Per il patto fiduciario con oggetto immobiliare che s’innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta ad substantiam; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di ri-trasferimento gravante sul fiduciario.
La dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario, ricognitiva dell’intestazione fiduciaria dell’immobile e promissiva del suo ri-trasferimento al fiduciante, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma, rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, realizzando, ai sensi dell’art. 1988 c.c., un’astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell’onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria.
La vicenda processuale
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria del 17 aprile 2014, ha confermato la pronuncia di primo grado, rigettando il gravame della M..
La Corte territoriale ha premesso che il negozio fiduciario, richiedendo la forma scritta ad substantiam, è nullo quando manchi tale requisito, e che se dunque realmente vi fu, tra le parti in causa, all’epoca della stipula della compravendita, un accordo fiduciario per il trasferimento dell’immobile in capo a D.B., questo è da dichiararsi nullo per difetto di forma.
La Corte partenopea ha poi esaminato la scrittura privata in data 28 marzo 2002 a firma della M., del seguente tenore: “Io sottoscritta M.V. in D., nata a (OMISSIS), riconosco che mio cognato D.B. è l’unico proprietario dell’intero complesso immobiliare sito in (OMISSIS), alle vie (OMISSIS), nel suo attuale stato intestato a mio cognato D. A. ed a me medesima, giusta atto del notaio Ma. del (OMISSIS), ma acquistato e poi completato dallo stesso D.B.. Riconosco che mio cognato D.B. mi ha versato tutte le tasse e spese da me sostenute. M’impegno, per la mia quota, a ritrasferirlo a semplice richiesta a lui o a persona da lui designata”.
In particolare la Corte di Napoli – esclusa la possibilità di annettere rilevanza giuridica al riconoscimento del cognato quale unico proprietario dell’immobile in contestazione; assegnata valenza confessoria al riconoscimento che il cognato aveva completato il fabbricato e versato tutte le tasse e spese; e collocato sul piano volitivo, piuttosto che su quello ricognitivo, l’ultimo inciso, contenente l’impegno di trasferimento – ha osservato quanto segue:
– l’operazione posta in essere dalle parti, sia pure non contestuale e frazionata nel tempo, consta di un negozio di compravendita in cui è acquirente M.V. e di una scrittura unilaterale con cui la M. si impegna a ritrasferire il bene acquistato al cognato B.;
– tale impegno non costituisce un negozio autonomo ma è un elemento dell’operazione fiduciaria;
– il collegamento negoziale, connaturato al negozio fiduciario, sostanzialmente sussiste tra l’atto di compravendita del 1984 e la scrittura privata del 2002;
– a tale ricostruzione non sono di ostacolo né il lungo lasso temporale tra i due atti, non essendo richiesta la contestualità tra i due negozi, né la unilateralità della scrittura, e neppure che non sia intervenuta un’accettazione formale, atteso che la produzione in giudizio del documento con la dichiarata intenzione di valersene equivale ad accettazione.
In definitiva, secondo la Corte partenopea, l’operazione economica realizzata dalle parti configura effettivamente un negozio fiduciario.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello M.V. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, illustrati con memorie. (OMISSIS)
Ragioni della decisione
La questione rimessa all’esame delle Sezioni Unite concerne la forma del patto fiduciario con oggetto immobiliare. Premesso che il patto fiduciario dà luogo ad un assetto di rapporti sul piano obbligatorio in forza del quale il fiduciario è tenuto verso il fiduciante a tenere una certa condotta nell’esercizio del diritto fiduciariamente acquistato, ivi compreso il ri-trasferimento del diritto al fiduciante o a un terzo da lui designato, l’interrogativo sollevato dall’ordinanza interlocutoria è se possa ritenersi rispettato il requisito della forma scritta del patto fiduciario coinvolgente diritti reali immobiliari da una dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario che risulti espressione della causa fiduciaria esistente in concreto, pur se espressa verbalmente tra fiduciante e fiduciario; più in particolare, se valida fonte dell’obbligazione di ritrasferire sia soltanto un atto bilaterale e scritto, coevo all’acquisto del fiduciario, o se sia sufficiente un atto unilaterale, ricognitivo, posteriore e scritto del fiduciario, a monte del quale vi sia un impegno espresso oralmente dalle parti.
Quando l’impegno all’ulteriore trasferimento ad opera del fiduciario riguardi un bene immobile, l’orientamento dominante condiziona la rilevanza del patto fiduciario alla circostanza che i soggetti abbiano consegnato in un atto scritto il pactum. Tale indirizzo, infatti, assimila, quoad effectum, il patto fiduciario, sotto il profilo dell’assunzione dell’obbligo a ritrasferire da parte del fiduciario, al contratto preliminare, con la conseguente necessità di osservare la forma vincolata per relationem prevista dall’art. 1351 c.c.
La dichiarazione unilaterale del fiduciario non è ritenuta sufficiente allo scopo, giacché una ricognizione ex post di un atto solenne ab origine perfezionato informalmente non vale a supplire al difetto della forma richiesta dalla legge ai fini della validità dell’atto (Cass., Sez. I, 18 aprile 1994, n. 3706): ai fini del trasferimento della proprietà immobiliare (e relativi preliminari), il requisito della forma scritta prevista ad substantiam “non può essere sostituito da una dichiarazione confessoria dell’altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto né – quando anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto – come prova del medesimo; pertanto, il requisito di forma può ritenersi soddisfatto solo se il documento costituisca l’estrinsecazione formale diretta della volontà negoziale delle parti e non anche quando esso si limiti a richiamare un accordo altrimenti concluso, essendo in tal caso necessario che anche tale accordo rivesta la forma scritta e contenga tutti gli elementi essenziali del contratto non risultanti dall’altro documento, senza alcuna possibilità di integrazione attraverso il ricorso a prove storiche, non consentite dall’art. 2725 c.c.” (Cass., Sez. II, 9 maggio 2011, n. 10163).
Il contrasto giurisprudenziale
Un indirizzo minoritario, inaugurato da Cass., Sez. III, 15 maggio 2014, n. 10633, ritiene invece che l’accordo fiduciario non necessiti indefettibilmente della forma scritta a fini di validità, ben potendo la prescrizione di forma venire soddisfatta dalla dichiarazione unilaterale redatta per iscritto e sottoscritta con cui il fiduciario si impegni a trasferire determinati beni al fiduciante, in attuazione esplicita (ossia con expressio causae) del medesimo pactum fiduciae.
L’indirizzo dominante, nel richiedere la forma scritta ad validitatem del patto fiduciario con oggetto immobiliare, muove da un’equiparazione del patto al contratto preliminare: sia per la somiglianza strutturale (obbligatorietà del futuro contrahere) tra l’uno e l’altro negozio, sia per la similitudine effettuale, che si risolverebbe nell’eadem ratio del requisito di forma imposto dall’art. 1351 c.c.. In sostanza, si riconosce l’esistenza di un collegamento tra l’art. 1351 c.c., e l’art. 2392 c.c., nel senso che, riferendosi l’art. 2392 c.c., a tutti i contratti produttivi di un obbligo a contrarre, anche l’art. 1351 c.c., dovrebbe estendersi a tutti i contratti che obblighino i contraenti a stipulare un ulteriore negozio formale, con la conseguenza che la norma non riguarderebbe soltanto il contratto preliminare, ma ogni negozio fonte di successivi obblighi a contrarre, e tra questi il patto fiduciario.
Questo orientamento – dalla dottrina talvolta condiviso o ritenuto plausibile, talaltra considerato frutto di forti e patenti approssimazioni – deve essere rimeditato.
Nel rapporto che si realizza per mezzo di un acquisto compiuto dal fiduciario, per conto del fiduciante, direttamente da un terzo, il pactum fiduciae – con cui il fiduciario si obbliga a gestire la posizione giuridica di cui è investito secondo modalità predeterminate e a ritrasferire la stessa al fiduciante – è assimilabile, ad avviso del Collegio, al mandato senza rappresentanza, non al contratto preliminare.
Ora, il mandato senza rappresentanza che abbia per oggetto l’acquisto di beni immobili per conto del mandante e in nome del mandatario, è un contratto a struttura debole.
Superando l’orientamento, che risaliva a una pronuncia delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 19 ottobre 1954, n. 3861), che, considerato l’esito reale mediato, garantito da un meccanismo legale munito di forte effettività, estendeva al mandato il vincolo di forma prescritto per il contratto traslativo immobiliare, la giurisprudenza di questa Corte – a partire dalla citata sentenza della Terza Sezione 2 settembre 2013, n. 20051, alla quale ha fatto seguito Cass., Sez. III, 28 ottobre 2016, n. 21805 – ha infatti statuito che, in ossequio al principio di libertà della forma, il mandato senza rappresentanza per l’acquisto di beni immobili non necessita della forma scritta e che il rimedio dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di trasferire al mandante l’immobile acquistato dal mandatario è esperibile anche quando il contratto di mandato senza rappresentanza sia privo di forma scritta.
Analogamente a quando avviene nel mandato senza rappresentanza, dunque, anche per la validità dal pactum fiduciae prevedente l’obbligo di ritrasferire al fiduciante il bene immobile intestato al fiduciario per averlo questi acquistato da un terzo, non è richiesta la forma scritta ad substantiam, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio.
L’accordo concluso verbalmente è fonte dell’obbligo del fiduciario di procedere al successivo trasferimento al fiduciante anche quando il diritto acquistato dal fiduciario per conto del fiduciante abbia natura immobiliare.
Se le parti non hanno formalizzato il loro accordo fiduciario in una scrittura, ma lo hanno concluso verbalmente, potrà porsi un problema di prova, non di validità del pactum.
La decisione delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite ritengono che la dichiarazione ricognitiva dell’interposizione reale e promissiva del ri-trasferimento non rappresenta il vestimentum per mezzo del quale dare vigore giuridico, con la forma richiesta dalla natura del bene, a quello che, altrimenti, sarebbe un nudo patto.
Infatti, una volta ammessa la validità del patto fiduciario immobiliare anche se stipulato verbis, il fiduciario dichiarante è già destinatario di una obbligazione di ri-trasferimento , e tale patto non scritto è il titolo che giustifica l’accoglimento della domanda giudiziale di esecuzione specifica dell’obbligo di ri-trasferimento su di lui gravante.
Il caso in esame
Un compendio immobiliare era oggetto di compravendita contro un prezzo, pagato con il denaro, che gli acquirenti avevano ricevuto dal cognato. Trascorsi alcuni anni, gli acquirenti riconoscevano, con separate scritture private, che il cognato era il vero dominus dell’affare, e si obbligavano a trasferire i rispettivi diritti di comproprietà sul compendio, a semplice richiesta del dominus, per destinarli in favore suo o di persona da lui indicata. Indi il dominus richiedeva il trasferimento, che non seguiva; si agiva quindi contro gli acquirenti per l’esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c.
La domanda dell’attore era accolta in entrambi i gradi del giudizio di merito, sulla base di una motivazione condivisa così sintetizzabile. Il contratto di compravendita, e la successiva scrittura privata costituivano certamente due negozi distinti, ma erano tra loro collegati dalla causa fiduciaria, che piegava il primo alla realizzazione di uno scopo pratico diverso da quello tipico della compravendita. La scrittura privata costituiva il pactum fiduciae, che aggrediva gli effetti traslativi della compravendita, e li funzionalizzava all’interesse del dominus dell’operazione economica fiduciaria, cioè l’attore. La scrittura privata, infatti, non aveva solo un contenuto meramente ricognitivo-confessorio del diritto dell’attore al ri-trasferimento del compendio, ma anche un contenuto volitivo, consistente nell’impegno della dichiarante a realizzare il pagamento traslativo, se e quando esso corrispondesse all’interesse del fiduciante (attore). Questo collegamento costituiva, per le sentenze di merito, il tratto caratteristico dell’operazione fiduciaria, o, se vogliamo, il significato del concetto giuridico della fiducia, e presupponeva da un lato un negozio traslativo efficace (la compravendita), e dall’altro lato il patto fiduciario; il patto fiduciario produceva effetti (obbligatori), che si collegavano agli effetti della compravendita, imprimendogli la causa fiduciaria.
Del resto, le sentenze di merito statuivano anche per l’ipotesi che le parti avessero stipulato, già al tempo della compravendita, un accordo fiduciario orale, e l’avessero poi dedotto nelle successive scritture private, che di conseguenza avrebbero la sola efficacia ricognitiva di un accordo già posto in essere. Si sanciva al riguardo il principio che l’accordo fiduciario, avente ad oggetto il ri-trasferimento di beni immobili, richiede la forma scritta ad substantiam: se realmente vi era stato un accordo fiduciario orale tra le parti in causa, anteriore o contemporaneo alla compravendita, esso doveva dichiararsi comunque nullo per difetto di forma.
Uno degli acquirenti proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi: di questi, i primi due, sostanzialmente collegati, giustificavano l’assegnazione del ricorso alle sezioni unite, perché racchiudevano una questione di diritto, su cui la sezione semplice ravvisava orientamenti giurisprudenziali contrastanti. Con questi due motivi, la ricorrente censurava la sentenza di appello, nella parte in cui ometteva di dichiarare la nullità della scrittura privata per difetto di causa. Ed infatti tale scrittura privata conteneva una dichiarazione negoziale unilaterale priva di causa (esterna), dal momento che la sentenza stessa aveva escluso la validità di ogni eventuale patto fiduciario orale, stipulato al tempo della compravendita. Certamente, proseguiva la ricorrente, il patto fiduciario orale, nullo per difetto di forma, non poteva costituire causa (esterna) dell’obbligo di trasferire il compendio, assunto con la successiva scrittura privata. Le sezioni unite si pronunciano sulla questione di diritto, se il patto fiduciario, avente ad oggetto il ri-trasferimento al fiduciante di un bene immobile, richieda la forma scritta a pena di nullità. Le sezioni unite dichiarano che un simile patto non è soggetto a requisiti di forma, e quindi rigettano i primi due motivi di ricorso, rimettendo la causa alla sezione semplice per la decisione sui rimanenti motivi.
La motivazione della Corte. Commento.
La decisione della questione di diritto rimessa alle sezioni unite è preceduta dall’inquadramento giuridico delle operazioni fiduciarie. Invero, il negozio fiduciario non è, a parere della Corte, una fattispecie unitaria, ma una categoria giuridica di operazioni: queste operazioni, pur diverse per struttura ed effetti pratici, si riducono ad unità a fronte del medesimo fondamento causale fiduciario.
Le operazioni fiduciarie sono inquadrate in (almeno) tre ricostruzioni giuridiche. Secondo alcuni, le operazioni fiduciarie sarebbero negozi unitari innominati, dotati di una causa interna fiduciaria, che corrisponde alla realizzazione dell’interesse pratico del fiduciante. In particolare, il fiduciario, ricevendo il bene dal fiduciante, dovrebbe realizzare l’interesse di quest’ultimo a mezzo del bene: l’attribuzione patrimoniale dal fiduciante, in altri termini, sarebbe il mezzo con il quale il fiduciario potrebbe realizzare il proprio obbligo (fiduciario) di amministrazione e di ri-trasferimento in favore del fiduciante stesso. Secondo altri, invece, le operazioni fiduciarie sarebbero negozi tipici, con causa tipica, relativamente ai quali la causa fiduciaria opererebbe solo sul piano dei motivi, o sul piano delle “determinazioni accessorie di volontà”. Secondo altri ancora, le operazioni fiduciarie sarebbero negozi collegati, che rispondono alla causa fiduciaria proprio con il loro collegamento: in altri termini, la causa fiduciaria sarebbe il collegamento tra i negozi, in conformità allo schema generale per cui un negozio traslativo è collegato ad un patto fiduciario obbligatorio, con il quale il fiduciario si obbliga al ri-trasferimento al termine dell’amministrazione. Quest’ultima è, peraltro, la ricostruzione del negozio fiduciario, accolta dalle sentenze di merito.
Concluso l’inquadramento generale, la Corte passa in rassegna gli orientamenti giurisprudenziali che si sono manifestati sulla questione di diritto sub iudice. Un primo orientamento assimila quoad effectum il patto fiduciario al contratto preliminare: il promittente alienante, infatti, sarebbe, al pari del fiduciario, obbligato a (ri-)trasferire alla controparte il bene oggetto del contratto. Questa congruenza di effetti tra i due negozi giustificherebbe l’applicazione al patto fiduciario dell’art. 1351 c.c., che estende al negozio accessorio (il patto fiduciario) la stessa forma prevista per il negozio definitivo (l’atto di ri-trasferimento al fiduciante). Il patto fiduciario dovrebbe, allora, rispettare il requisito della forma scritta per relationem, in tutti i casi in cui il fiduciario sia obbligato a ritrasferire un bene immobile.
Un simile orientamento si fonda su un avvicinamento descrittivo della funzione del contratto preliminare alla funzione del patto fiduciario: entrambi i negozi, infatti, sarebbero strumentali alla produzione di un effetto finale, che realizza lo scopo pratico dell’operazione economica complessiva. Tuttavia, questo avvicinamento (meramente) descrittivo tra i due negozi si scontra, sul piano tecnico, con difficoltà difficilmente superabili. Innanzitutto, si può segnalare che l’obbligo di contrarre, fondato sul preliminare, è strumentale all’effetto reale, e lo precede; per contro, il contratto fiduciario fonda un obbligo, che conforma all’interesse del fiduciante un effetto reale già prodottosi. In secondo luogo, vi è diversità di causa tra il contratto definitivo, stipulato dal promittente alienante, e l’atto di ri-trasferimento del fiduciario. Il primo, infatti, è un contratto tipico, qualificato da una causa interna propria; il secondo è invece un negozio traslativo di adempimento dell’obbligo fiduciario, che viene eseguito solvendi causa, e che ripete il proprio fondamento causale (esterno) dal patto fiduciario stesso.
Il percorso argomentativo che la Corte presceglie, è quello fatto proprio dall’orientamento (minoritario), che avvicina il patto fiduciario al mandato senza rappresentanza all’acquisto di beni immobili. Questo avvicinamento è giustificato dal fatto che entrambi i negozi realizzano un’interposizione reale di persona: in particolare, l’interposto che acquisti un bene, utilizzando la provvista altrui ed agendo in accordo alle istruzioni ricevute (fiducia cd. dinamica), ricade pianamente nella fattispecie dell’art. 1719 c.c. Questa disposizione, obbligando il mandante a somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato, prevede una fattispecie che può essere ugualmente integrata dal fiduciante. Una simile identità di fattispecie, con la conseguente identità di disciplina, fonda su basi legislative l’analogia strutturale e funzionale tra i due negozi.
Questa analogia strutturale e funzionale è alla base della soluzione della questione sub iudice. Il principio generale di libertà delle forme, nonché la considerazione che il mandato ad acquistare beni immobili, vista la sua mera efficacia tra le parti, non richiede la forma scritta, spingono la Corte ad adottare la soluzione più liberale anche in tema di patto fiduciario. Una simile soluzione, poi, è confortata dal regime di applicabilità dell’art. 2932 c.c., e della relativa tutela in forma specifica: questa tutela è comunemente ritenuta esperibile anche a fronte di obblighi di trasferimento di beni mobili, come tali fondati su un titolo privo di forma scritta. Ne consegue, pertanto, che il patto fiduciario, al pari del mandato ad acquistare beni immobili in nome proprio, potrebbero fondare una sentenza costitutiva che tenga luogo del contratto (atto) di ri-trasferimento non concluso, pur se non redatti in forma scritta.
Infine, un ulteriore argomento viene invocato dalla Corte, a sostegno della soluzione liberale, che esclude il requisito della forma scritta per il patto fiduciario relativo al ri-trasferimento al fiduciante di beni immobili. Si tratta, cioè, dell’osservazione socio-economica, che il patto fiduciario è normalmente “soggetto ad una intesa segreta”, e che l’esperienza pratica conosce “ragioni di opportunità, di lealtà e di fiducia reciproca” – si pensi alla cd. fiducia cum amico – che ne sconsigliano la pubblicizzazione. Il patto fiduciario avrebbe un’utilità pratica molto minore, e sarebbe molto meno diffuso, se fosse vincolato, ai fini di validità, all’osservanza della forma scritta.
Riconosciuta la validità del patto fiduciario orale, stipulato al tempo della compravendita del compendio, i due motivi di doglianza dell’acquirente sono respinti dalle sezioni unite. Il fiduciante, infatti, ben poteva valersi del patto fiduciario orale, nel giudizio promosso contro la fiduciaria ex art. 2932 c.c. Le sezioni unite, tuttavia correggono in diritto la motivazione dei giudici di merito. La sentenza costitutiva, che tiene luogo del consenso al ri-trasferimento, deve fondarsi, infatti, proprio sul patto fiduciario orale, e non sulla successiva scrittura privata unilaterale, che ha natura di semplice promessa di pagamento (art. 1988 c.c.), e ha l’effetto di porre a carico della fiduciaria l’onere della prova negativa del patto fiduciario.