o alienato nel rispetto della sua destinazione economica.
[1] C.M. Bianca, Diritto civile, Le garanzie reali e la prescrizione, Vol. VII p. 192, Ed. Giuffrè.
[2] F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, p.663, XV ed.
[3] Cfr. Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2010, n° 2757.
[4] Cfr. Cass. civ, n° 1526/2010
[5] Cfr. Cass. civ., n° 14869/2001
[6] Art. 1, L.30 giugno 2016, n.119, di conv. del d.l. 3 maggio 2016, n.59.