
La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21348 del 25 luglio 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), è tornata ad occuparsi di una questione di rilevante importanza pratica nel processo esecutivo: la corretta qualificazione giuridica dell’opposizione proposta avverso un precetto per mancata notificazione del titolo esecutivo e il conseguente regime delle impugnazioni applicabile. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile”, di Lucilla Nigro, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon, offre un supporto utile per gestire ogni fase del contenzioso civile.
Formulario commentato del nuovo processo civile
Il volume, aggiornato alla giurisprudenza più recente e agli ultimi interventi normativi, il cd. correttivo Cartabia e il correttivo mediazione, raccoglie oltre 200 formule, ciascuna corredata da norma di legge, commento, indicazione dei termini di legge o scadenze, delle preclusioni e delle massime giurisprudenziali. Il formulario si configura come uno strumento completo e operativo di grande utilità per il professionista che deve impostare un’efficace strategia difensiva nell’ambito del processo civile.
L’opera fornisce per ogni argomento procedurale lo schema della formula, disponibile anche online in formato editabile e stampabile.
Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.
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Lucilla Nigro, 2025, Maggioli Editore
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Analisi del caso
La vicenda trae origine da un precetto notificato da un avvocato per ottenere il pagamento di compensi professionali, basato su due distinti titoli esecutivi: una sentenza di primo grado contenente espressa previsione di distrazione delle spese in favore del difensore e una sentenza di appello che liquidava le spese processuali in favore della parte assistita, senza alcuna previsione di distrazione.
La cliente ha proposto opposizione eccependo due specifici vizi: la nullità del precetto per mancata notificazione di uno dei titoli esecutivi e la carenza del diritto di agire in executivis dell’avvocato per le somme liquidate dalla sentenza di appello in favore della parte assistita.
Nel corso del giudizio di opposizione, il legale ha tentato di sanare i vizi evidenziati attraverso due strategie alternative: la ratifica dell’operato da parte della cliente per quanto riguarda le spese liquidate dalla sentenza di appello e, subordinatamente, la rinuncia parziale al precetto per la medesima porzione di credito.
Il Tribunale ha accolto l’opposizione dichiarando la nullità del precetto, decisione confermata dalla Corte d’Appello territoriale, la quale ha rigettato integralmente l’impugnazione proposta dal precettante.
La decisione della Corte di Cassazione sulla qualificazione dell’opposizione
Il punto di maggiore interesse della pronuncia riguarda la corretta qualificazione giuridica dell’opposizione per mancata notificazione del titolo esecutivo. La Suprema Corte ha chiarito che tale doglianza deve essere inquadrata nell’ambito dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., e non dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.
La distinzione è tutt’altro che meramente teorica, poiché comporta conseguenze processuali decisive in termini di regime delle impugnazioni. Come ribadito dalla Corte, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, la mancata notificazione del titolo esecutivo non incide sul diritto di procedere all’esecuzione, ma determina esclusivamente l’invalidità degli atti logicamente successivi.
Ne consegue che la sentenza che decide tale tipologia di opposizione è impugnabile direttamente con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., risultando invece inammissibile l’appello in applicazione dell’art. 618 c.p.c.
Su questa base, la Corte ha cassato senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello nella parte in cui, anziché dichiarare inammissibile l’impugnazione, ha pronunciato sul merito della controversia.
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L’inefficacia della ratifica del precetto
Particolare attenzione merita l’analisi condotta dalla Corte in ordine alla pretesa efficacia sanante della ratifica del precetto operata dalla cliente del difensore. La Suprema Corte ha categoricamente escluso che tale ratifica potesse attribuire ex tunc il diritto di credito in capo all’avvocato che, al momento della notificazione dell’atto di intimazione, risultava carente del diritto di procedere ad esecuzione forzata.
La distinzione operata dalla Corte è sottile ma decisiva: mentre la giurisprudenza di legittimità ammette la ratifica del precetto quando il legale, pur privo di valido mandato, agisce spendendo il nome del cliente creditore (falsus procurator), diversa è la situazione in cui l’avvocato agisce in nome proprio per un credito di cui non è titolare.
Nel primo caso, la ratifica ha efficacia sanante ex tunc perché il rappresentato è l’effettivo titolare del credito e del diritto di agire in executivis. Nel secondo caso, invece, la ratifica non può trasferire il diritto dall’effettivo titolare a colui che ha invalidamente posto in essere l’atto per proprio conto.
La rilevanza della rinuncia parziale al precetto
La Corte ha inoltre affrontato la questione relativa alla rinuncia parziale al precetto formulata in subordine dal ricorrente. Anche in questo caso, la censura è stata dichiarata inammissibile per non aver colto la ratio decidendi della Corte territoriale.
La Corte d’Appello aveva infatti chiarito che, dopo aver dichiarato invalido il precetto, la rinuncia all’intimazione avrebbe comunque determinato una cessazione parziale della materia del contendere senza mutare la valutazione complessiva di soccombenza del precettante.
Conclusioni
L’ordinanza in commento offre importanti spunti di riflessione su diversi aspetti del processo esecutivo. Sul piano sistematico, la pronuncia conferma la necessità di una corretta qualificazione giuridica delle opposizioni esecutive ai fini dell’individuazione del regime impugnatorio applicabile.
La distinzione tra opposizione all’esecuzione e opposizione agli atti esecutivi continua a generare incertezze applicative che possono comportare conseguenze processuali irreversibili, come dimostra il caso in esame.